A chi non è capitato, specialmente in fasi di disorientamento e/o di faticoso discernimento, di invidiare quelli che sembrano (ogni vita poi va vista da dentro, eh…) avere chiarissima in mente e nel cuore la propria vocazione?
Ricordo ad esempio quel monaco che incontrai a Casalbordino:
Ecco, fine del racconto: restano delusi quelli che amano le “testimonianze vocazionali” con grandi peccati e grandi redenzioni, ma questa è una deformazione post-romantica – la verità è che per buona parte le vocazioni crescono silenziosamente e per vie che, almeno a posteriori, assumono un che di armonioso.
E chi non ha mai pensato – davanti a una santa Rita o a un sant’Agostino o a un (quasi-) san Charles de Foucauld – che forse fatica a trovare la propria vocazione perché qualcuno ne aveva fatto smodata incetta al buffet? Ci sono infatti persone che, se pure non mostrano facilità nello scegliere lo stato di vita, ne abbracciano poi perfino più di uno, e con tanto ardore che sembrano fatte apposta per ciascuno di quelli.
È quanto si può pensare leggendo il thread di Mark R. Miller, che due giorni fa ha dato su Twitter l’annuncio della morte di sua madre, monaca carmelitana 92enne. E le sorprese sono ben lungi dall’essere finite qui:
Difficile non riconoscere in un’esistenza come questa i tratti di una vera “vita spericolata”, e il pensiero va non solo alla canzone-simbolo del rocker di Zocca, ma pure a una non meno celebre lirica del poeta Vate:
L’Abruzzese aveva quarant’anni quando scriveva questi versi, ed era già oltre il “mezzo del cammin” della sua vita; ottant’anni dopo l’Emiliano s’imponeva col proprio manifesto artistico: furono mirabolanti le provocatorie imprese del Pescarese, ma per chi il Volo su Vienna o la Beffa di Buccari hanno rappresentato o rappresentano qualcosa di più che meri episodi di colore? Non era vero, quindi, né lo sarebbe stato, che «tutto fu ambito / e tutto fu tentato»: a conti fatti, e salvo smentite, il Modenese ha osato di più, ad esempio sposando Laura, l’amore della vita, e gettandosi con lei nell’avventura dei figli, della quale giustamente ancora oggi possono dirsi: «Vedrai che vita, vedrai!».
Eppure questa suora americana morta due giorni fa ultranovantenne balza facilmente in testa ai due contendenti: viene da dire, davvero, che la sua «anima visse / come diecimila» non perché ci consti dell’eroismo delle sue virtù (in caso, a questo penserà un processo canonico), ma perché quella di Ann Russell Miller (nel Carmelo suor Mary Joseph of the Trinity) fu indiscutibilmente una vita vissuta con generoso e perfino sfrenato entusiasmo, di gioia in gioia, di dimora in dimora… fino alla settima, quella dove l’amata è sola con l’Amato. E pure l’ultimo velo si dissolve ora per lei, quello della «noche más amable que la alborada»!