Passata in commissione Giustizia con un voto di 13 a 11, il discusso ddl Zan - già approvato alla Camera nel novembre scorso - approderà presto alla discussione del Senato. Questa è già di per sé una accelerazione rispetto all'apparente limbo in cui la legge sembrava ferma dopo il cambio di Governo e la conseguente uscita di scena di Giuseppe Conte e l'ingresso di Mario Draghi e la nuova maggioranza che lo sostiene (che comprende anche Lega e Forza Italia). Proprio il centrodestra è stato il più accanito avversario della legge, con il Senatore Pillon in prima fila. La CEI, già perplessa dopo il passaggio alla Camera ha stamane ribadito la sua posizione con un breve comunicato stampa:
e ancora
ribadendo con forza che
e ribadendo la posizione del Magistero
Ma la posizione della Chiesa non è isolata, anche tra coloro che pure vogliono una legge contro la discriminazione delle persone trans o omosessuali, ci sono diverse e ponderate perplessità, e sebbene il dibattito pubblico sia stato spesso a senso unico, lentamente nelle ultime settimane anche il punto di vista divergente di parte del mondo progressista, legato ad ambienti femministi, ha trovato spazio. Singolarmente tra i pochi giornali a dare spazio e rilievo ad un dibattito pluralistico, Avvenire, il quotidiano dei vescovi.
Nel progetto di legge a prima firma Alessandro Zan (deputato del PD e omosessuale a sua volta) lo scopo sarebbe quello di istituire: “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, una definizione ampia che non si limita alla cosiddetta comunità Lgbtqi. Nel Ddl Zan è specificato - e si viene alla parte più controversa del provvedimento, le definizioni giuridiche - che “per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.
In caso di approvazione verrebbero istituiti nuovi reati punibili oltre che l’istituzione di una giornata nazionale contro le discriminazioni (il 17 maggio) e lo stanziamento di 4 milioni di euro all’anno per iniziative di contrasto al fenomeno.
Tra le pene previste c'è la reclusione fino a 18 mesi oppure una multa fino a 6.000 euro per chi commette atti di discriminazione fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità”; infine il carcere fino a 4 anni per chi istiga o commette violenza per i medesimi motivi; la reclusione fino a 4 anni per chi partecipa o aiuta organizzazioni aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per gli stessi motivi (PolicyMaker).
I punti di vista sono molteplici, da chi non ritiene affatto che serva una legge ad hoc sul modello della Legge Mancino che tutela contro la discriminazione di nazionalità, razza, etnia e credo religioso, a chi pur approvando - e in taluni casi avendone in passato proposto di simili - ritiene che la formulazione sia errata o inefficace. Ecco alcuni esempi:
Paola Concia (già parlamentare del PD e attivista omosessuale) dice:
e suggerisce di togliere il sesso dai motivi di discriminazione, optando per una legge ad hoc per la tutela delle donne, ma ritiene che il Paese "bisogno di una legge che contrasti i reati d’odio contro omosessuali e transessuali. La Legge Zan può assolvere questo compito, purché venga alleggerita e si trovi la più onorevole delle mediazioni".
Paola Valente, parlamentare PD e Presidente della Commissione d'inchiesta sul Femminicidio e avvocata, ritiene che
Anche per la parlamentare le donne meriterebbero un percorso legislativo separato, perché - spiega - le origini delle discriminazioni verso le donne sono diverse:
La parlamentare napoletana è poi convinta che il ddl Zan non sarà una legge "bavaglio" che mette a repentaglio la libertà d'opinione, tuttavia non è questo il pensiero della professoressa Francesca Izzo, tra le fondatrici di "Se Non Ora Quando", femminista, è stata parlamentare col PDS e ha lasciato il PD nel 2018 in polemica sul tema della surrogazione di gravidanza. Sull'Huffington Post ha scritto, in una lettera aperta ad alcuni senatori del centrosinistra:
E prosegue tenendo alta l'attenzione sul tema spinoso della definizione - tutt'altro che univoca - di "identità di genere" che nell'ordinamento italiano ha implicazioni diverse da quelle dei promotori della legge:
E propone di sostituire questa nozione con quella di "identità transessuale". Su un crinale simile, si muove anche la critica del giurista esperto di biogiuridica, Aldo Vitale, su Avvenire annota che:
E ancora
Anche la giornalista e femminista Marina Terragni, in prima linea da tempo sulle questioni che oppongono una parte del femminismo dal movimento cosiddetto "queer" o "transfemminista" si domanda:
Nel frattempo il capogruppo al Senato di Italia Viva, Davide Faraone, sembra aprire ad una discussione su alcuni emendamenti alla norma, cosa accadrà adesso dipenderà da un lato dagli equilibri politici che reggono il Governo Draghi, dall'altra dalla capacità della società civile di farsi sentire e fare pressioni in un senso o nell'altro.