E’ una cantautrice, giovane ma con tanta vita da raccontare. Un talento che mostri sacri della discografia italiana e francese avevano trovato eccezionale, ma con un rapporto con la musica conflittuale. Si avvicina pericolosamente al mondo esoterico, fino alla soglia estrema. Chi la ferma, chi la salva? Dove c’è pericolo mortale c’è sempre la Madonna e tra noi e l’inferno c’è il cuore misericordioso di Cristo. Che non ci salva senza di noi: vuole il nostro sì, la nostra libera volontà. Lucia ha una storia da raccontare. Bellissima, che viene quasi da cantarla.Ci siamo sentite al telefono, qualche giorno fa. Lucia ha una voce che rapisce anche solo sentendola parlare. Mi ha presa nella sua corrente impetuosa di musica, pensieri, pezzi che sta scrivendo, vite da custodire, amore prorompente a Cristo. E questo coperto come da un certo pudore. Non so se proietto, perché è una cosa che ritrovo anche in me, ma mi è perso di intravvederlo. Cristo ci ama personalmente, specificatamente, direttamente e per giunta in modo esclusivo. E siccome è Dio, in modo paradossale, allarga questo amore irripetibile e “sartoriale” a tutti, un cuore alla volta, una vita alla volta. Chi è Lucia Lombardo? Una cantautrice. Lo si può, anzi, lo si deve dire subito. Perché più che di mestiere, di vocazione si tratta. Di un talento che le è inciso a fuoco sulla pelle e più in profondità.
Una cosa da midollo osseo, quello dove si fabbricano le cellule del sangue. Ecco, là nasce la sua musica. Non conoscevo la sua storia ed è ora, invece, che la si conosca per bene un po’ tutti. Nasce e vive, inquieta, a Carugate, in provincia di Milano. Intelligente e insoddisfatta, sempre ribelle, come si definisce lei, scappa di casa ancora minorenne. Si ritrova a Bologna, con la sua chitarra, il suo residuo fisso di rabbia, una borsata di domande e la musica che le esce da tutti i pori. Incontra per caso, che non è mai tale, Renzo Fantini. Ammetto la mia ignoranza, non sapevo chi fosse, ma per chi balbetti qualcosa di musica italiana e produzioni discografiche degne di nota il suo è un nome cubitale: un gigante, un genio. Un uomo buono e provvidenziale, per la nostra Lucia.
Dunque Fantini la incontra che è appena fuggita di casa e per prima cosa vuole avvisare i suoi genitori. Lucia accetta ma prima negozia: “ascolta la mia musica poi ti do il numero dei miei”. E così sarà: non solo ascolta la sua musica ma sente davvero quello che questa ragazza geniale e intensa ha come potenziale. Fantini è quello che ha prodotto Guccini e Paolo Conte, per intendersi. Francesco Guccini, che Lucia conoscerà di persona e che le dirà di tenere d’occhio le prime file ai suoi concerti quando riempirà gli auditorium. Eppure, adesso, ogni tanto, si sente una Ferrari in garage. Me lo ha detto un paio di volte nella nostra chiacchierata. Ci ho pensato su: lei, come nessuno di noi, come chiunque restasse per un certo tempo poco valorizzato dal mondo, non è semplicemente lasciata da parte. Quando è così siamo mortificati, forse, ma anche custoditi. Nascosti in un’ombra benefica, come si fa coi bulbi in autunno. Cipollotti sporchi di terra, chiusi in piccoli sacchi di iuta, al buio. Perché possano fiorire come si deve quando è ora e dare finalmente spettacolo.
A fine ottobre è uscito il suo ultimo singolo, Pietre: ascoltatelo e ditemi dove vi trovate. Io sulla sabbia che brucia, dietro a quelli coi sassi in mano, a spiare il Nazareno che parla alla donna guardandola negli occhi, a pochi centimetri dal suo viso tutto martoriato e sporco.
C’è un momento, nella vita di Lucia, che è una svolta. Lucia vedrà coi propri occhi l’abisso del male e quanto gli si fosse avvicinata, senza saperlo, ma non senza responsabilità. Sarà una domanda a salvarla, prima ancora della risposta.
