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Afghanistan: la straordinaria nascita di 4 gemelli in mezzo alle bombe

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 09/11/20
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L’inferno della guerra in Afghanistan non scoraggia le donne dal diventare madri, testimoniando con la nascita di tante nuove vite una grande speranza nel futuro.L’edizione del 5 novembre scorso del Corriere della Sera Buone notizie riporta un articolo sulla quasi dimenticata guerra in Afghanistan che, insieme agli orrori che la connotano, racconta momenti gioiosi di vita nascente che aprono alla speranza. 

Ogni giorno un centinaio di parti

A Khost esiste un ospedale materno-infantile gestito da Medici senza Frontiere affidato attualmente a Marina Castellano, infermiera torinese di 58 anni. Proprio lì, qualche giorno fa, si è registrato l’ultimo attentato che ha causato sei morti e decine di feriti. Ogni giorno, in mezzo all’esplosione delle bombe e al crepitìo dei kalashnikov, avvengono un centinaio di parti: insieme alla morte è presente la vita testimoniata dalle grida di gioia e pianto di questi neonati che saranno costretti a diventare grandi rinunciando alla loro infanzia.

I bambini che nascono in mezzo alla guerra in Afghanistan

Marina, presente in quella terra martoriata che le è entrata nel cuore per la seconda volta, confida quale grande emozione sia vedere venire alla luce un bambino e tutto ciò che ruota intorno alla sua nascita, specialmente in un contesto come quello in cui sta duramente operando.

Anche nel nostro ospedale – racconta – capita che la guerra in qualche modo interferisca nella vita delle donne che devono partorire e nella vita dei bambini perché spesso queste donne vivono in villaggi lontano dalla città dove ci sono combattimenti e nel momento del parto non possono accedere alle cure necessarie, oppure non possono arrivare in ospedale in tempo perché la strada non è sicura o magari vengono colpite durante il tragitto da casa all’ospedale. (Ibidem)

Essere famiglia nonostante la guerra in Afghanistan è tutto

Ma a dispetto di tutto ciò ci sono le famiglie, quelle tantissime famiglie che nonostante l’inferno della guerra si ostinano a volere figli.

Perché essere famiglia in Afghanistan è importantissimo, avere una famiglia numerosa fa parte della cultura afghana ma soprattutto significa essere famiglia davvero, cioè aiutarsi gli uni gli altri, supportarsi, stare insieme, condividere. La famiglia è veramente al centro della vita in Afghanistan. (Corriere)


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La nascita di 4 gemelli

Fra i momenti straordinari che Marina ha vissuto in questo ospedale ce ne è uno il cui ricordo è indelebile, il parto di 4 gemelli, che racconta così:

Ad avermi colpito – al di là dei 4 gemelli che pesavano tutti più di un chilo ciascuno e il parto è avvenuto in modo naturale – è la serenità, il coraggio e la gioia che si leggeva in faccia alla madre. Non si è mai lamentata, non ha mai chiesto nulla a nessuno per il dolore, ha affrontato il travaglio tranquilla e al momento del parto sorrideva nonostante la grande fatica. È stata bellissima ed emozionante l’immagine, che credo non dimenticherò, dei 4 bambini appoggiati sulla sua pancia e lei che li abbracciava tutti e 4 piangendo, così come piangevamo noi infermiere. (Ibidem)

L’ultimo attacco

Non tutte le situazioni evolvono così positivamente, spesso a causa dell’interferenza della guerra in momenti cruciali del travaglio: Marina racconta ciò che è avvenuto nell’ultimo attacco, quando una donna appena giunta in ospedale a termine gravidanza con il bambino già morto è stata colta da una violenta emorragia. La sala operatoria non poteva essere utilizzata a causa del grave pericolo causato dai violenti scontri in corso per cui se ne è dovuta allestire una di fortuna all’interno della saferoom – in cui il personale e i ricoverati si erano rifugiati – dove la paziente ha subito il cesareo che almeno ha permesso a lei di sopravvivere.

Vicende che purtroppo in quel Paese sono all’ordine del giorno, ma come abbiamo visto non scoraggiano le donne afghane a credere nel futuro e mettere figli al mondo nella speranza di un domani migliore, per le loro famiglie innanzitutto.