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Blasfemia a Sanremo: “Perché mi percuoti?”

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 07/03/21
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Il festival della canzone di Sanremo è l'evento social e artistico dell'anno, è così, volenti o nolenti. Escono grandi canzoni, talvolta, ma sempre più spesso la polemica e nell'ultima edizione anche una brutta caduta su Gesù...

Una volta si diceva "scherza coi fanti, ma lascia stare i santi", altri tempi forse, quando il senso comune era intriso anche di religiosità e il proverbio serviva da monito, ma anche da linea guida di laicità, quasi che fosse la prosecuzione del verso evangelico: "Date a Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare". Cesare è il potere per il potere, è lo Stato, è il sovrano, fate voi. In ogni caso Cesare è il potere degli uomini, a volte anche degli uomini di Chiesa, ma invece i santi che hanno scelto di essere per gli uomini e dunque di Dio, andrebbero lasciati in pace. La laicità sarebbe anche questa: se volete schernire qualcuno, schernite i potenti, non i santi che si fanno umili e piccoli per il bene di tutti. A maggior ragione lasciamo stare Gesù. Questa regola aurea, di buon senso, che non impedisce di canzonare pontefici e cardinali, ma pone un limite, anche di buon gusto, che non è mero conformismo, ma rispetto. Il conformismo ormai - contrario dell'arte - è quello di irridere tutto e tutti, anche gli affetti, anche le cose che superano la nostra comprensione. Deve essere successo questo su Rai Uno nelle serate di Sanremo 2021 che hanno visto il poliedrico Achille Lauro e l'istrionico Fiorello esagerare (clicca per vedere il video).

Non è quindi senza senso la lettera di Monsignor Suetta:

Verrebbe quasi da pensare che qualcuno voleva farsi "perdonare" (apriti cielo!) il segno della croce di Amadeus in apertura il primo giorno di Festival. Sia mai. Ma se questa è la forma di riparazione che la RAI (?) o un certo laicismo richiedono, troviamo un accomodamento l'anno prossimo: niente segni della croce in pubblico, e niente "manipolazioni" della figura di Cristo, così siamo pari.

Per carità non è stata la prima volta, non sarà l'ultima, e se tra meno di un mese i cristiani celebreranno la morte e la resurrezione di Gesù, possiamo star certi che il Signore ha le spalle più che larghe per sopportare certe sceneggiate, ma resta l'amaro in bocca per uno show che dovrebbe essere nazional popolare e che - forse non per caso - che gli ascolti, pur in assenza di qualsiasi altra cosa da fare (siamo bloccati letteralmente in casa) sia stata peggiore dell'anno scorso:

Magari, lasciateci sfottere un po', bonariamente, aver fatto un festival senza Don Pasquale Traetta, da oltre vent'anni il parroco del Festival, non ha portato bene e senza la sua silenziosa (ma preziosa) presenza dietro il palco agli autori sia scappata la mano. Chissà.

Andrà meglio la prossima volta? Speriamo...