Ecco, in poche ribollenti parole, la sintesi dello scontro incontro tra un’anima e il suo Salvatore. Ma ora faccio parlare Lucia, io cercherò di essere una buona spalla.
Sono scappata di casa a 16 anni, mi ritrovo con una chitarra in mano a suonare per le strade di Bologna. Finisco a casa di studenti, vicino c’è una casa discografica, busso, fanno per cacciarmi via, non avevo il demo. Ma c’era Renzo Fantini che apriva la porta. Lo seguo nel suo studio, vedo i dischi di Paolo Conte, Vinicio Capossela… -Dove caspita pensavi di essere? -mi dicono. Appena scopre che sono scappata di casa vuole avvisare i miei, allora lo ricatto: “Ti faccio sentire un pezzo poi ti do il numero dei miei”. Suono, canto. Lui si avvicina…si avvicina: “Mi sa che io e te facciamo un disco”. Teo Ciavarella del Dams mi chiede: “Tu lo sai chi è lui?”.
Procede per immagini Lucia, con un montaggio di scene significative:
Sono in giro, per Bologna. Arriva un’auto, scende un “pinguino” con il mio nome, “Fantini ti vuole”. E da lì inizia tutto.
Uscirà nel 2007 il tuo primo disco, Il passo dei Lupi, che colpisce subito critica e pubblico.
Il disco è stato recensito da Massimo Cotto, Vincenzo Mollica, ho suonato con gli Avion Travel. Ho iniziato a fare cose con persone importanti. Ero una ragazzina dalla quale non ci si aspettavano testi impegnati, cantautorali e nemmeno una musica di quella qualità. Suscitavo attenzione, su di me iniziarono a pesare tante aspettative. E io restavo un po’ una sorta di cane randagio. Ad un certo punto ho conosciuto un artista francese. L’ho seguito, sono andata con lui a Parigi, per la nostra relazione ma anche perché cercavo un sound internazionale. Nella capitale francese mi metto alla ricerca di un contratto discografico. La storia con quel ragazzo finisce. Devo andarmene: torno in Italia, ma in Italia non ho più niente. Quando sono tornata ho visto tutto sfaldarsi davanti ai miei occhi. Mi ritrovo ospite a casa di un amico, con 5 euro in tasca.
Sembrano tante vite in una sola. E a quel punto cosa succede?
Accade questa cosa: mi appassiono di esoterismo, perché sembrava un mondo bello e soprattutto consolante. Procedo un po’ a salti, ora, i dettagli sarebbero tanti ma non servono tutti. Ad un certo punto ricevo un’email da Parigi, “vieni qui, facciamo un’audizione perché sei una cosa pazzesca”. Torno a Parigi, mi ritrovo in uno studio di registrazione. Siamo quasi pronti a registrare. Non ho spento il telefono, mi chiamano: “è morto Renzo Fantini”. Interrompo l’audizione, lascio tutto lì, me ne vado. Torno in hotel, mi metto nella vasca per ore. Questa notizia mi schianta: Fantini mi aveva fatto da padre e in quel momento io mi sentivo in colpa, perché gli avevo detto troppo poco quanto gli volessi bene.
Come vi eravate lasciati prima che tu te ne andassi?
Il nostro ultimo incontro avvenne quando finisce la relazione con l’artista francese. Fu un incontro desolante. Ristorante vuoto, siamo soli, lui ed io: gli racconto quello che avevo vissuto, gli dico che avevo sbagliato. Lui mi risponde che non può fare più niente per me. Non so se è perché già sa di essere molto malato o per un altro motivo. Ad un certo punto per me arriva un momento cruciale. Sono a casa del mio amico, decido di pianificare il mio suicidio: (“Tranne te” – pezzo ancora inedito – parla di questo momento). Solo le persone che hanno tentato il suicidio sanno quanto puoi essere deciso. E allora è successo: so che non è stato ingannevole.
Cosa?
Ho sentito una presenza che mi ha detto “Che cosa scegli?”. Nella mia coscienza la determinazione era tanta. Ma quella voce era nitida. Sembrava una comunicazione non terrena, la percezione era di una presenza che aveva una grande autorità: era severo nel dirmi quella cosa e mi ha fermata.
