La Chiesa può assumere un ruolo guida nell’elaborazione delle teorie economiche che dovranno plasmare il nuovo ordine mondiale, quando il coronavirus sarà stato debellato. Cosa successe dopo la crisi del ’29 negli Usa con John A. RyanSe gli obiettivi appaiono ben chiari (terra, tetto, lavoro e ambiente per tutti grazie alla solidarietà sociale), i mezzi per raggiungerli non sono ancora stati messi a fuoco, nella seconda giornata della “Economy of Francesco” in corso ad Assisi. L’indice della felicità ed il microcredito etico sono concetti da tempo adottati, anche dalla Dottrina Sociale della Chiesa.
Quello che ancora non ha preso del tutto corpo è un approccio sistemico agli interrogativi aperti dalla crisi economica. Una crisi che la pandemia ha esasperato, ma secondo molti osservatori era presente si da prima nei nodi linfatici del sistema economico. La kermesse assisiate ha inoltre la caratteristica di potersi tenere (indipendentemente dalle intenzioni iniziali degli organizzatori) all’indomani delle elezioni americane, il cui esito ufficiale ancora non è stato annunciato, date le contestazioni di Donald Trump, ma che comunque segnano un momento di svolta.
La Chiesa, americana o no, si trova nella felice condizione di poter assumere un ruolo guida nell’elaborazione delle teorie economiche che dovranno plasmare il nuovo ordine mondiale, quando il coronavirus sarà se non debellato, messo almeno sotto controllo. Una bella sfida, una bella responsabilità. Ma non per questo qualcosa del tutto inedito, soprattutto se si guarda ad un passato lontano ma non lontanissimo.
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La crisi del 1929 e l’elezione di Roosevelt
Quando, nel 1929, la Borsa di Wall Street crollò in un mucchio di cenere, da pochi mesi Herbert Hoover, il candidato repubblicano alla presidenza, aveva ottimisticamente annunciato l’imminente “trionfo definitivo sulla povertà”. Mai previsione fu altrettanto sballata. Basta leggere un qualsiasi romanzo di Steinbeck per rendersi conto di quanto esplosiva fosse la situazione economica e sociale venutasi immediatamente a creare.
Il socialismo – magari di stampo bolscevico: i quagli anni migliaia di americani vanno volontariamente a lavorare a Mosca per realizzare la metropolitana – pareva essere una prospettiva rivoluzionaria ben concreta. Pochi anni dopo, invece, Franklin Delano Roosevelt sarà eletto presidente. Si noti: grazie ad un nuovo blocco elettorale cui facevano parte italiani, polacchi ed irlandesi. Insomma: eletto anche con i voti dei cattolici; e questo segnerà un’inversione di tendenza nella Chiesa statunitense, che, abbandonate le sue tradizionali posizioni conservatrici, appoggerà completamente – almeno sino al 1937 – le idee e l’operato del teologo ed economista John A. Ryan.
Ryan è un sacerdote impiccione: si interessa di teologia morale, certo, ma da questa passa senza soluzione di continuità alla sociologia e all’economia. Per dire: il suo contributo più importante a queste ultime due materie consiste nella riformulazione della sua dissertazione di dottorato. Si intitola “A Living Wage” ed è dedicata al salario minimo garantito. Qualcosa di impensabile, all’epoca.
Del New Deal Ryan apprezza il ricorso, per la soluzione della crisi, agli interventi statali diretti: una linea caldeggiata da quel cattolicesimo sociale americano che, ancorchè attivo e vitale, aveva fino a quel momento svolto un ruolo marginale all’interno delle gerarchie locali. Ma non solo. Sulle grandi tematiche del lavoro, a fronte di una storia evolutiva che risale alla Rerum Novarum di Leone XIII – il primo documento del Vaticano che sanciva i diritti primari dei lavoratori pur invitando alla moderazione e ammonendo contro i guasti del socialismo -, è innegabile che il programma rooseveltiano contenga molti punti del piano di legislazione sociale formulato da Ryan tra il 1905 e il 1916 (e fondato sull’equilibrio fra base etico-religiosa e impianto economico-sociale).
Le idee di Ryan sul New Deal: il nodo proprietà privata
Un punto era teologicamente ed economicamente imprescindibile: l’accettazione della proprietà privata come “diritto umano inalienabile“. Su questo Papa Francesco, stando almeno alle prime pagine della Fratelli Tutti, non pare essere del tutto d’accordo, il che fa di Ryan una potenziale pietra d’inciampo, ma anche le pietre d’inciampo hanno la loro funzione, nell’immenso ed imperscrutabile gioco della Storia.
Il teologo americano era stato, grazie alle sue intuizioni, l’ispiratore del Programma dei Vescovi per la ricostruzione sociale, un documento del 1919 di orientamento cattolico-progressista che affrontava i gravi problemi della disoccupazione stabilendo un salario minimo, l’assicurazione-malattia, il diritto all’associazionismo sindacale ma che metteva in guardia, preconizzando, dai guasti del socialismo che “avrebbe significato burocrazia, tirannia politica, impotenza dell’individuo nella strutturazione della propria vita, e in generale inefficienza e decadenza sociale”.
Ora, negli intenti rooseveltiani del New Deal vi è spazio per le formulazioni sociali di Ryan, chiamato a dare consulenze da due stretti collaboratori del Presidente, Thomas Walsh e il senatore Frank J. Walsh. Ryan, intanto, agisce con il pieno consenso del Vaticano in un breve periodo (sei-sette anni in tutto) in cui, in Usa, una forma di cattolicesimo sociale avanzato sembra prevalere sul timore di una svolta comunistica.
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Il suo continuo rifarsi all’enciclica Quadragesimo Anno di Pio XI – il cui orientamento verso una reale azione sociale cattolica ebbe negli States un impatto ben maggiore di quello europeo – permette a Roosevelt addirittura di citare più volte in campagna elettorale il testo pontificio, definito “uno dei maggiori documenti dell’era moderna”.
Sono, questi, gli anni in cui l’apporto del voto cattolico americano si stacca dalla linea tradizionale conservatrice – poi massicciamente ripresa, riesplosi i timori verso le degenerazioni internazionali del socialismo, dalla rigida politica del cardinale Spellman ai tempi della Guerra fredda – pur mantenendo fermo il principio dell’inalienabilità della proprietà privata, sintetizzato proprio da Ryan nelle parole di fiducia e di sostegno al New Deal: “Se si riuscirà a salvare il sistema capitalistico negli Stati Uniti, ciò avverrà attraverso la politica del Presidente Roosevelt”. Non c’è niente di più nuovo di quanto non sia stato edito, niente di più giovane di un vecchio testo.