Un Gesù molto simile a quello che vediamo raffigurato oggi nella Sindone. E' questo il volto del Messia che veniva rappresentato anticamente in quadri, sculture, bassorilievi, monete.
Per quanto riguarda l’aspetto di Gesù, si legge nel volume "La luce nel sepolcro" (edizioni Fede e cultura), è necessario tenere presente che la Sacra Scrittura non tramanda alcuna descrizione della persona fisica del Salvatore.
Le proibizioni dell’antica legge (Es 20,4; Dt 5,8) impedirono certamente ai primi discepoli di fissarne la fisionomia in quadri o statue, benché la leggenda ne attribuisca alcune a San Luca o a Nicodemo.
Un’alternativa era quella di applicare alla figura di Cristo sembianze derivate da altre religioni non cristiane. Tra le immagini più antiche ricordiamo il Christus Sol Invictus del Mausoleo dei Giulii nella necropoli vaticana (III secolo), in cui Gesù è rappresentato come il dio Sole, in contrapposizione all’Helios pagano.
La svolta si ebbe dopo la vittoria del Cristianesimo, sancita da Costantino nel 313 con l’editto di Milano. Fu in quel periodo che cominciò a diffondersi una diversa immagine del volto di Gesù, caratterizzato dalla barba non troppo lunga, dai baffi, dal volto stretto, alto e maestoso, dai capelli lunghi che cadono sulle spalle e talvolta mostrano una riga centrale che li divide.
Una delle prime raffigurazioni del Cristo barbato appare a Roma nell’Ipogeo degli Aureli (III secolo). Tra le opere che lo mostrano con la barba sono da ricordare alcuni sarcofagi di epoca teodosiana (IV secolo) ancora conservati, per esempio, nell’ex Museo Lateranense in Vaticano, a S. Sebastiano fuori le Mura a Roma, a S. Ambrogio a Milano e al Museo Lapidario di Arles.
Gesù con la barba si trova a Roma anche nell’abside della basilica di S. Pudenziana (IV secolo). Dello stesso tipo sono il Cristo docente del cubicolo di Leone nelle catacombe di Commodilla (IV secolo) e il Cristo in trono tra Pietro e Paolo delle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro (IV-V secolo).
In tutte le raffigurazioni del Salvatore la somiglianza con il volto della Sindone è sempre marcata. Si osservi, per esempio, l’antica immagine del SS. Salvatore venerata nell’oratorio di S. Lorenzo in Palatio, chiamato Sancta Sanctorum, a Roma, la cui icona originale risale al V-VI secolo. Anche il mosaico (VII secolo) della cappella di S. Venanzio presso il battistero di S. Giovanni in Laterano.
A partire dal VI secolo anche in Oriente si diffonde un particolare tipo di ritratto di Gesù ispirato alla Sindone: è il Cristo maestoso, con barba e baffi, chiamato Pantocrator (Onnipotente), di cui esistono splendidi esempi in Cappadocia.
È evidente l’ispirazione alla Sindone nel volto di Cristo del vaso d’argento del VI secolo trovato a Homs, in Siria, oggi conservato al Louvre di Parigi, e in quello del reliquiario d’argento del 550, proveniente da Chersonesus in Crimea, che si trova all’Ermitage di San Pietroburgo.
Il Pantocrator è presente anche nell’era post-bizantina e rimarrà sostanzialmente invariato fino a oggi. In Oriente questa immagine diventerà l’unica per tutta l’arte figurativa. E anche in Occidente prevarrà sempre sulle altre raffigurazioni.
L’osservazione del volto della Sindone condiziona anche la rappresentazione di Cristo sulle monete bizantine a partire dal VII secolo.
Il primo imperatore a far raffigurare sulle monete il volto di Gesù fu Giustiniano II (imperatore bizantino dal 685 al 695 e dal 705 al 711). Sul suo solidus aureo (692-695) compare un Pantocrator che ha lineamenti fortemente simili a quelli sindonici. Cioè una chioma ondulata cadente dietro le spalle, barba lunga, baffi e caratteristico piccolo ciuffo sulla fronte.