Era il Signore? Come sai che non te lo sei sognata?
Te l’ho detto: io so che non è stato un inganno e anche che Chi parlava lo faceva con vera autorità. Però il giorno dopo ho continuato a praticare la mia visione esoterica della vita. Meditazione, cartomanzia; in un ambito culturale elevato. Per esempio masticavo libri di fisica quantistica, mi interessavo di reiki e apparentemente stavo bene. Ma ho lasciato la musica, non volevo più suonare.
Questo fatto è interessante. Dio stesso che ti parla nell’intimo ma la tua libertà rimane ancora legata a quella vita lì. La grande differenza è che eri ancora viva. E’ una cosa magnifica, a pensarci, e sembra di riconoscere proprio la Sua firma: ti ama, non vuole che tu ti perda ma nemmeno viola la tua libertà. E’ proprio il Signore. Ma come mai questo rifiuto per la musica?
Con la musica ho un rapporto molto conflittuale. I primi tempi quando ci siamo sposati, mio marito, il bassista dei Ritmo tribale, mi incitava a suonare, mi regalava chitarre: “dai suona!” e io le tiravo per terra.
Impossibile non seguire col cuore in gola la trama di questa tua doppia conversione, in entrambi i casi un ritorno a casa…
Ero alla vigilia di un momento importante del mio percorso esoterico, ovvero la consacrazione allo spirito guida. E mi ritrovo in chiesa: a seguito di tante paure relative alla mia gravidanza avevo familiarizzato con la figura della Madonna; la gravidanza poi era andata bene, l’esito era stato più che positivo. Per questo sono entrata in chiesa (quasi a voler “ringraziare”) e mentre sono lì leggo per caso questa frase che sembra fatta proprio a me e per la situazione che stavo per vivere: “Nessuno può servire due padroni”. Allora mi chiedo: dove vado se muoio? dove finisco?
Eccole, LE domande!
Cerco di sintetizzare, ci sarebbero tante cose da dire. Insomma entro in crisi e mi rivolgo a Gesù in maniera provocatoria. Non mi spiegavo il senso di quest’uomo sofferente, appeso a una croce. Da bambina ho frequentato il catechismo e mi ricordavo le espressioni che ci insegnavano “morendo ci ha salvato, con la sua croce”… ma io non capivo: salvata da che? E allora l’ho chiesto a Lui: “Ascoltami, se Tu esisti dimmi da che cosa mi hai salvata”. Per me Cristo era solo un profeta e per la chiesa cattolica provavo un’ostilità profonda.
Perché la detestavi?
Io ero una ribelle e la vedevo solo come un insieme di regole, l’idea che me ne ero fatta generava in me tanta insofferenza. Tornata a casa, quella notte faccio un sogno. Vedo la mia amica cartomante in mezzo alla nebbia che mi chiama: “vieni Lucia, non aver paura” e sento una voce fuori campo che mi ridice la stessa frase di anni prima, “Ma tu che cosa scegli?” Il volto della donna, prima bello, diventa mostruoso, si rivela per quello che è; e mi viene mostrato l’inferno.
La mattina dopo non ero più la persona di prima.
Avevo ben chiaro da che cosa ero stata salvata. Ho abbandonato in modo totale e definitivo il mondo esoterico. Mi sono confessata, ho fatto la comunione: da quel momento mi è entrata una gioia che non avevo mai provato in vita mia, un sentimento di amore e di accoglienza tale…Non avevo mai sentito questo amore, come quello che viene da Gesù. Da allora non ho più lasciato i sacramenti e la preghiera. Ho fatto solo un pellegrinaggio, in Terra Santa.
Sei una che va dritta al sodo, che si concentra sui muri portanti di questa che ora senti come casa tua
La mia è una fede molto razionale, ho i fondamentali, mi nutro di messa, rosario, Comunione.
Questa dunque è la tua nuova vita, la tua conversione è avvenuta e in modo non proprio ordinario. Sai che quello che ti è toccato è di grande conforto anche per chi attraversa passaggi meno bruschi? Il mistero del male, visto così nella sua forma orribile e spaventosa, smascherato da Cristo in persona, ci ricorda quanto è smisurata la sua misericordia, quanto è reale e necessaria la sua salvezza. La sola possibile. Ma a questo punto, la musica? Avevi ripreso a scrivere, a suonare?
