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Franz Jägerstätter: un contadino contro Hitler

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Emiliano Fumaneri - pubblicato il 28/09/21
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È una figura che difficilmente lascia indifferenti quella di Franz Jägerstätter, il contadino austriaco martirizzato per aver osato sfidare Adolf Hitler.

Così deve aver pensato anche Terrence Malick, il grande regista americano che ha voluto immortalarne l’esistenza nel suo ultimo capolavoro: La vita nascosta – Hidden Life, vincitore di due premi a Cannes nel 2019.

Proprio in questi giorni il giornalista bolzanino Francesco Comina ha pubblicato Solo contro Hitler (Emi), una appassionata biografia di Jägerstätter, beatificato nel 2007 da papa Benedetto XVI. Sono pagine che ci fanno scoprire, anche grazie alla scrittura elegante dell’autore, una storia d’amore, di fede e di coraggio che vale la pena d’essere raccontata.

Storia di un semplice contadino

Franz Jägerstätter è nativo di Sankt Radegund, un piccolo borgo dell’Alta Austria (a poca distanza da Branau, paese natale di Adolf Hitler) dove ha visto la luce nel 1907. Padre affettuoso di quattro figlie, è sposato da due anni con Franziska quando nella primavera del 1938 l’Austria viene invasa dalla Germania hitleriana.

Franz è un fervente cristiano. Non che lo sia sempre stato. Nei suoi anni verdi è stato un giovanottone allegro, amante della moto e focoso corteggiatore di ragazze. Ha anche una discreta fama da attaccabrighe. Va a messa con una certa regolarità ma si avvicina veramente alla fede cristiana solo dopo il matrimonio con Franziska Schwaninger, cresciuta in una famiglia solidamente radicata nella spiritualità francescana.

Contro il nazismo

Fin da subito Franz è radicalmente ostile al nazionalsocialismo. Ma è una mosca bianca. In Austria il nazismo è accolto con entusiasmo dalla quasi totalità della popolazione. Jägerstätter inizia così una resistenza solitaria votando “no” – unico del suo paese – al referendum sulla riunificazione (Anschluss) dell’Austria al Terzo Reich. Per rendere l’idea, la consultazione popolare raggiunge dimensioni plebiscitarie arrivando a sfiorare il cento per cento dei voti favorevoli.

Il suo voto contrario viene annullato, ma poco cambia. Franz non nasconde il proprio dissenso e deve subire le prime pressioni psicologiche dei compaesani che provano a convincerlo ad uniformarsi al nuovo regime. Nel piccolo mondo di Sankt Radegund, il classico paesino dove tutti sanno tutto di tutti, comincia così ad attecchire un clima sociale sempre più oppressivo.

Il totalitarismo, è cosa nota, mira precisamente a creare una specie di “uomo collettivo”. La persona, in quest’ottica, si riduce ad essere solo la trascurabile cellula di un corpo sociale verso il quale ha solo doveri. Come ha spiegato il filosofo della politica Claude Polin, a schiacciare la persona sotto il tallone totalitario «non è tanto la sua sottomissione alle autorità sociali e politiche, ma soprattutto la sua soggezione agli sguardi, ai giudizi, all’ostilità del vicino, il suo asservimento alle migliaia, ai milioni di sguardi tutti in grado di invidiare, accusare, denunciare, far condannare. Il potere totalitario è innanzitutto il potere di tutti su tutti, la tirannia totalitaria, è innanzitutto la tirannia di tutti su tutti».

Il treno per l’inferno

A dare conferma all’antinazismo di Jägerstätter interviene anche un sogno premonitore. È una notte di gennaio del 1939: Franz sogna un treno carico di gente di ogni età che si dirige verso una montagna. A un certo punto sente una voce esclamare: «Questo treno conduce all'inferno – grida la voce – ma adesso io ti porto in purgatorio».

Franz si interroga sul significato del sogno. E col tempo arriva a comprenderlo. Il treno destinato alla rovina è il nazismo: Hitler sta portando tutti verso un destino di morte e distruzione. «Con ciò – scrive in una delle sue lettere – credo che Dio mi abbia dimostrato con sufficiente chiarezza attraverso questo sogno o apparizione che devo decidermi se essere nazista o cattolico!». Il nazismo è una religione politica di ispirazione neopagana. E il Führer, che si presenta come un salvatore terreno, è una blasfema parodia di Cristo. Il futuro beato intuisce anche le implicazioni di quel sogno. È più che una premonizione: è un appello alla coscienza, è una chiamata all’azione.

