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La virtù del silenzio, San Tommaso e l’insegnamento monastico

SAINT THOMAS AQUINAS
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Vitor Roberto Pugliesi Marques - pubblicato il 30/01/21
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Leggendo l’opera lasciata da San Tommaso, comprendiamo che dietro quell’apparenza si nascondeva un silenzio fertile e fortemente impegnato con le necessità dell’animo umanoIn pieno XXI secolo, sia tra credenti che tra non credenti, pochi non riconoscono in San Tommaso d’Aquino uno dei più grandi filosofi e teologi di tutti i tempi.

Nato verso il 1226 a Roccasecca, nel Lazio, in un’epoca di intensi conflitti politici e religiosi, Tommaso era il settimo figlio del conte Landolfo d’Aquino. Nel corso della sua vita ha costruito un’opera così grandiosa che lo ha reso Dottore della Chiesa, ricevendo vari riconoscimenti nel corso della storia, come quelli contenuti nell’enciclica Aeterni Patris, di Papa Leone XIII, che lo ha dichiarato “duce e maestro” di tutta la teologia scolastica.

I colleghi universitari soprannominarono Tommaso “bue muto” per la combinazione di una corporatura alta e possente e un silenzio continuo, che gli dava un aspetto di lentezza anche a livello di raziocinio. Le parole del suo maestro, Sant’Alberto Magno, furono però profetiche quando annunciò a tutti: “Voi lo chiamate il bue muto, ma io vi dico: quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udiranno da un’estremità all’altra della terra!”

Leggendo l’opera lasciataci da San Tommaso, comprendiamo che dietro quell’apparenza si nascondeva un silenzio fertile e fortemente impegnato con le necessità dell’animo umano, come aveva affermato il suo maestro. Questo ci dà l’opportunità di esprimere un breve pensiero sulla prospettiva cristiana del silenzio.

Il capitolo sesto della Santa Regola di San Benedetto riguarda esclusivamente questa virtù cristiana. Anche se il termine latino taciturnitate (il titolo originale di questo capitolo) viene tradotto come silenzio, sarebbe forse mantenere il concetto di essere taciturni, anche se ci è meno familiare. Questo perché il silenzio predicato da San Benedetto ai suoi monaci non rappresenta solo l’atto fisico di non far vibrare le corde vocali (anche se questo artificio è stimolato troppo), ma un atteggiamento di raccoglimento dell’anima, che le permette di apprendere, meditare e agire in modo santo nella vita quotidiana. Era sicuramente questo il silenzio vissuto da San Tommaso. Da fuori sembra disattento, ma dentro il suo spirito vibrava in unione con Dio, alla ricerca di risposte alle problematiche umane.


FATHER, CHILD, HAND
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Nel libro dei Proverbi si legge: “Nella moltitudine delle parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è prudente” (Proverbi 10,19). Questo versetto ci insegna perché il silenzio è tanto desiderato da Dio e tanto vissuto dai santi. Mettendosi in un atteggiamento di “pettegolezzo”, arriverà sicuramente l’occasione per offendere il prossimo, di lamentarsi della vita e lo sa Dio dove si può arrivare in termini di peccato. Non significa che conversazioni sante e proprie non siano benvenute, anzi, sono stimolate dallo stesso San Benedetto nel capitolo citato, ma una volta che si percepisce che il tono della conversazione porterà al peccato, questa dev’essere subito interrotta. Con il progresso della vita spirituale, si capisce che la conversazione migliore è quella in cui si ascolta l’insegnamento di un maestro e lo si medita nel cuore.

In un contesto moderno, caratterizzato dalle reti sociali, in cui tutti vogliono parlare, soprattutto attraverso l’eccesso di esposizione della vita intima e postando fotografie e testi che spesso non sono veritieri, l’essere taciturno di San Tommaso ci invita al comportamento opposto, quello del raccoglimento in Dio e dell’ascolto dello Spirito Santo dentro di noi. Auspichiamo di saper crescere in silenzio, come la Vergine Santissima, che “serbava in sé tutte queste cose, meditandole in cuor suo” (Lc 2,19).

San Tommaso d’Aquino, prega per noi!