Non ancora. Ma succede che a un ritiro spirituale arriva uno che non avevo mai visto, mi stringe il polso e mi dice: “guarda che i talenti non si devono mettere sotto la sabbia”.
La tua vita procede per incontri. E questo ti ha convinto a tirarli fuori da dove li avevi nascosti, i tuoi talenti?
Ho ancora un rapporto sofferto con la musica perché quando suono e scrivo è come se fossi in un altro mondo, come se finissi in un altro pianeta, tiro fuori sensazioni che mi piovono dall’alto e non è facile. Così mi capita di ricominciare a scrivere dei pezzi.
Anche qui sembra che tu ti sia come arresa, abbandonata a qualcosa
Sì, lo vivo così. Scrivo e scrivo, sono una macchina sforna-pezzi: ne ho scritto uno su una donna cui hanno strappato un figlio, c’è questo inedito che ti accennavo Tranne te , c’è il singolo Pietre. Ecco, Pietre è un pezzo che mi tocca da vicino.
Come nasce un brano? No, meglio: com’è nato Pietre, uscito il 23 ottobre, giusto?
Ad un certo punto sento delle note; e non se ne andava più questa cosa, sento delle note dentro di me. Il tema del pezzo è quello del giudizio, e vedo una donna trascinata davanti a Gesù, abbandonata dall’amante, che si è dato alla fuga, lei è lì, a terra. E tutti sono intorno a lei con una pietra in mano. Lo sguardo. La canzone parla di quello sguardo tra lei e Gesù. “La pietà che hai per me non l’avranno con te”…
Allora veniamo alla prima domanda che mi molesta da quando ho incontrato la tua storia e ancora di più ora che ci hai fatto intravvedere la forza selvaggia della tua musica e anche della tua conversione. Che c’entra con te la “christian music”? Non ti sta stretta questa definizione? Non basta che la musica sia bella, che sia autentica? Deve “dare un messaggio” a tutti i costi?
(sorride) Non mi interessa essere identificata con la categoria christian music. Non è che mi siedo e decido di parlare di Gesù. Io scrivo di quello che vivo, che vedo, che mi tocca e mi interroga. Io sono una cantautrice, punto. Scrivo di uomini, di donne, di migrazioni, di storie, di tutto quel che mi colpisce. Non mi piace essere catalogata. E soprattutto non pretendo che la mia musica abbia la missione di convertire nessuno. Non pretendo nulla dalla mia storia. Quello che amo fare è scrivere pezzi e quindi di conseguenza è il mio lavoro. (Certo, non è bello sentirsi una Ferrari in garage…). Vivo la musica da musicista: mio marito è un bassista rock, mi confronto spesso e volentieri con persone non credenti. Devo anche dire che non conosco molto bene il mondo della christian music. Ho conosciuto i Reale e sono persone bellissime, fanno musica di qualità. Si sono innamorati di Pietre al primo ascolto e mi hanno dato un bellissimo touch al pezzo. Gli sarò sempre riconoscente per i tre bellissimi giorni trascorsi insieme. Come sono riconoscente alla mia etichetta Bagana e alla mia manager Roberta Gerli (della Gerli Music Management). Purtroppo rimango un lupo solitario e non è facile starmi dietro (lo sa bene mio marito…), è il mio modo di vivere. Ero spirituale già prima della mia conversione, nella scrittura dei pezzi. Mi viene in mente ad esempio Oceano, un pezzo che parlava di immigrazione. Sentivo questo schiavo morto in mare, nel 1770 e la canzone è la descrizione di quello che vede lui ora. Un altro esempio di come concepisco e faccio nascere i miei pezzi: ieri ho litigato con mio marito. E allora ho preso e ho come ingrandito questa emozione, l’ho enfatizzata per sentire il dolore di questa esperienza in tutta la sua potenza: e da lì è nato un altro pezzo.
