separateurCreated with Sketch.

OnlyFans: toglieremo i contenuti porno, anzi no ci conviene tenerli

SEX, MONEY
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Annalisa Teggi - pubblicato il 26/08/21
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
La retromarcia pochi giorni dopo l'annuncio che i contenuti hard sarebbero stati tolti dal sito. È bastata la protesta dei 'lavoratori del sesso'. Ma su Onlyfans incombe lo spettro pedopornografia.

È stato uno dei dietrofront più veloci di sempre: scusate, ci siamo sbagliati, Onlyfans continuerà a fare (e farvi fare) soldi col sesso online. La sintesi è questa. Era di pochi giorni fa la notizia che il sito (quello che promette di far diventare ricco chi si spoglia per i propri fan) avrebbe eliminato dal prossimo 1 ottobre i contenuti sessualmente esplici. Di fatto sono il core di questo business e la notizia ha suscitato un polverone. E poi, di lì a poco, una repentina retromarcia: tranquilli, lavoratori del sesso, tutto come prima ... continuare a esibirvi e fatturare!

È interessante entrare nel merito di questo ping pong di annunci e smentite per capire certe dinamiche in movimento (non solo a fin di male) in tema di pornografia. Chi ha portato Onlyfans alla decisione iniziale di eliminare i contenuti hard?

Partiamo dagli assi cartesiani, perché può essere - auguriamocelo - che ancora molti non sappiano cos'è Onlyfans. Si tratta un sito "social" con contenuti a pagamento, lanciato in Inghilterra da Tim Stokely nel 2016. Oggi conta 85 milioni di utenti e nel 2021 i suoi guadagni saranno oltre i 2 miliardi di dollari.

E come funziona?

C'è il creatore di contenuti e l'utente. Il primo crea un profilo privato con immagini e video che saranno disponibili solo ai propri abbonati, il secondo paga per accedere.

È un social ma non basta chiedere l'amicizia, occorre sganciare il gettone. Gli utenti scelgono chi seguire pagando per ognuno un abbonamento mensile intorno ai 10 dollari, se il personaggio riscuote molto successo si può arrivare a pagare anche centinaia di dollari al mese. Aggiungendo degli extra si posso avere contenuti ancora più esclusivi. E sappiamo tutti cosa significa. È diventato un colosso dell'hard, facile da capire.

Saranno stati i soliti bacchettoni a montare una polemica contro il peccato della lussuria? No, Onlyfans si è visto costretto a diffondere un comunicato ufficiale sull'esclusione dei contenuti a luci rosse dalla sua piattaforma per colpa ... delle banche.

Tim Stokely, amministratore delegato di OnlyFans, aveva detto al Financial Times, a proposito delle modifiche annunciate (e ora sospese): «Non avevamo scelta, e la risposta breve è che [è colpa] delle banche». Pare infatti che OnlyFans avesse deciso di cambiare le sue regole perché molti suoi finanziatori e possibili investitori non volevano legarsi a un sito con contenuti espliciti e pornografici, e le cui pratiche talvolta controverse potevano avere gravi implicazioni etiche e legali.

Ma come? Gli istituti di credito non si sfregano le mani con questi soldi facili? Il vento è cambiato a quanto pare:

Strano trovarsi a dirlo, eppure è proprio una logica di guadagno (d'immagine) a remare contro la pornografia. Nessuna bandiera morale o semplicemente umana, ma la facciata da salvare: quale danno economico può subire un istituto di credito se il suo nome è associato allo sfruttamento del sesso, persino infantile?

L'annuncio da parte di OnlyFans del ban in arrivo dal primo di ottobre per la condivisione di contenuti destinati ad adulti ha suscitato una levata di scudi rumorosa da parte di chi usa il sito come fonte di guadagno, pornostar affermate e utenti del luci-rosse-fai-da-te.

