Con tutto il rispetto per la sua condotta esemplare, ben difficilmente Santa Clelia Barbieri si sarebbe meritata un post nella rubrica “Ma che sant’uomo!”, se avessimo guardato solamente alla sua vita.
Non che non sia stata una vita santa, eh! ma è stata una vita santa e incredibilmente ordinaria. Nata nel 1847 dalle parti di Bologna, Clelia perde il padre durante un’epidemia di colera. Costretta ad abbandonare la sua casa d’infanzia, troppo onerosa ormai da mantenere, prende dimora in un modesto appartamentino vicino alla chiesa del paese.
Lì, diventa un membro attivo della vita parrocchiale; e lì, sotto la guida del suo sacerdote, sviluppa con alcune amiche un progetto di vita consacrata. Da questa iniziativa sarebbero sorte, col tempo, le Suore Minime dell’Addolorata, ma Clelia non avrà mai la soddisfazione di veder regolarizzato il suo ordine: muore infatti a ventitré anni, stroncata dalla tisi.
Puoi capire…
C’ha pure ‘sta foto col crocefisso in mano che fa tanto santino di inizio secolo: viva santa Clelia e tutte le sue consorelle, ma come fai a ricavare una puntata di “Ma che sant’uomo?” dalla una santa con una vita così… agiografica?
Ma infatti, il punto non è la vita di Santa Clelia.
Il punto è quello che Santa Clelia combina dopo esser morta: perché, invece di starsene buona buonina nel suo reliquario, a operare miracoli discreti come fanno tutti gli altri santi di questo mondo, Santa Clelia fa cose.
Ma cose turche!
Tipo, vaga per il monastero in cui è vissuta. È ‘na specie di santo-fantasma, ma in pace col mondo.
A leggere questa storia su qualsiasi altro blog, alzerei gli occhi al cielo e penserei “ecco, l’autrice è rimasta vittima della catto-creduloneria più becera”.
Invece, prima di scrivere questo pezzo, mi sono documentata. E, a quanto pare, è tutto vero: questo singolarissimo “miracolo permanente” è stato messo agli atti durante il processo di canonizzazione, il che implica, se non un riconoscimento ufficiale della Chiesa, quantomeno un suo “presa visione” (nonché, ovviamente, una buona dose di sicurezza da parte di chi osa rilasciare queste dichiarazioni).
In buona sostanza, siamo di fronte a una Santa che, periodicamente, “infesta” il convento in cui è vissuta (se mi passate il termine chiaramente ironico), e parla.
No, sul serio.
Parla.
Dice cose!
La prima occorrenza di questo miracolo stupefacente ha luogo il 13 luglio 1871, esattamente un anno dopo la morte della pia donna. Le sue consorelle sono intente a cantare le preghiere della sera, quand’ecco che questa simpatica buontempona decide di fare un’improvvisata alle amiche sue, e comincia a cantare con loro.
Come testimoniano le suorine attonite, di punto in bianco
Invece di scappar via terrorizzate, le suore manifestano buone dosi di sangue freddo andando avanti con le loro preghiere. E Clelia (come in ogni ghost story che si rispetti) si adopera anche per far passare loro una notte in bianco – non con uno spettrale sferrargliar di catene, ma con un beatificante salmodiar di inni sacri. Ebbene sì: la sua presenza amica accompagna per tutta la notte le consorelle, che, dal canto loro, improvvisano una veglia di preghiera (ché tanto, di dormir non se ne parlava…).
Credeteci o no, ma, da quel momento, la “voce santa” non ha più abbandonato il monastero, manifestandosi a intervalli alterni.
Come leggo nel libro da cui traggo questa storia,
Difficile non pensare a una creduloneria cieca ed esasperata, di fronte a un ordine religioso che sostiene di avere una santa fondatrice che, di tanto in tanto, si mette a parlare dall’oltretomba. Eppure, ripeto: a quanto pare, questa storia è la pura verità.
Sembrerebbe persino che Santa Clelia provi un certo divertimento nello sconcertare gli scettici. C’è, ad esempio, la testimonianza del canonico Luigi Cucci, che, durante la prima guerra mondiale, aveva prestato servizio presso un ospedale militare gestito dalle suore di Santa Clelia.
ammette candidamente il sacerdote in una sua testimonianza (e come dargli torto?). Eppure,
E di fronte a questo dato di fatto, che si può dire?
