Con il nuovo dpcm del premier Conte non cambia nulla (eccetto l’autocertificazione per andare a messa nelle zone rosse), ma i vescovi invitano al massimo rigore per le attività “in presenza”.
Emergenza covid, nessuno stop alla messa comunitaria, neppure nelle zone rosse della Penisola. Lo ha chiarito il direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei, Vincenzo Corrado.
Corrado ha precisato, in relazione alle richieste di chiarimento legate al Dpcm del 3 novembre che «il provvedimento, come noto, divide l’Italia in tre aree – gialla, arancione e rossa – a seconda del livello di rischio. L’inserimento di una Regione in una delle tre fasce di criticità, ha spiegato il Presidente del Consiglio, avverrà con ordinanza del Ministro della Salute che recepisce l’esito del monitoraggio periodico effettuato congiuntamente con i rappresentanti delle Regioni».
Le regole per l’accesso in chiesa
Dunque, afferma Corrado «circa le celebrazioni, il testo precisa nuovamente che ‘l’accesso ai luoghi di culto avviene con misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi. E tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro’ (art. 1 comma 9 lettera p)».
Confermato il protocollo
Come già nei precedenti Dpcm «viene chiarito che le celebrazioni con la partecipazione del popolo si svolgono nel rispetto del protocollo sottoscritto dal Governo e dalla Conferenza Episcopale Italiana, integrato con le successive indicazioni del Comitato tecnico-scientifico (articolo 1 comma 9 lettera q)».
“Consapevole prudenza”
Riguardo alle catechesi e allo svolgimento delle attività pastorali, alla luce delle indicazioni del Dpcm, la Segreteria Generale della Cei «consiglia una consapevole prudenza; raccomanda l’applicazione dei protocolli indicati dalle autorità. E una particolare attenzione a non disperdere la cura verso la persona e le relazioni, con il coinvolgimento delle famiglie, anche attraverso l’uso del digitale».
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“Nelle zone rosse evitare momenti in presenza”
Già l’Ufficio catechistico nazionale con il documento ‘Ripartiamo insieme’ aveva suggerito alcune piste operative. «In particolare, per le zone rosse, la Segreteria Generale invita a evitare momenti in presenza favorendo, con creatività, modalità d’incontro già sperimentate nei mesi precedenti. E ponendo la dovuta attenzione alle varie fasce di età», conclude Corrado.
La cautela delle diocesi sulle attività “dal vivo”
Ma, in generale, la cautela fa sì che si vedano ridurre le attività pastorali “dal vivo” nelle parrocchie e nelle diocesi del Paese. Non sono pochi i vescovi, scrive Avvenire (7 novembre), che hanno già invitato a sospendere il catechismo in presenza trasferendolo sulle piattaforme web, oppure stabilito di fermare gli incontri diocesani e parrocchiali.
Ancora, c’è chi ha sollecitato a rinviare le Prime Comunioni e le Cresime fissate nelle prossime settimane. Oppure a evitare che siano inviati i ministri straordinari dell’Eucaristia nelle case dei malati per portare il Santissimo Sacramento privilegiando la Comunione spirituale legata al periodo d’emergenza.
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L’autocertificazione per le zone rosse
In Lombardia sono intervenuti i vescovi con una apposita nota, per chiarire i comportamenti da tenere in chiesa. Il caso più comune è quello dei fedeli che si recano a Messa. «Se sottoposti a controlli da parte delle forze di polizia nello spostamento tra la propria abitazione e la chiesa e viceversa – si legge – potrà essere esibita l’autodichiarazione» con causale «stato di necessità».
Coro, Prime Comunioni e Cresime in Lombardia
In questo momento le liturgie non possono essere animate dal coro, che pure non può effettuare le prove. È però ammessa la presenza dell’organista e di tre cantori al massimo che, così come organisti o sacristi, possono spostarsi all’interno della regione autodichiarando le «comprovate esigenze lavorative (e ciò vale anche in caso di personale volontario)».
Le Prime Comunioni e le Cresime non sono state bloccate. Ma «vista la particolare situazione – esorta la Conferenza episcopale lombarda – è bene che il parroco faccia discernimento con la comunità cristiana (specie con il Consiglio pastorale o i catechisti) circa l’opportunità di celebrare i sacramenti nelle date fissate nel mese di novembre o se rinviare a un altro periodo».
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