La protesta è stata mirata ed efficace, si sono spostati su altri siti. E di fronte a questa emorragia di creatori di contenuti Onlyfans è corso ai ripari, in frettissima. Chissà come in pochi giorni sono arrivate rassicurazioni e un dietrofront perentorio. Il sito dichiara di "aver ottenuto le rassicurazioni necessarie per sostenere finanziariamente i suoi creatori". Tutto torna come prima? Forse sì, ma la strada è più scivolosa.
Per rendercene conto dobbiamo guardare agli USA dove i temi etici legati all'industria del sesso sono un fronte di battaglia molto agguerrito.

È lo spettro della pedopornografia a incombere sull'orizzonte non del tutto rischiarato di questo sito di contenuti hard a pagamento. Ed è un bene che la soglia di allerta e vigilanza resti alta.

Spogliarsi a pagamento, come si chiama oggi questo mestiere? Businness in tempo di pandemia.

Con il lockdown si è registrato un notevole aumento di profili femminili su OnlyFans ed è stato il New York Times a raccontare questa nuova tendenza: donne in crisi economica a causa della pandemia che hanno scelto di diventare "imprenditrici" della propria fortuna spogliandosi su questa piattaforma social. Scegliere è sempre un verbo strano da usare in queste circostanze, perché presuppone una vera libertà di azione in diverse direzioni.

Le storie che saltano fuori, ne citerò alcune a breve, ci mostrano donne rimaste senza un soldo, con bollette da pagare e figli da sfamare. Nessuno le costringe a creare un profilo OnlyFans e a esibire le proprie nudità, certo. In questo senso è una scelta. Ma la loro libertà - il libero arbitrio - mi pare parecchio intrappolata dallo spettro della misera e dalle tentazioni illusorie con cui si accalappia l'emotività di queste persone in difficoltà.

Ad esempio, diffondendo la storia di Melany si crea il quadretto idillico del "perfetto secondo lavoro" che porta pure in dote un bonus di autostima:

Eccola lì, la ferita che si apre ... tra la bolletta da pagare e i regali ai figli. Quando l'anima è schiacciata da questa dura realtà, scegliere una soluzione non significa essere liberi. Sì i 700 dollari, sì l'autostima. Ma siamo sicuri che sia tutto ok quando tu sei quella che si spoglia e l'altro è uno che paga per soddisfare i suoi pruriti davanti a un corpo nudo? No, la risposta giusta non è il mio corpo, la mia scelta. Ma: il mio corpo, la tua merce.

La retromarcia pochi giorni dopo l’annuncio che i contenuti hard sarebbero stati tolti dal sito. È bastata la protesta dei ‘lavoratori del sesso’. Ma su Onlyfans incombe lo spettro pedopornografia.

Il rovescio della medaglia. Cardi B vs Elle Morocco

Non è tutto oro quel che luccica. E c’è chi è tanto bravo a splendere e illudere. Per raccontare il fenomeno OnlyFans, ed esaltarne le potenzialità a venire, Bloomberg parte dal caso Cardi B. Trattasi di cantante super celebre che, per intenderci, ha 81 milioni di followers su Instagram.

Per diversificare – appunto – i suoi mezzi promozionali Cardi B si è lanciata su OnlyFans e ha scelto questa piattaforma per promuovere l’uscita di un suo singolo intitolato WAP. Ed è andata benissimo. Ma dai? Vuoi che quei milioni di fans non abbiano voglia di sganciare dollari a profusione per vedere in anteprima la loro eroina come se fosse un incontro a tu per tu?

E cosa hanno visto? Un video porno in sostanza, Cardi e una sua collega rapper si esibiscono nude in attorcigliamenti vari e una voce maschile in sottofondo ripete “ci sono put …e qui”. Avrei detto che è volgare maschilismo, ma queste Vip super moderne la definiscono l’ultima frontiera dell’empowerment femminile.

