La tomba di San Pietro non sarebbe nella Basilica in Vaticano bensì nella catacomba dei santi Pietro e Marcellino sulla via Labicana. Cioè all’altezza del quartiere Tor Pignattara) a Roma.
C’è grande prudenza in Vaticano rispetto alla notizia di Libero, data lo scorso 23 maggio sulla scoperta fatta da tre studiosi italiani sulla prestigiosa rivista Heritage.
Nel saggio, intitolato “The Search of St. Peter’s Memory ad catacumbas in the Cemeterial Area ad Duos Lauros in Rome”, gli autori sono convinti che alla metà del III secolo le spoglie di san Pietro, dalla tomba originaria sul colle vaticano, siano state trasferite nella catacomba dei santi Pietro e Marcellino sulla via Labicana. Qui sarebbero rimaste nascoste e si troverebbero ancora oggi. Così come era stato profetizzato, negli anni 1948-1949, dalla mistica italiana Maria Valtorta.
Secondo questa tesi, la tomba originale sarebbe quella sotto la basilica di San Pietro in Vaticano. Ma i resti, a suo tempo individuati da Margherita Guarducci e il cui ritrovamento venne annunciato da Paolo VI, non sarebbero quelli dell'apostolo.
Vatican News (2 giugno) ne ha parlato con il professor Vincenzo Fiocchi Nicolai, del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana.
«Semplicemente - prosegue l’archeologo - perché il termine catacumba fu adottato per indicare i cimiteri cristiani sotterranei in generale, come è ben noto, solo a partire dall’alto medioevo. In antico questi erano infatti chiamati “cryptae”. Come tutti sanno, nella Depositio Martyrum, l’espressione in catacumbas è semplicemente il toponimo che segnala il III miglio della via Appia, dove, appunto, si svolgeva il culto congiunto degli apostoli Pietro e Paolo. Lo stesso toponimo, infatti, designa, nel medesimo Cronografo del 354 che ci ha trasmesso la Depositio Martyrum, il luogo del vicino circo di Massenzio».
«L’indicazione Petri in catacumbas nella Depositio Martyrum non può dunque indicare che le spoglie di Pietro nel 258 fossero state trasferite “nella catacomba” dei santi Pietro e Marcellino».
D’altra parte, conclude lo studioso, «la realtà di questa traslazione può essere esclusa anche perché la catacomba della Labicana semplicemente non esisteva ancora nel 258. Le regioni più antiche del cimitero sotterraneo, come hanno appurato le accurate ricerche di Jean Guyon, risalgono all’epoca della “piccola pace” della Chiesa, cioè al periodo compreso tra la persecuzione di Valeriano e quella di Diocleziano. E il piano inferiore della catacomba - dove gli autori immaginano il sepolcro di Pietro - risale addirittura al IV secolo inoltrato».
L’archeologo spiega ancora dati non conciliabili con la presunta tomba di san Pietro a Tor Pignattara e non nella omonima basilica vaticana.
«Quanto all’iscrizione - dice Fiocchi Nicolai - essa può essere considerata l’epitaffio di un omonimo dell’apostolo (il cognomen Petrus è molto diffuso)» Una persona morta, «accidentalmente, il medesimo giorno della festa dei santi Pietro e Paolo (dominus è appellativo usato nell’epigrafia funeraria non di rado in modo affettivo per un congiunto). Oppure la piccola lapide poteva essere combinata con un’altra perduta in cui era ricordato il nome del defunto, la cui morte era avvenuta il 29 giugno. Anche l’immagine di Pietro è molto frequente nelle pitture delle catacombe. E non può essere ovviamente considerata indicativa di una particolare devozione per l’apostolo in loco».
Gli autori dello studio replicano così all’archeologo del Vaticano. «Le spoglie mortali di san Pietro - è la loro tesi - potrebbero essere state spostate più di una volta durante il periodo delle persecuzioni, per paura di profanazioni».
Fiocchi Nicolai contesta le iscrizioni ritrovate nella catacomba di Tor Pignattara. E dice che potrebbero trattarsi di un semplice caso di omonimia con un certo “Pietro” morto accidentalmente il medesimo giorno dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. La replica di De Caro, Matricciani e La Greca, i tre studiosi, è netta: