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Testimonianze di miracoli avvenuti dopo aver invocato San Giuseppe

SAINT JOSEPH
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don Marcello Stanzione - pubblicato il 19/03/21
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Da Santa Teresa d’Avila ai missionari in Africa, da Torino a Fano: interventi prodigiosi attribuiti a San Giuseppe

Invocare con il cuore San Giuseppe nei momenti più difficili è una pia pratica che porta benefici: ci sono moltissime testimonianze di miracoli e grazie ricevute per sua intercessione. Alcune sono clamorose, come quelle che riportiamo di seguito.

Scrive santa Teresa d’Avila: «Io presi per mio avvocato patrono il glorioso S. Giuseppe, e mi raccomandai a Lui con fervore. Questo mio padre e protettore mi aiutò nella necessità in cui mi trovavo e in molte altre più gravi in cui era in gioco il mio onore e la salute della mia anima. Ho visto chiaramente che il suo aiuto mi fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo fin ora d’averlo mai pregato di una grazia senza averla ottenuta». 

«Egli aiuta moltissimo chi si raccomanda a Lui. E’ già da vari anni che nel giorno della sua festa io gli chiedo qualche grazia, e sempre mi sono vista esaudita. Se la mia domanda non è tanto retta. Egli già vari anni che nel giorno della sua festa io gli chiedo qualche grazia, e sempre mi sono vista esaudita. Se la domanda non è tanto retta. Egli la raddrizza con mio maggior bene. (..) Chiedo solo per amore di Dio che chi non mi crede ne faccia la prova, e vedrà per esperienza come sia vantaggioso raccomandarsi a questo glorioso Patriarca ed essergli devoti» (S. Teresa D’Avila, Autobiografia, Cap. VI, 6-7-8).

Riporto una serie di testimonianze di miracoli che san Giuseppe ha fatto ai suoi devoti.  Un missionario dell’Africa occidentale e precisamente del Senegal, raccontava che un giorno si trovava a visitare a cavallo una contrada mai percorsa, in aperta campagna, quando ad un tratto arrivò presso una casa privata. 

Messo il piede sulla soglia, udì una voce: - "Chi va là?" – "Un padre missionario". – "Allora siate il benvenuto!". Era un soldato francese, che febbricitante stava a letto. Così egli parlò: "Sono al terzo accesso di febbre ed è difficile superarlo. Voglio purificare la coscienza con la Confessione. Voglio morire sereno". Ricevuta l’assoluzione, disse: "Io ero sicuro che sarebbe arrivato qui un Sacerdote. Porto la medaglia di san Giuseppe; sono devoto di questo Santo, che è il Protettore della buona morte. Ho chiesto sempre di avere un sacerdote al mio capezzale prima di morire. San Giuseppe mi ha esaudito!". Il missionario concludeva la narrazione dell’episodio dicendo: "Due ore dopo quell’uomo spirava". Uno dei prodigi che compie San Giuseppe è infatti, quello di accompagnare le persone ad una buona morte.

Durante una tempesta si era sconquassato un naviglio. Si era sulle coste della Finlandia. Circa trecento persone nuotavano sulle onde, nell’attesa di aiuto. Tra costoro erano due Padri francescani, che afferrata una tavola, riuscirono a stare a galla. Erano molto stanchi e non sapendo più a quel mezzo appigliarsi, invocarono di cuore san Giuseppe. La loro preghiera fu esaudita. 

Apparve sulle acque un uomo di dolce aspetto e subito la tempesta cominciò a diminuire, quell’uomo misterioso prese per mano la tavola dei due Francescani e così li trasse con sé fino alla riva. Riconoscenti i due salvati ringraziarono commossi il loro salvatore, il quale allora si manifestò per quello che era: “Io sono san Giuseppe, che voi avete invocato. Se volete farmi cosa gradita, non lasciate passare giorno senza recitare sette volte il Padre Nostro e l’Ave Maria, in memoria dei miei sette dolori e delle sette allegrezze”. Detto ciò, sparì.