Non senza travaglio immagino. Sono pezzi “senza epidurale”, se mi permetti questa metafora ostetrica. Cosa chiedi allora alla tua musica e a te stessa, cosa ti aspetti dalla tua vita di convertita alla fede in Cristo salvatore?
Io racconto la mia storia, posso fare solo quello. Non sono io che converto le persone.
Vedete com’è Lucia? Selvaggia, autentica, sottile come un giunco, sensibile e femminile ma anche dura come roccia.
Sequenza di domande da credente a credente: La tua preghiera preferita?
Rosario
Misteri preferiti?
Dolorosi
Mistero preferito?
Il quinto
(lascio qui, in una piccola parentesi la dolcezza e la gratitudine di essersi trovate vicine. Io pure mi ritrovo come lei a contemplare con particolare commozione il quinto mistero dove Cristo sembra avere dato già tutto e invece ancora deve lasciarci Sua mamma, la Nostra, in regalo..)
Ripenso alla Via Crucis di Papa Francesco: quella in cui le meditazioni delle diverse stazioni erano affidate ognuna ad un carcerato. Questo è il mio modo di vivere la fede. Io vedo Dio nell’umano. Lo vedo lì.
Nell’uomo più ferito e sfigurato? Quello che sembra spacciato?
La chiesa deve essere in uscita. Il pezzo Tranne te l’ho suonato con musicisti non credenti e quando l’hanno sentito gli si sono attorcigliate le viscere. Quando senti che questa cosa arriva, arriva a chiunque. Sono uscita dallo studio e il fonico mi ha detto “questo pezzo mi ha ammazzato”. Io vivo e racconto la mia storia. La mia musica non ha la missione di convertire, è vero, però se non mi fossi convertita non avrei mai ricominciato a suonare. Storia personale e musica si intrecciano. Sono una cantautrice che ha qualcosa da dire. Se penso alla mia storia e all’interesse che può suscitare…ecco io non voglio focalizzarmi troppo su quell’aspetto se no divento il fenomeno della ex strega convertita. Sono una che è stata amata. Di questo si tratta: ho una vita diversa perché mi sono ritrovata amata.
Scusa Lucia, mi viene un po’ da piangere. Provo a “cambiare sound”: musicisti che ami?
Amo molto i Temple of the Dog, i Pearl jam, Johnny Cash. Amo particolarmente la ricerca di un sound che non suoni troppo italiano. Mi spiego meglio: gli arrangiamenti italiani hanno questa caratteristica che tendono a riempire sempre tutto.
Tipo horror vacui! Un po’ come i miei disegni di quando ero bambina (aspetta che ci aggiungo un fiorellino, qua sotto ci sta anche un bel gatto. Aspetta che metto la palla rossa così il gatto ci gioca)
In Italia si tende a riempire, sì. Invece bisogna trovare le cose giuste al momento giusto. Anche nel passaggio “nel buio io mi nascondevo ai tuoi occhi”, sempre in Pietre, la chitarra l’ho proprio voluta così: volevo che graffiasse, che desse quell’impressione. Sono grata per il fatto che ora scrivo di nuovo: il fatto di aver scritto ieri questo pezzo per me è tantissimo, ti assicuro. Anche prima di convertirmi non sono mai scesa a compromessi. Non ho mai tradito la mia natura.
E’ solo che ora è la tua natura ad essere stata guarita, ad essere in via di guarigione per mezzo della grazia. Possiamo dire così?
Sì, anche se c’era già qualcosa di radicalmente autentico. Ricordo che Renzo Fantini mi disse che quando sentiva i miei pezzi era così smosso, toccato nel profondo che nemmeno con quelli di Paolo Conte. E questa cosa non puoi lasciarla tacere troppo a lungo…
Fantini era credente?
Una volta gliel’ho chiesto: Renzo, tu credi in Dio? Mi ha detto: “Sai bimba, c…o ne so?”. Ma era un uomo buono, se penso a come mi ha fatto in qualche modo da padre. Io lo penso in Paradiso.
Perché ora tu hai ben chiaro da cosa ci ha salvato Gesù e soprattutto per che cosa: per la bellezza, la gioia. Chissà che musica, sentiremo una volta là. Conviene non farsi scappare l’occasione di andarci.