Di famiglia cristiana siriana, la 22enne Yusra Mardini è fuggita da Damasco nel 2015. Si è tuffata in mare da un gommone diretto in Grecia per non farlo ribaltare, e poi da lì ha sempre nuotato fino alle Olimpiadi di Tokio.
Classe 1998, Yusra Mardini si sta allenando duramente per le Olimpiadi di Tokio. Le sue specialità sono lo stile libero e la farfalla, stiamo parlando di nuoto naturalmente. Gareggerà nella squadra dei Rifugiati come già accaduto alle Olimpiadi di Rio nel 2016, dove la sua storia catturò l’attenzione generale. Proviene da una famiglia cristiana di Damasco ed è fuggita dalla Siria nel 2015 quando aveva appena 17 anni.
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Giù dal gommone a nuotare
Fin da giovanissima Yusra ha sviluppato un talento per il nuoto, ed è una cosa di famiglia. Anche sua sorella maggiore e suo padre sono nuotatori professionisti. Dopo aver partecipato ai campionati mondiali nel 2012, la passione sportiva di Yusra ha dovuto bruscamente interrompersi a causa della guerra che è scoppiata in Siria. La situazione di pericolo è diventata così insostenibile che ad un certo punto non c’è stata alternativa alla fuga. Come si legge sul suo sito, il viaggio per scappare da Damasco insieme alla sorella maggiore è stato durissimo:
Yusra lasciò Damasco nell’agosto del 2015 a bordo di un volo diretto a Istanbul, via Libano. Da lì viaggiò per raggiungere la costa turca e imbarcò su un gommone diretto all’isola greca di Lesbo. A bordo c’erano troppe persone e il motore si ruppe 15 minuti dopo la partenza.
Yusra era terrorizzata, ma determinata a non lasciare che qualcuno morisse, visto che lei e sua sorella erano brave a nuotare. Loro due e altri due passeggeri si buttarono in acqua per evitare che il gommone si ribaltasse in mezzo alle onde. Dopo una traversata durata 3 ore e mezza, la barca approdò alla spiaggia greca. (da Yusra Mardini)
Intervistata dalla BBC (nel video che trovate in fondo) Yusra ha aggiunto un dettaglio alla storia:
Certo che ero spaventata. Sapevo che sarei potuta morire durante il viaggio, ma nel mio paese ero già quasi morta. Era freddo nell’acqua. Io e mia sorella ci siamo dette che sarebbe stato vergognoso morire in acqua, visto che eravamo nuotatrici professioniste.
Anche un tocco di ironia serve a salvarsi la vita.
Una nuova vita in Germania
Il suo viaggio di fuga non si è concluso in Grecia.
Yusra ha attraversato la Macedonia e la Serbia, fino all’Ungheria, dove lei e altre migliaia di persone sono rimaste in attesa e costrette a dormire per terra nella stazione dei treni a Budapest. Dopo aver superato numerosi ostacoli lei e sua sorella hanno raggiunto la Germania dove le è stato dato asilo politico. (Ibid)
Oltre a trovare una nuova casa sicura in Germania, le è stato possibile ricominciare a nuotare. Il resto della sua famiglia l’ha raggiunta e le sue qualità atletiche non sono rimaste nascoste ai talent scout tedeschi. Appena un anno dopo la fuga dalla Siria, Yusra è stata accolta nel Team Olimpico dei Rifugiati. E la partecipazione alle Olimpiadi di Rio nel 2016 non è stata l’occasione per dimostrare solo la sua eccelenza in vasca, ma anche per portare l’attenzione dell’opinione pubblica sui 65 milioni di persone che sono costrette a fuggire dalla propria patria.
Il suo viso incantevole, la sua storia emblematica hanno catturato le luci dei riflettori e nell’aprile 2017 è stata nominata Ambasciatrice del UNHCR, il comitato delle Nazioni Unite per il rifugiati. Ha incontrato Barack Obama e Papa Francesco, e rimane tra le sue priorità quella di essere un elemento di sostegno per i giovani che come lei vivono l’esperienza della guerra e della fuga.
Intanto però Tokio è alle porte, e bisogna allenarsi senza sosta.
L’acqua è fredda
Si può dire che Yusra sia cresciuta ad acqua fredda e Michael Phelps. Da piccola, però, non le piaceva nuotare:
È una storia divertente. Odiavo nuotare. Piangevo sempre quando ero piccola perché l’acqua era fredda. Mio padre mi spingeva a nuotare. Ho cominciato ad apprezzare questo sport verso i nove anni. Non ho più pianto. Mi sono accorta che ero più veloce di donne e ragazze più grandi di me. (da Olympic Channel)
Allenarsi in Siria non era facile, le condizioni erano già precarie prima della guerra. Il padre aveva abituato le figlie (anche la sorella di Yusra nuota a livello professionistico) a prendere forza e ispirazione da Michael Phelps, di cui guardavano i video sia per imparare la sua tecnica sia per essere motivate da quel “mostro di bravura”.
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Po l’acqua si è fatta più fredda.
Ma quando è scoppiata la guerra è diventato ancora più difficile allenarsi perché l’acqua era ancora più fredda. Spesso mancava l’elettricità. A volte non potevamo entrare in piscina perché cadevano le bombe. Certo, continuavo ad andare a scuola, ma era davvero vita? (Ibid)
Fare il bagno è bello. Ma è vero che c’è sempre quel momento in cui entrare in acqua dà un sussulto di freddo. L’acqua è un elemento estraneo, in fondo. Noi siamo creature terrestri. Mi ha sempre colpito vedere i nuotatori ai blocchi di partenza che fanno mille esercizi di riscaldamento prima di tuffarsi. Saranno abituati, però il freddo al contatto con l’acqua lo continuano a sentire.
Mi chiedo che specie di freddo abbia sentito Yusra in quel tuffo che è la fuga. Lasciare il noto per l’ignoto, senza alternative.
Mi chiedo, però, se non ci sia anche qualcosa di rinvigorente in quei brividi. Noi, sempre abituati a nuotare nell’acqua che conosciamo, abbiamo bisogno di tuffi fuori dal nostro elemento. Uscire di casa ogni giorno è entrare in un elemento estraneo dove le nostre sicurezze vacillano. Il gelo di questi giorni ci fa proprio ghiacciare la pelle. Se anche quello fosse un richiamo, una sveglia? Forse anche il gelo è messaggero di Chi ci chiama: «Vieni, lascia casa tua ed entra nella storia che ho preparato per te».