Non tutti credevano che le stimmate di padre Pio fossero un dono proveniente dal Signore e molti furono i tentativi di smascherarne la malizia o addirittura, per alcuni, la suggestione diabolica.
Padre Gemelli
Tra questi ricordiamo il padre Agostino Gemelli, uno dei più fervidi oppositori all’autenticità delle stimmate del frate. Il 17 aprile 1920 egli piombò a S. Giovanni Rotondo e da subito fu animato da forti pregiudizi sia verso alcuni fenomeni straordinari sia anche nei confronti di questo suo confratello.
Pressioni su Padre Benedetto Nardella
Cercò subito di far pressioni direttamente e indirettamente su padre Benedetto Nardella, affinché gli permettesse di “osservare” padre Pio. Ovviamente, non avendo nessun permesso da parte dei superiori di Roma, ciò non gli fu possibile, se non per un incontro fugace durato solo pochi minuti in sacristia.
La relazione di Gemelli: il testo originale
A padre Gemelli basteranno questi pochi minuti per poter stilare una relazione molto severa su padre Pio e indirizzarla in seguito al Sant’Uffizio. La relazione si esprimeva in questo modo:
Il visitatore apostolico
Con molta probabilità questa relazione, aggiunta alle tante voci che continuavano ad arrivare a Roma sul conto di Padre Pio, fece in modo che le autorità prendessero la decisione di inviare un visitatore apostolico, con l’intento di far luce sulla vicenda del frate stimmatizzato.
Mons. Raffaello Carlo Rossi
La persona scelta dal Sant’uffizio per tale compito e che lo porterà sul Gargano dal 14 al 20 giugno 1921, fu mons. Raffaello Carlo Rossi. La sua indagine, senza pregiudizi, ferma e serena lo portò ad avere una valutazione finale positivo sulle stimmate di padre Pio, giudizio che vorrei riportare nelle sue parti salienti:
“Non sono opera del demonio”
Sempre a proposito delle stimmate scriveva ancora:
Rigore e riservatezza
Suddetta relazione sulle stimmate di Padre Pio sarà, successivamente, esposta direttamente dallo stesso mons. Raffaello Carlo Rossi al Sant'Uffizio nel gennaio del 1922. Da quanto è emerso dalla relazione, tutto fa supporre ad una benevola accoglienza da parte del tribunale ecclesiastico, che suggerì di muoversi con rigore e riservatezza.
Una spiccata serenità
Da quel momento iniziò per il padre stimmatizzato un periodo, di oltre dieci anni, fatto di continue proibizioni e restrizioni. Di questo periodo, molto doloroso non solo per Padre Pio, ma anche per il convento, i figli spirituali e tutti pellegrini che giungevano alle porte del convento, il frate cappuccino ha conservato sempre una spiccata serenità, vissuta nell’umiltà, nell’abbandono a Dio e soprattutto nel rispetto dei superiori del convento e di quelli romani, nei quali vedeva la manifestazione della divina volontà.
“Frenare” San Giovanni Rotondo
Da qui in avanti vi sarà una serie di decisioni molto forti prese da parte di Roma per tenere a freno una realtà che irrefrenabilmente cresceva sempre più attorno al frate di San Giovanni Rotondo. Le valutazioni di queste disposizioni ecclesiastiche dividono i fedeli tra coloro che con difficoltà riescono a vedere una chiesa-madre in questo contesto e coloro che con fede vedono nell’intervento del Sant'Uffizio un tentativo di salvaguardare la vita del frate investito da moltissimi doni soprannaturali.
La “ricompensa” di Dio
Ciò che è certo ed edificante rimane il fatto che, nonostante tutto e malgrado la chiusura da parte di alcuni alti ecclesiastici verso l’opera che il Signore faceva sorgere intorno a padre Pio, egli è rimasto al suo posto, ha pregato, si è abbandonato totalmente a Dio, che dopo averlo provato col fuoco, lo ha riconsegnato alla gente ancora più traboccante e brillante della divina presenza.