La Venerabile Suor Cecilia Portaro, in compagnia di alcune Suore, da Palermo era andata in pellegrinaggio al santuario della Madonna di Trapani. Al ritorno, i marinai lasciarono le Suore sulla spiaggia di Palermo. Era sera inoltrata ed il buio era denso. Bisognava fare un lungo tragitto per giungere al Monastero. 

Suor Cecilia si raccomandò a san Giuseppe per essere assistita. Quand’ecco presentarsi davanti alle Suore un vecchio, con un bastone in mano, il quale si offrì a far loro da guida tra quella fitta oscurità, anzi soggiunse: “Poiché avete bisogno di chi potrei il vostro fardello, ecco qui un giovinetto, al quale potete affidarlo”. 

Le Suore si spaventarono all’improvvisa comparsa, ma poi presero coraggio e dissero: “Buon vecchio, noi siamo molto grate. Ma il viaggio è un po’ lungo, perché la nostra casa è in contrada san Giuseppe”. “E’ appunto dove abito io!”, rispose il vecchio. Quando giunsero alla porta del Monastero, scomparve. Davanti a tale prodigio, tanto la Venerabile Portaro quanto le Consorelle pensarono che quel vecchio fosse stato proprio san Giuseppe.

Nel 1856, in seguito alla strage causata dal colera nella città di Fano, si ammalò gravemente un giovane nel Collegio dei Padri Gesuiti. I medici tentarono salvarlo, ma in fine dissero: “Non c’è speranza di guarigione!”. 

Uno dei Superiori disse all’infermo: “I medici non sanno più cosa fare. Ci vuole un miracolo. E’ prossima la festa del Patrocinio di san Giuseppe. Tu abbi molta fiducia in questo Santo; nel giorno del suo Patrocinio procura di comunicarti in suo onore; nello stesso giorno saranno celebrate sette Messe, in memoria dei sette dolori e delle sette allegrezze del Santo. Inoltre terrai in camera un’immagine di san Giuseppe, con due lampade accese, per rianimare la confidenza nel Santo Patriarca. San Giuseppe gradì queste prove di fiducia e d’amore e fece quanto non poterono fare i medici. Subito infatti cominciò il miglioramento ed il giovane il breve si rimise perfettamente. 

I Padri Gesuiti, riconoscendo prodigioso la guarigione, resero pubblico il fatto per invogliare le anime alla fiducia in san Giuseppe.

A Torino c’è la “Piccola Casa della Provvidenza, ove al presente sono raccolti circa diecimila sofferenti, ciechi, sordo – muti, paralitici, minorati. Essi sono mantenuti gratuitamente. Non ci sono fondi, né registri di contabilità. Ogni giorno si dispensano circa trenta quintali di pane. E poi… quante spese! Da più di cent’anni mai è mancato il necessario ai ricoverati. 

Nel 1917 ci fu in Italia la penuria del pane, essendo un periodo critico di guerra. Scarseggiava il pane anche tra i benestanti e tra i militari; ma nella “Piccola Casa della Provvidenza” ogni giorno entravano i carri carichi di pane. La “Gazzetta del Popolo”, di Torino, commentò. “Da dove venivano quei carri? Chi li mandava? Nessuno, neppure i conducenti, hanno mai potuto conoscere e disvelare il nome del munifico donatore”. 

Nei momenti difficili, davanti ad impegni gravissimi, quando pareva che ai ricoverati dovesse mancare il necessario, si presentava alla “Piccola Casa” un signore sconosciuto, che lasciava quanto abbisognava e poi scompariva, senza lasciare tracce di sé. Nessuno ha mai saputo chi fosse questo signore., ecco il segreto della Provvidenza nella “Piccola Casa”.

Il fondatore di questa opera è stato il Santo Cottolengo. Questi portava il nome di Giuseppe. Sin dal principio costituì san Giuseppe Procuratore Generale della “Piccola Casa”, affinché puntualmente provvedesse ai ricoverati, come in terra provvedeva il necessario alla Sacra Famiglia. E San Giuseppe, con i suoi prodigi, ha continuato e continua a fare il suo ufficio di Procuratore Generale.