L’amore, unica alternativa all’odio

Nel frattempo dilaga il clima d’odio alimentato dai nazisti. Franz non ha più dubbi. Vede coi suoi occhi come i nazisti perseguitano i preti dissidenti mentre voci sempre più insistenti parlano dello sterminio dei malati psichiatrici. Si vocifera addirittura di orribili uccisioni che avvengono a Mauthausen, di camere a gas… È chiaro che per lui la situazione ha qualcosa di diabolico. L’odio predicato e praticato, suprema negazione della carità e della misericordia, è anticristianesimo allo stato puro. È sempre Polin a ricordarci che il totalitarismo «è, anziché l’amicizia, nella quale gli antichi individuavano il principio di ogni società, il trionfo dell’odio nel cuore di ognuno», quell’odio che tutti i dissidenti «riconoscono come il più profondo e più duraturo sentimento che alberga nell’uomo, quando ha abbastanza a lungo sperimentato l’inferno totalitario».

Non c’è alternativa: bisogna scendere da quel treno diretto all’inferno. Franz prova a dirlo in tutti i modi. Ma non trova ascolto. Capisce allora di dover combattere una battaglia che è prima di tutto interiore. Guai a farsi contagiare dall’odio. Così scrive al suocero: «Dobbiamo ripagare il male col bene. Cristo stesso ci è d’esempio: solo l’amore può riportare la pace». Nel suo taccuino annota queste parole: «Dovremmo pensare che ogni ora che noi viviamo nell’inimicizia è perduta per la felicità eterna, poiché chi vive nell’odio per i suoi simili non può nemmeno vivere l’amicizia con Dio… ».

Chiamata alle armi

Nell'estate del 1940 Franz viene chiamato per l’addestramento militare e si scontra con un ambiente duro e spietato, senza un briciolo di cameratismo, dove non si contano le angherie. Ma soprattutto Jägerstätter è colpito dall’anticristianesimo aperto dell’esercito dove si fa di tutto per impedirgli di assistere alla messa. È in questo momento che sente di dover fare un salto di qualità nella vita di fede e diventa terziario francescano.

L’addestramento si conclude nell’aprile del 1941. Franz torna a casa definitivamente convinto della natura malvagia del nazismo e delle sue guerre di conquista che portano solo sterminio e morte. Decide dunque di non rispondere ad una nuova chiamata alle armi. È pienamente consapevole delle conseguenze della sua scelta e non ne fa mistero. A Sankt Radegund tutti sanno delle sue idee e lo considerano un irresponsabile che non pensa alla famiglia se non un pericoloso pazzo con manie suicidarie. L’ostracismo è totale. Solo Franziska, pur nell’angoscia per la sua sorte, gli resta a fianco.

Franz trova la forza di resistere in una vita di preghiera e sacramentale sempre più intensa. Accresce anche la sua devozione alla Vergine Maria. Ma Jägerstätter non si limita a pregare: legge, studia, medita, si informa. Nulla è più lontano da lui del luogo comune del contadino ignorante e illetterato. Qualche anno prima aveva invitato il figlioccio (il cugino rimasto orfano a dieci anni che aveva preso a vivere con sé) a formarsi cristianamente con delle buone lettere «perché l'uomo ha bisogno di nutrimento spirituale e non solo materiale». Franz ha capito che una coscienza libera dagli idoli deve nutrire tanto lo spirito quanto l’intelligenza. È così, come ha osservato con acume Claudio Magris, che «con la sua educazione elementare e la sua semplice devozione capisce le cose più di tanti politici che s’illudono di controllare il male uniformandosi ad esso».

Il gran rifiuto

La cartolina precetto arriva il 23 febbraio del 1943, il giorno successivo alla barbara uccisione dei giovani ribelli della Rosa Bianca. Ormai la decisione è presa. Anni prima, la moglie lo ha visto annotare una frase a lato del nono capitolo del vangelo di Matteo (versetti 10-12): «L’appartenenza a Cristo richiede il coraggio della testimonianza». Difatti ciò che dice ai superiori quando si presenta in caserma ha tutto il sapore di una testimonianza: espone loro ciò che pensa del nazismo e il suo rifiuto di indossare la divisa.

Avrebbe ancora la possibilità di salvare la vita, se solo accettasse di ritirare la sua obiezione di coscienza. Ma Jägerstätter non cede: è disposto a morire pur di non salire sul treno per l’inferno. Viene perciò incarcerato e trasferito a Linz. Le giornate passano tra interrogatori, discussioni, violenze e vessazioni d’ogni tipo. Franz non arretra e accusa i nazisti di voler annientare la Chiesa. Trova conferma alle sue accuse nelle parole del figlio di un generale, il quale gli confida che nelle alte sfere si dice: «Ora bisogna combattere i nemici esterni, poi toccherà a quelli interni, ossia alla chiesa». Più risoluto che mai, Franz viene spedito a Berlino, nel carcere giudiziario di Tegel dove è imprigionato anche Dietrich Bonhoeffer.

Morte di un obiettore che si è arreso solo a Cristo

È la sua ultima meta terrena. Prima dell’esecuzione gli viene concesso di rivedere per un’ultima volta Franziska. Il cappellano del carcere ammutolisce davanti alla profondità di fede di un uomo che preferisce la morte piuttosto che assecondare un sistema criminale che violenta le coscienze.

La sentenza di morte viene eseguita a Brandeburgo, dove alle quattro di pomeriggio del 9 agosto 1943 Franz Jägerstätter viene decapitato. Solo molti anni dopo (il 26 ottobre 2007) la Chiesa riconoscerà ufficialmente il suo martirio e con Benedetto XVI lo proclamerà beato.

Dove si può trovare la forza per resistere a pressioni di questo genere? Solo arrendendosi a Cristo si può resistere a un Cesare pervertito. Franz, che non si è mai considerato un eroe, lo rivela alla moglie. Nel suo ultimo testamento scrive infatti che «se Dio non mi avesse dato la forza di morire, se necessario, per difendere la mia fede, farei semplicemente ciò che fa la maggior parte della gente. Dio può infatti concedere la propria grazia a ciascuno come egli vuole. Se altri avessero ricevuto le molte grazie che ho ricevuto io, forse avrebbero fatto cose molto migliori di me».

Il messaggio di Franz: la coscienza prima del potere

Comina vede in Franz Jägerstätter un martire-profeta che non ha solo testimoniato ma anche predicato una verità eterna: il primato della coscienza.

Il nazismo, come ogni altra ideologia novecentesca, nega in radice questo primato e chiede obbedienza cieca (anzi fanatica: è allora che l’aggettivo “fanatico” assume una colorazione positiva). I “padri terribili” del Novecento (Hitler, Stalin, Mussolini) considerano le masse come eterni bambini da mantenere in un perenne stato di minorità e soggezione attraverso il terrore e la propaganda.

Con quelle che saranno le sue ultime parole scritte, Franz Jägerstätter colpisce al cuore questa ideologia fanatica: «Scrivo con le mani legate, ma è meglio così che se fosse incatenata la mia volontà. Talvolta Dio ci mostra apertamente la sua forza, che egli dona agli uomini che lo amano e non preferiscono la terra al cielo. Né il carcere, né le catene e neppure la morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la fede e la volontà. La potenza di Dio è invincibile. “Siate obbedienti e sottomettetevi alle autorità”: queste parole vi arrivano oggi da ogni parte, anche da persone che non credono quasi per nulla in Dio e nelle Sacre Scritture… C’è sempre chi cerca di opprimerti la coscienza ricordandoti la sposa e i figli… Possiamo allora mentire perché abbiamo moglie e figli e per di più giustificarci con un giuramento? Cristo stesso non ha forse detto: “Chi ama la moglie, la madre e i figli più di me non è degno di me”? A che pro Dio ha fornito gli uomini di intelletto e di libera volontà se non ci è neppure concesso, come alcuni dicono, di giudicare se questa guerra che la Germania sta conducendo sia giusta o ingiusta? A che cosa serve, allora, distinguere, fra il bene e il male?».

Sono parole senza tempo, parole da testimone e profeta. Parole da custodire nel cuore.

Preghiera per l’intercessione del Beato Franz Jägerstätter (dal sito della Diocesi di Linz)

Buon Dio,

Tu hai colmato il Beato martire e padre di famiglia Franz Jagerstatter

di un grande amore per Te, per la sua famiglia e tutti gli uomini.

In un tempo di politica disumana e di violenza,

egli si è formato un chiaro e incorruttibile giudizio.

Tu gli hai donato la grazia di resistere al male

Dall’attaccamento a Tuo figlio e nella fedeltà alla propria coscienza

egli ha tratto la forza per dire decisamente No alla negazione della tua presenza, al disprezzo della dignità umana e alla guerra ingiusta.

Confidando in Te egli ha dato la propria vita, perché amava Te sopra ogni altra cosa.

Con la forza del Tuo spirito e per la sua intercessione rafforza in noi l'amore verso di Te e verso il prossimo.

Aiutaci a difendere la causa della giustizia, della pace e della dignità umana

per Cristo nostro Signore.

Amen.