Come fermare la guerra tra Russia e Ucraina? C'è un testo de “La Civiltà Cattolica” che lo spiega, ma è del 2014. Eppure è come se fosse stato scritto oggi, nel pieno del conflitto tra Mosca e Kiev. Da allora, infatti, è come se non ci fosse stato alcun passo in avanti per migliorare i rapporti tra i due Paesi. Sono stati otto anni sostanzialmente sprecati. Ed esacerbati dai conflitti etnici nel Donbass, che hanno determinato la morte di 34mila tra militari e civili (fonte Onu).
Le rivolte di piazza Maiden
La rivista dei gesuiti, con un articolo di Pierre de Charentenay, oltre a tracciare un profilo storico dei rapporti tra Russia e Ucraina, evidenziava che le tensioni tra i due Paesi sono aumentate sempre più dopo la Rivoluzione di piazza Maïdan, a Kiev nel novembre 2013, provocata da movimenti nazionalisti. Le rivolte di piazza avevano rimosso l’ultimo presidente filorusso Yanukovich, portando come Primo ministro la “pasionaria” Yulia Timoshenko. L’anno dopo sono iniziate le tensioni nelle aree del Paese con la popolazione a maggioranza russa: la Crimea (autoproclamatisi repubblica indipendente dall’Ucraina), e il Donbass, riconosciuto da Putin nei giorni scorsi come pretesto finale per scatenare l’offensiva militare contro Kiev.
Come fermare Putin
«In questa partita a braccio di ferro, in cui si mescolano tanti problemi diversi, dove vuole e può arrivare Putin?», si domandava profeticamente “La Civiltà Cattolica”. «Probabilmente - è la risposta - non lo fermeranno i discorsi dell’Occidente sul rispetto del diritto internazionale. Siamo in un gioco di forze in cui le sanzioni economiche e finanziarie avranno un peso reale. Potrà fermarlo solo la considerazione degli inconvenienti che incontrerebbe nel perseguimento dei suoi obiettivi. La crisi finanziaria dovuta all’esodo dei capitali, la protesta degli oligarchi russi che vedono ridursi la loro libertà, la debolezza dell’economia russa che non può basarsi all’infinito sulle rendite del gas costringeranno Putin a limitarsi».
Come cambiare l’Ucraina
I gesuiti, nel 2014, indicavano anche la strada per “migliorare” l’Ucraina, renderla più efficiente, democratica. «Soprattutto si deve redigere una nuova Costituzione che possa essere accettata da tutti. Il Paese deve in particolare rinnovare le sue pratiche politiche, eliminare la corruzione e il crimine organizzato che incancreniscono la giustizia, la polizia e la politica. L’oligarchia deve essere sottoposta al controllo della legge. È un lavoro immenso, ma assolutamente necessario. La cosa più difficile sarà forse creare le condizioni di un vero dibattito democratico tra attori che non ne hanno l’abitudine, o che si sono espressi per strada nelle manifestazioni di piazza degli anni passati».
Non si è fatto quasi nulla di tutto questo. La strada per “migliorare” l’Ucraina è stata totalmente disattesa e il Paese è piombato in una pesante crisi economica, a causa dell’elevato debito pubblico: è stato un prestito del Fondo Monetario Internazionale, nel 2015, a scongiurare il default dell’Ucraina. Oggi, per il dopo Zelezny, l’attuale presidente che Putin vuole rimuovere, le priorità che si indicano al Paese sono (clamorosamente) le stesse indicate nell'articolo dei gesuiti, otto anni fa.
Come far pesare di più la Chiesa
“La Civiltà Cattolica” sottolineava, ancora, «Il peso politico delle religioni», che tuttavia è «debole a causa dell’estrema divisione della scena religiosa ucraina».
«Date le frequenti vicinanze delle Chiese ortodosse con i poteri politici, risulta necessario uno sguardo sulla situazione religiosa. I cristiani sono divisi in varie Chiese. Tra gli ortodossi, un primo gruppo è costituito da quelli che dipendono da Mosca. Sono numerosi nelle due parti del Paese, e questo ha spinto il Patriarca di Mosca a non prendere posizione durante il conflitto. Il secondo gruppo è costituito da una Chiesa ucraina ortodossa a Kiev. Il terzo gruppo, meno numeroso, è un’altra Chiesa ortodossa autocefala. Da parte cattolica, i greco-cattolici sono 5 milioni, guidati dall’arcivescovo maggiore Shevchuk, e i latini un milione».
Anche in questo caso, in Ucraina si "cammina" a rilento. Quello che raccontava “La Civiltà Cattolica” resta attuale, ed è un ostacolo alla fluidità del dialogo ecumenico, sopratutto tra i Patriarcati di Mosca e Costantinopoli, che rispondono alla maggioranza degli ortodossi ucraini.