Si potrebbe dire che la religiosità di inizio secolo era diversa da quella d’oggi, e il canonico degli anni ’10 era, con ogni probabilità, più credulone di quanto non gli piacesse credere.
Verissimo; sennonché, a quanto pare, questo santo vocìo continua ancor oggi: gli agiografi che hanno approfondito la vita di Santa Clelia hanno avuto modo di intervistare gente ancora viva che assicura convintissima (anche sotto giuramento!) che queste manifestazioni continuano ad aver luogo.
Paola Giovetti, autrice del bel libro Fenomeni straordinari di mistici e di santi, elenca un vasto numero di persone ancora in vita (e quindi nostre contemporanee, cresciute con la nostra stessa sensibilità: stiamo parlando di gente d’oggi, non di svirgolati spiritisti d’altri tempi) pronte ad assicurare che, sì, questo fenomeno è reale.
Suor Alma, che vive attualmente nel convento delle Minime a Le Budrie, assicura di aver udito la voce, una volta, durante una Messa nel 1946.
Suor Corrada, attualmente nella comunità della Casa Generalizia, testimonia di aver avuto un’esperienza importante quando, diciottenne, stava vivendo un momento di crisi vocazionale: non era più certa di voler appartenere a quell’ordine.
Invocò dunque Santa Clelia affinché “le desse un segno” per farle capire se il suo destino era lì oppure altrove, e, porca la miseria, ‘sto segno lo ricevette bello forte: per dieci anni, si sentì nelle orecchie la voce di Clelia ogni singola volta che si pregava comunitariamente.
Altra esperienza forte nella vita di Suor Corrada: il terrore per la sorte di sua sorella di sangue, che si trovava in Kuwait all’epoca della prima guerra del golfo, e da troppi giorni non dava sue notizie. Era sopravvissuta ai bombardamenti, e Suor Corrada lo “seppe” in anticipo, grazie a questo singolarissimo telegrafo paradisiaco!
Suor Silvana, madre provinciale dell’ordine, assicura che non solo il miracolo continua ad avere luogo, ma continua ad avere luogo in svariate parti del mondo. Santa Clelia, che dapprima pregava in Latino con le sue consorelle, adesso prega in lingua italiana nei conventi della penisola, ma si adatta agilmente alla lingua locale se decide di manifestarsi in altre aree del mondo. In Tanzania, dove le Minime hanno una missione, la voce si unisce alle preghiere dei fedeli cantando in lingua Swahili; in un’altra loro missione in India, parla correntemente la lingua Malayalam.
E ci sono poi delle storie che oggettivamente fanno venire un po’ di pelle d’oca, come quell’episodio del 19 aprile 1929. Nei giorni precedenti, c’erano state nella zona di Bologna delle piccole scosse sismiche: roba di poco conto; nessuno ci aveva presto attenzione. Nessuno tranne le suore di Santa Clelia, per l’esattezza, messe in allarme da una da una strana manifestazione di questa santa voce, che, perdipiù, suonava insolitamente lagnosa.
Quella notte, invece di salire nelle loro camere, le suore decisero di dormire al pianterreno, sistemate alla meglio vicino alla porta. E proprio quella notte vi fu una scossa tremenda (quinto grado della scala Richter; edifici distrutti e popolazione nel panico). Le suore, che già si erano preparate ad una eventuale evacuazione, lasciarono il convento in pochi istanti, quiete, rendendo grazie alla loro buona santa.
La testimonianza che personalmente trovo più interessante è quella di don Arturo, parroco del paesino di Le Budrie dove si trova il primigenio convento delle Minime. Senza convinzioni preconcette che lo portassero a credere aprioristicamente a questa storia, il prete (un “estraneo”, tutto sommato) dichiara di aver udito la voce della Santa in due occasioni, nel 1992 e nel 1993:
E di fronte a tante testimonianze, anche recenti, che je voi di’?
Saranno tutti quanti matti, visionari, creduloni e mistificatori? Non ho alcun interesse a convinverci (e convincermi) del fatto che il miracolo avviene per davvero, ma ho anche delle oggettive difficoltà a credere che si sia di fronte a un’unica, enorme truffa colossale. (A che scopo, poi?).
Io non dico niente: mi limito a riportare questi fatti buffissimi, e a concludere con le parole di Paola Giovetti, nel libro già citato: