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«Prendi il largo», perché non sono i tuoi fallimenti a dire chi sei

PESCA
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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 02/09/21
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Credere è un atto di vero realismo e di obbedienza alle istruzioni del Signore: Lui non si attarda nella ricerca di colpevoli e mancanze, ma ci invita a prendere di nuovo il largo e, sulla Sua parola, a gettare le reti.

In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret
e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.
Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca».
Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore».
Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto;
così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini».
Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
(Lc 5 1-11)

Credo che tutte le volte che il Vangelo ci racconta le vicende di come Gesù ha incrociato per la prima volta i suoi discepoli serva a ricordare a ciascuno di noi che quando perdiamo la direzione giusta della nostra strada dobbiamo fare memoria di come è iniziato il viaggio. Anche in una storia di amore a volte fa bene ricordare come tutto ebbe inizio.

Anche in un’amicizia, o in una vicenda decisiva della vita si ha bisogno di tornare all’inizio per ritrovare forse la strada perduta o seppellita dall’abitudine.

Nel vangelo di oggi, al margine di una notte piena di vuoto, come le reti di questi uomini, Gesù si avvicina e prende sul serio quel vuoto:

Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”.

È sempre così: Cristo non ci colpevolizza per i vuoti che abbiamo, ci chiede però di fidarci delle “sue istruzioni”. Noi perdiamo troppo tempo cercando colpevoli per le nostre mancanze invece di ascoltare la Sua voce che ci dice di prendere il largo. Meno sensi di colpa, più umiltà e praticità. Così passa la notte.

E così finisce anche la paranoia delle reti vuote che sembrano essere la visione simbolica del nostro vuoto interiore. Siamo quasi sempre ipnotizzati dai nostri fallimenti.

Deleghiamo spesso a loro la narrazione di noi stessi. Pensiamo di coincidere con quel “non riuscirci”. Ma più fissi il vuoto e più diventi vuoto.

Gesù fa alzare lo sguardo a Pietro e a suo fratello. Gli ridona un realismo. È paradossale che sia proprio la fede a dover far questo. Incominciare a credere significa smettere di credere alle nostre paranoie e tornare a riprendere il largo. Credere è rimettere i piedi per terra. Credere è accorgersi che se si rimane aperti anche in una notte buia può nascondersi un’occasione.

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