Date voi il nome che volete al mestiere e alla lungimiranza commerciale di Cardi B. Fatto sta che il suo non è il mondo reale. Quando Cardi B posta qualcosa c’è una folla di assistenti e manager che studia, crea e sostiene ogni singolo contenuto. Non è una persona, ma un personaggio a bordo di una enorme macchina da soldi.

Sulla stessa piattaforma e a mille anni luce da Cardi B, c’è Elle Morocco.

Elle Morocco vive a West Palm Beach, in Florida. A luglio è stata licenziata, era capufficio. L’assegno di disoccupazione non copre il suo affitto di 1600 dollari, le bollette e le spese per il cibo. Così a novembre si è unita a OnlyFans.

Ma Elle, 36 anni, non è presente nei social e dunque deve guadagnarsi i propri utenti paganti uno a uno – mettendo foto su Instagram e incoraggiando chi commenta ad abbonarsi al suo profilo OnlyFans. Impegnativo in termini di tempo e di obiettivi, e molto meno remunerativo delle aspettative.

“È un lavoro a tempo pieno, che si aggiunge alla tua ricerca incessante di un lavoro a tempo pieno – confessa – I fans vogliono cose nuove ogni giorno. Ci si sente dentro un vortice. Sei sempre impegnato a scattare foto da postare”.

Finora Elle ha guadagnato 250 dollari, anche a fronte di un lavoro quotidiano di 8 ore per creare, pubblicare e promuovere i suoi contenuti. (da New York Times)

Quando il mercato è saturo, esci dal “mercato”

Intervistata dal New York Times, Angela Jones, professore associato di sociologia all’università di New York, ha dichiarato che l’impennata di profili femminili su OnlyFans in tempo di pandemia è dovuta alla disperazione di chi teme di essere sfrattata, di non riuscire a pagare il riscaldamento, a dar da mangiare ai figli. Nota anche che la crisi lavorativa ha colpito duro proprio nell’ambito di mestieri a prevalenza femminili (locali pubblici, assistenza).

E poi la professoressa chiosa:

Quello dei contenuti per adulti è un mercato incredibilmente saturo. (Ibidem)

Pare l’ultima amarissima goccia di questo veleno. Se non ce la fai, è perché non sei Cardi B e il mercato è saturo.

Almeno abbiamo tirato fuori la parola giusta: se siamo nel contesto del mercato, allora stiamo parlando di merce. Stiamo parlando di persone che passano dall’avere un’occupazione al vendersi come merce. Cos’è un lavoro? Non è «ciò che ti permette di guadagnare».

La premessa spesso dimenticata del lavoro è che lo stipendio non è lo scopo, anche se è un valore rilevante. Lo stipendio – all’origine – è il riconoscimento che la presenza operosa di ciascuno in un certo ambito ha valore per la comunità.



Leggi anche:
La donna, costruttrice invisibile di cattedrali (VIDEO)

Cos’è la mercificazione? È dare la propria persona per l’uso altrui.

Dunque, se volessi affrontare l’argomento della disoccupazione femminile al tempo della pandemia dalla parte giusta dovrei ricomiciare da capo e a rovescio. Partendo da quella voce in sottofondo nella canzone di Cardi B: no, non ci sono p… qui. Ci sono esseri umani, qui. E sono persone che non dovrebbero arrivare a sentirsi fiere, come Melany, di “aver fatto tutto da sola”.

WOMAN; PHONE; CHAT

nito | Shutterstock

Da quando abbiamo cominciato a pensare che cavarsela da soli è sempre e solo sinonimo di successo? E’ un insuccesso della comunità: le nostre forze sono da applaudire, ma non per questo bisogna essere lasciati soli.

Volendo affrontare l’argomento dalla parte giusta, si può cominciare da questa domanda: quali sono le risorse, le opportunità e anche le ancore di salvezza che la comunità mette a disposizione di chi è disperato (donna o uomo che sia) in mezzo alla pandemia?