Un anniversario di morte tuttora spacciata come liberazione: il 18 novembre del 1920 la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa inaugurava le legislazioni sull’aborto libero e gratuito. Un’epoca di menzogna e schiavitù per l’umanità, braccata nei suoi membri più preziosi e fragili: le madri e i bambini.Che fiume in piena di dolore, menzogna e soprattutto morti innocenti. Quante vite perse, quanti popoli si sono ammalati per la diffusione, sempre quasi per via aerea, della stessa tossina. Esattamente cento anni fa uno stato totalitario offriva alle donne e al popolo intero un frutto avvelenato nella legislazione dell’aborto.
Da allora argomenti e slogan per promuoverlo diffonderlo e difenderlo non sono cambiati poi tanto: è per la liberazione della donna, per la sua emancipazione, e a difesa della sua salute.
Mentre ciò che si voleva e si vuole liberare è la società dell’impiccio della maternità e della fatica di tirare su nuove persone, inizialmente così poco produttive.
La maternità è di ostacolo al lavoro, alla ricchezza, al potere.
Il 18 novembre 1920 in Russia il Commissario Popolare della Salute del Popolo ed il Commissario Popolare della Giustizia del Popolo emanarono un #decreto congiunto «Sulla protezione della salute delle donne», che proclamava che l’#aborto era libero e gratuito.
In realtà era cambiata la scala dei valori: per l’ideologia sovietica (comunista) il valore supremo era il lavoro in fabbrica, la produzione; i figli che intralciavano il ruolo della donna lavoratrice andavano scartati. (semprenews)
Davvero le donne sono più libere?
Commenta la testata giornalistica della Comunità Papa Giovanni XXIII. Che si domanda, senza retorica: l’aborto ha reso le donne più libere?
Se lo chiede davvero poiché ha un elenco di risposte vive, straziate, fatte di donne vere, incinte, lasciate sole o peggio vessate fino a cedere all’aborto e quindi alla morte del figlio e in differita anche di sè stesse.
Le storie che come Comunità Papa Giovanni XXIII abbiamo conosciuto in questi anni, rispondendo alle richieste di aiuto che arrivano al numero verde o al numero whatsapp ci fanno dire che l’aborto è una nuova forma di schiavitù delle donne del XX e del XXI secolo, più insidiosa di quelle del passato perché presentata come opzione, possibilità, libera scelta. Non per nulla una delle leader del movimento femminista statunitense del secolo scorso, Alice Stokes Paul, definì l’aborto «la forma finale di sfruttamento delle donne». (Ibidem)
Anziché organizzare la società e il lavoro intorno alla famiglia, si sacrificano queste alla produttività
Quando la gravidanza non ha le caratteristiche previste da questa società (in sostanza se la donna non è in grado di farsi carico per intero del bimbo perché non ha una famiglia, un lavoro stabile, ecc.) il bambino deve essere eliminato.
Frutti amari per tutti
In questi anni non abbiamo incontrato libertà ed autodeterminazione, ma solitudine, abbandoni, ricatti, violenze, disistima e un mare di indifferenza della società e delle istituzioni verso la mamma ed il bambino. (Ibidem)