La nostra forza interiore può aiutare a salvarci addirittura dal tumore cerebrale: una prima conferma arriva da una ricerca ancora in corso presso la Fondazione Gemelli.di Caterina Allegro in collaborazione con la dottoressa Loredana Dinapoli, psicologa e psicoterapeuta, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs
Fede e guarigione: quale nesso?
Coltivare la spiritualità per stare meglio, soprattutto in caso di malattia. Una strada ancora poco indagata dal punto di vista scientifico, ma ricca di promesse e di spunti interessanti.
Una ricerca della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, ancora in corso, sta provando a misurare l’incidenza della sfera spirituale sul benessere della persona affetta da tumore cerebrale, una patologia rara e grave, per affrontare la quale occorre mettere in campo ogni risorsa possibile.
«L’idea di indagare la relazione fra spiritualità, resilienza e malattia è nata all’interno dell’Unità operativa semplice di Psicologia del Gemelli», racconta la dottoressa Loredana Dinapoli, coautrice della ricerca.
Insieme ad altri colleghi, sono specializzata in psico-oncologia e da cinque anni lavoro presso la Divisione di Radioterapia Oncologica Gemelli Art, sotto la direzione del professor Valentini. In breve, dalla mia esperienza diretta, mi sono resa conto che l’aspetto spirituale, in genere, è poco considerato in questo settore, mentre per i pazienti è molto importante e spesso hanno voglia di parlarne.
Anti-ansia da riscoprire
La spiritualità è considerata un fattore molto intimo e personale, motivo per cui medici e psicologi spesso non vi si addentrano: tuttavia si tratta di un tassello essenziale nella vita delle persone.
L’insorgere di una malattia, poi, può essere occasione di riscoprire la fede, ma anche di perderla o di ritrovarla.
Molti malati, alla diagnosi e durante le terapie, vanno in crisi, mettendo in discussione anche i valori più profondi oppure riscoprendoli. Tuttavia, in letteratura l’aspetto spirituale è stato indagato principalmente nella fase del fine vita, quando diventa un estremo rifugio. È interessante, invece, spostare lo sguardo sulla fase attiva della malattia, in cui la fede può diventare una spinta a guarire.
Così la ricerca tenta di approfondire come il benessere spirituale possa correlarsi non solo alla gestione di ansia, depressione e distress, ma anche, in positivo, alla resilienza. E si concentra su persone colpite da tumore cerebrale «perché, pur essendo per fortuna neoplasie rare, sono quelle con la prognosi peggiore, e che, di fatto, “rubano” il maggior numero di anni di vita», spiega la dottoressa Dinapoli.
Dunque questi pazienti sono i più ansiosi, depressi, nonché quelli che più hanno bisogno di dare un senso a ciò che stanno vivendo. Inoltre il tumore cerebrale può provocare dei cambiamenti nella personalità, e riuscire a focalizzarsi sull’aspetto spirituale si è rivelato utile anche in questo. I pazienti si sentono maggiormente compresi e attenzionati.
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Diverse confessioni
La ricerca è in corso da un anno, e si concluderà appena raggiunti i 100 reclutamenti.
Fin dall’inizio abbiamo notato che i pazienti con una sfera spirituale più forte reagiscono meglio alla malattia. Stiamo parlando non solo di fede e preghiera, ma anche di coloro che si dedicano regolarmente alla meditazione e alle pratiche di gratitudine. La maggior parte delle persone reclutate sono cattolici praticanti, ma un buon numero segue altre confessioni: io stessa ho avuto pazienti musulmani e buddisti. Alcuni degli intervistati non sono credenti, ma hanno comunque una spiritualità molto forte, e anche questo ha dimostrato di generare effetti positivi. Chi crede in qualcosa ha una maggiore resilienza, maggiore capacità di tornare a uno stato di benessere dopo un momento critico.
Buone pratiche
Alla luce di questi risultati, quali potrebbero essere le buone pratiche all’interno di ospedali e luoghi di cura, per favorire il contatto dei pazienti con la propria parte spirituale?
Sicuramente, sapere che la fede è una variabile importante nel processo di cura, deve far sì che l’aspetto spirituale venga non solo demandato al cappellano, ma anche allo specialista: in fase di malattia se ne devono occupare gli psicologi per primi. Esistono infatti diverse tecniche per favorire il contatto con la parte spirituale: dalla terapia ad espressione corporea, anche attraverso arte e musica, alla meditazione, ai seminari di yoga e ai “Diari della gratitudine”: si tratta di dare strumenti di self caring che il paziente può gestire da solo quotidianamente, per stare meglio.
L’obiettivo futuro?
Indagare e comprendere sempre più a fondo in che modo la fede si correla con il processo di cura e approfondire il tema a lungo termine, nei pazienti con maggiore aspettativa di vita. Inoltre c’è la volontà di ampliare le ricerche sul tema in ambito oncologico, ma in generale anche alle patologie più diffuse.
Alcuni percorsi sono già in atto al Gemelli, dove il tema della spiritualità è da sempre molto sentito.
Tra Roma e Bari
La ricerca a cura dell’Uos di Psicologia del Gemelli e della Radioterapia Oncologica Gemelli Art, dal titolo Spiritualità, resilienza e profilo psicologico dei pazienti con tumore cerebrale in radioterapia, è iniziata nel novembre del 2019 al Gemelli Art, ed è stata approvata dal Comitato etico, diventando uno studio multicentrico in collaborazione con la struttura complessa di Radioterapia Oncologica dell’Ospedale Generale Regionale “F. Miulli” (Miulli Art) di Acquaviva delle Fonti (Ba). L’obiettivo è reclutare 100 pazienti fra Roma e Bari. Ogni volontario viene intervistato e sottoposto a cinque questionari, che toccano vari aspetti della spiritualità, del benessere psicologico e del sistema di credenze.
Diari della gratitudine
La gratitudine può essere definita come un «atteggiamento che consente di notare e apprezzare il positivo nel mondo». Focalizzarsi sulle ragioni per cui essere grati ogni giorno nella propria vita promuove il benessere psicologico, pertanto si può prendere la buona abitudine di stilare un “Diario della gratitudine”, appuntando ogni giorno gli eventi positivi che ci sono accaduti e rendendo grazie per essi. È un valido strumento di auto-aiuto, usato anche come tecnica in ambito psicologico, che può portare chi lo compila, giorno dopo giorno, a vedere il buono che c’è nella propria vita, evitando di concentrarsi sugli aspetti negativi.
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Un oggetto che dà forza
Nelle sedute psicoterapiche individuali, si usa una tecnica che si chiama “Installazione della risorsa spirituale”: quest’ultima punta a stimolare la scoperta e l’utilizzo positivo del proprio sistema intimo di credenze. In che modo? Lo psicologo aiuta il paziente a trovare una figura o un oggetto spirituale di riferimento che possa accompagnarlo nei momenti più difficili. «Nella fase di cura questa tecnica è una grande risorsa per i malati, che portano dentro di sé l’immagine mentale di una risorsa spirituale anche quando devono sottoporsi alla radioterapia, un momento terapeutico spesso molto impegnativo per i pazienti», spiega la dottoressa Dinapoli.
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