Lione, anno Domini 178. Il sole non s’è ancora levato sulla capitale delle Gallie: da diverse ore ormai Ireneo disegnava un inquieto andirivieni nella sua stanza, incapace di abbandonarsi al sonno. Era tornato a Lione da qualche mese, dopo le persecuzioni di Marco Aurelio, per rilevare l’ufficio episcopale.
I cristiani che erano riusciti a sfuggire alle persecuzioni erano visibilmente segnati: un buon numero fra loro si protendeva al martirio, ritenendo che questo fosse il destino di tutti quanti si risolvono nel seguire Cristo. Anche se questo lo contristava, c’era dell’altro a inquietare il novello vescovo anche di più.
In mezzo ai cristiani della città si trovava un disordine quale mai s’era visto. Un veleno s’era diffuso tra i fratelli: la gnosi! Questa filosofia che pretende di essere scienza, pretendeva che la carne fosse la prigione delle anime, che il mondo fisico fosse intrinsecamente malvagio, e che la verità e la conoscenza non fossero attingibili che da parte degli eletti di Dio. Mai tante sciocchezze erano arrivate alle orecchie di Ireneo.
I sedicenti eletti erano tuttalpiù degli uomini orgogliosi che volevano approfittare dell’ignoranza dei cristiani per formare la loro setta. Marcione, per alcuni aspetti vicino a quelli, pretendeva che i due Testamenti parlassero di altrettanti e diversissimi dèi: gli ebioniti negavano la divinità di Cristo e i docenti affermavano la realtà della sua incarnazione.
Queste sette avevano tutte un punto in comune: tutte negavano la Risurrezione. Questi uomini pretendevano di detenere il segreto delle tradizioni degli apostoli… Come si poteva concepire un tanto scandaloso paradosso? La verità e la rivelazione non sono privilegio di alcuni, ma doni di Dio per tutti! Altrimenti perché Dio avrebbe dato agli uomini l’intelligenza e il pensiero?
La fede di Ireneo, che il suo maestro Policarpo diceva di aver ricevuto da Giovanni in persona quando era bambino, era la sola a dover essere trasmessa – non custodita gelosamente, come un trofeo rubato. Simone il Mago, Valentino d’Egitto, Marco di Lione… Ireneo non poteva lasciarli a sbrindellare la comunità, già infragilita dalle persecuzioni. Dunque scelse un’arma temibile per contrastare le eresie.
Il desiderio di salvare l’unità dei cristiani e di trasmettere la vera fede fece germinare in Ireneo un’idea: servendosi di una penna e di un po’ di pergamena, si mise a scrivere buttare giù qualche riga… Ne uscì in poco tempo un’opera in cinque libri chiamata “Esposizione della vera fede contro le eresie”: il suo scopo era di smontare le argomentazioni del pensiero gnostico e denunciarne i tranelli.
Cristo doveva riprendere il proprio debito posto come via, verità e vita. La sola vera fede era quella trasmessa da quanti hanno frequentato Gesù e gli apostoli da lui scelti. Ireneo mise in guardia i cristiani dal lasciare che le loro rispettive culture influenzassero la loro visione della fede: le culture infatti sono diverse, ma la fede è una sola.
E la penna di Ireneo non si fermò qui: da questa incessante attività nacque la Dimostrazione della predicazione apostolica, opera che giustifica l’insegnamento apostolico – lo si considera in qualche modo il primo catechismo redatto.
Malgrado i duri rimproveri mossi agli gnostici, Ireneo rimaneva assai indulgente nel suo dovere: condannava certe idee, ma mai i cristiani in sé. Dopotutto Cristo non aveva mai allontanato chi andava a Lui: di conseguenza, Ireneo ritenne suo dovere di vescovo accogliere e guidare quanti erano sotto la sua responsabilità.
Si pensa che Ireneo sia morto nell’anno 202. La Chiesa cattolica lo festeggia il 28 giugno. Alcuni lo considerano il primo tra i dottori della Chiesa.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]