Dal pensiero filosofico della futura Santa Teresa Benedetta della Croce, una riflessione cruciale sulla verità e sulla bellezza dell’educare.
L’educazione: la professione più nobile di tutte
Tutto ciò che penetra nell’intimo dell’anima umana la forma e la educa […] Ogni contatto con gli uomini, il loro esempio, il loro comportamento verso i giovani e verso gli altri sono di grande efficacia formativa anche se non ve ne è la minima intenzione. (Edith Stein, La donna)
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Riflettendo ancora sul tema sempre più emergente dell’educazione e di come sia mortificata, almeno nella sua forma scolastica, in questo periodo, ho avuto la grazia di tornare sul pensiero e la vita di una vera educatrice. Donna, filosofa, credente, colei che diventerà Santa Teresa Benedetta della Croce:
Entra in classe, tutta animata dall’idea che l’educazione dell’uomo in generale, e l’educazione della donna in particolare, sono la più nobile professione femminile. (Edith Stein, La donna, Introduzione, p. 9)
Edith Stein: la natura e la grazia messe al servizio dell’uomo
Già giovanissima Edith manifesta una spiccata vocazione all’insegnamento, oltre alle doti intellettive non comuni può vantare – e non lo farà mai! – una sensibilità eccezionale e una capacità di comprensione dell’altro che la rendono una vera maestra: amante della verità e della persona che le è affidata, senza che mai l’una confligga con l’altra.
Era per giunta una vera sgobbona. Diciamolo meglio: aveva fermezza e forza di volontà che applicava con rigore soprattutto a sé stessa e questo le dava indiscussa autorevolezza. Ma ciò che le consentiva un lavoro intellettuale intenso e prolungato non risiedeva in tecniche o talenti rari.
La fonte della sua forza: la preghiera
Sgorgava dalla preghiera, direttamente, quella sua “forza intima di concentrazione” come energia da una centrale nucleare in piena attività.
Come può essere diversamente? Più l’uomo si pone e si lascia condurre da Dio nel suo ordine, più orienta ogni sua facoltà a quella superiore e tutto se stesso verso Dio, più migliorerà in ogni suo aspetto. E la preghiera è l’esercizio soprannaturale che ci è più naturale: come creature umane, create e redente in Cristo, siamo fatti per passeggiare nel giardino con Dio, per intrattenerci con familiarità col Padre, per trovare rifugio e forza in Cristo, il Primo fra tutti.
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Per questo la preghiera, in Edith Stein, come nell’elenco sempre in aggiornamento dei santi, la rendeva più forte, più calma, più intelligente, più capace d’amore.
In lei era evidente che la grazia perfezionasse la natura.
Un albero nel giardino del Carmelo
E soprattutto la Stein è un albero robusto cresciuto nel giardino del Carmelo, oasi di preghiera raccolta e contemplativa, fucina di mistici che ancora e ancora affascinano e seducono anime, persino adesso.
Educare educandosi
Ma torniamo all’educazione secondo la Stein: per educare deve prima lasciarsi svuotare e trasformare dalla grazia.
apre il più intimo della sua anima all’influsso della grazia, lavora se stessa per giungere a impersonare la figura della donna caratterizzata da una piena serenità interiore ed esteriore. (Ibidem)
Ecco cosa conta innanzitutto: l’educazione non nasce come mestiere o abilità, semmai le esige e ne fa uso. L’educazione è un processo di conversione e maturazione costante dell’educatore.
Il suo temperamento equilibrato, la sua solida cultura, il suo amore imparziale per gli alunni, garantiscono la fecondità del lavoro didattico.
Sale in cattedra senza timore, ma anche senza vanità, per prestare il suo servizio – con parola infiammata, – all’educazione religiosa. Lascia la cattedra senza che l’applauso dell’uditorio possa sedurla o farle gustare la soddisfazione di un successo personale.
Nelle ore della sera, prende la penna per dimenticare se stessa nello studio dei problemi eterni dell’essere, per donare se stessa e glorificare il Creatore in questa attività creatrice. (Ibidem)
L’educatore non “fa niente”, ma media, promuove, influisce
L’educatore sa, il vero educatore si rende conto perfettamente che la sua azione pedagogica in sè stessa non è efficace: non è un atto che ottenga per sé stesso un effetto sull’animo del discepolo.
Poiché la vera educazione è sempre auto educazione, afferma la Stein. Che meraviglia, qui è tutto salvato: la libertà della persona del maestro e quella del discepolo; il mistero di queste libertà, il fascino della verità; la potenza del Creatore, che è anche il solo vero Educatore, e che agisce come “promosso” dall’azione dell’educatore ma di fatto “abilitato” dal discepolo ad agire nel proprio intimo.
L’educatore può influire sugli alunni in tre forme diverse: con la parola che istruisce; con l’azione pedagogica; con il proprio esempio.
Queste tre forme sono il mezzo con cui può muovere i suoi alunni ad una partecipazione intima al processo formativo. Infatti le possibilità dell’educatore si limitano a un semplice influsso esteriore. Può sforzarsi di far vibrare le fibre profonde dell’animo dei suoi discepoli; può offrire loro guida e aiuto. Ma la sua opera formativa resta sempre mediata, perché ogni educazione è auto-educazione; ogni formazione è auto-formazione. (dal trattato pedagogico dalle Opere di Edith Stein)
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I fanciulli hanno bisogno di ciò che siamo, non solo di ciò che abbiamo
L’educazione è l’educatore stesso, sono, i due, un’unità organica. Per questo, dice sempre la nostra, “i fanciulli a scuola hanno bisogno non solo di ciò che abbiamo, ma anche di ciò che siamo”.
Questo è il momento per ripensare l’educazione. Altro che DAD
Non sarebbe la cosa più importante da fare ora, proprio in pieno uragano da seconda ondata Covid-19? Non sarebbe una delle cose più sagge e strategiche quella di fermarsi a studiare, a ripensare e a rigenerare l’educazione prima di tutte le riforme scolastiche, di tutte le innovazioni didattiche, delle flipped class, del multimediale, di tutto quello che senza un uomo davvero vivente che lo maneggi per un fine degno diventa una discarica di ciarpame?
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