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Chi sono i protagonisti di “Economy of Francesco”? I giovani!

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 30/10/20
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La testimonianza di Serena, scout ed economista che vuole seguire le orme del Santo di Assisi Economy of Francesco è un grande movimento che coinvolge giovani da tutto il mondo, dopo una lunga gestazione dovuta alla pandemia che ha trasformato i ritmi del lavoro, costringendo anche i molti partecipanti a non potersi mai vedere di persona e a doversi accontentare di una fraternità virtuale, si arriva al primo step tra poco meno di un mese infatti ci sarà una tre giorni di incontri, animazione al cui culmine si saprà cosa queste migliaia di giovani, uomini e donne, hanno capito di se stessi e di come dare un contributo di rinnovamento al mondo economico e sociale in cui sono inseriti? Ma chi sono questi giovani? Aleteia ne ha incontrata una: Serena Ionta, 25 anni, originaria di Latina, romana di adozione e neolaureata magistrale in Economia alla Sapienza, scout e appassionata di San Francesco e del Papa omonimo: le abbiamo fatto qualche domanda per capire cosa l’abbia portata ad impegnarsi tutti questi mesi in un momento così difficile e complesso (ha anche discusso una tesi nel frattempo).


Economy of Francesco
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Una testimonianza di entusiasmo

A Serena chiediamo cosa l’abbia colpita del progetto “Economy of Francesco”: «La prima cosa che mi piace è l’originalità di un progetto del genere. Parlando tra di noi, con altri ragazzi di Economy of Francesco, ci siamo resi conto del fatto che è questo è il primo pontefice che mentre si occupa di voler comprendere l’economia, cambiarla, lo fa coinvolgendo i giovani» dice «Lo fa a partire dal Vangelo. E’ come se ci dicesse “Non voglio farlo coi professionisti, da essi mi faccio aiutare, ma voglio che dagli under 35 escano novità e freschezza”. E questo è esaltante».

E poi cos’altro? «La seconda cosa che mi piace è la scelta di Assisi, è una scelta teorica forte: il Papa è legato al santo di Assisi, ne ha preso il nome, ma è evidente che il Papa vuole far nascere un nuovo interesse verso il francescanesimo, proprio per la capacità di San Francesco di essere un santo di tutti, anche dei non credenti e quindi un segno di unità, anche tra di noi ci sono non cristiani, ma abbiamo tutti lo stesso obiettivo».

Sono questi i due aspetti che Serena vuole condividere con noi, due messaggi importanti e che forse tanti dentro e fuori la Chiesa non hanno ancora compreso: gioventù e radicalità del Vangelo, e subito tornano alla mente le parole di Papa Francesco al GMG di Rio del 2013 quando esortava quegli stessi giovani «Fate casino, contro l’illusione del possedere», a mettere in discussione le cose per come sono e per come si fanno, anche dentro le parrocchie e le diocesi. Ad essere radicali e radicati nel Vangelo. Si direbbe che il Papa avesse già iniziato la sua semina.

Un percorso di vita e di fede

Serena ci racconta un po’ di sé, «vengo da una famiglia cristiana attiva nel sociale» spiega «nella mia esperienza personale: io sono una educatrice scout, nel 2015 ho fatto “la Partenza“, che è il nostro impegno formale una volta finita la nostra formazione, a darci da fare nel mondo. Io l’ho fatto volendo conciliare la mia fede con la mia professione di elezione che è l’economia, che studio. Mi sono laureata proprio due giorni fa – sorride -. A 20 anni volevo seguire le parole del Papa come un impegno, e oggi lo porto avanti come parte della mia vocazione di cristiana di 25 anni». Per Serena non c’è un cammino che non parta dal Vangelo, e se nel 2015 si è messa a disposizione con un impegno formale, ci racconta anche della sua conversione, grazie ad una suora conosciuta a 19, una figura a cui è molto affezionata e che è diventata poi la sua madrina di Cresima a 20 anni. «Adesso in Agesci mi sono presa una pausa per occuparmi dello studio e di Economy of Francesco, ma resto a disposizione dell’Associazione». Ma dentro questa esperienza di cosa ti sei occupata? «Faccio parte del villaggio “CO2 of inequality”» spiega «in Economy of Francesco c’è un doppio percorso. Uno tematico e uno territoriale. Quello tematico sono i villaggi che si propongono degli obbiettivi teorici, io ad esempio lavoro sulla dignità della persona al di là della loro estrazione sociale o della loro provenienza, come? Lavorare sulla scolarizzazione, insegnare ai migranti la lingua, ecc, sono alcune delle soluzioni che abbiamo ipotizzato per restituire dignità alle persone»; e invece sul territorio? «Lì ci sono gli Hub – dice – io appartengo con altri nove a quello del Lazio, dove cerchiamo di tradurre quell’impianto teorico di EoF nella società sottostante. Io dopo il 21 andrò nella mia diocesi di Latina per sensibilizzare il territorio. Ci sono con noi anche associazioni e piccoli imprenditori e manager. L’Hub nostro si riunirà a Castel Gandolfo presso una struttura dei Focolari. O almeno, Covid permettendo…»



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Una comunità allegra

«Italiani e sudamericani siamo tantissimi, ma anche dall’Africa e dall’Asia, ragazzi e ragazze pazzesche solari e preparate» dice ancora Serena. Nei gruppi ci sono persone di tutte le competenze, spesso economisti, ma anche manager, laureati in scienze politiche, in pedagogia, persone giovanissime neolaureate o ricercatori inseriti in prestigiose università. E’ una comunità ampia. Ma quali sono i prossimi passi? «Noi da questo HUB vogliamo uscire con degli obbiettivi comuni per presentarci nella società, come lo dobbiamo decidere, anche se e come trasformare Economy of Francesco in qualcos’altro, dargli una struttura per essere consulenti di enti pubblici e diocesi o attori di cambiamento magari con una cooperativa. Chissà». E il prossimo evento sarà dal vivo o no? «Sarebbe bello potersi incontrare tutti insieme, siamo stati tantissimo davanti ad uno schermo come tutti del resto». La consapevolezza è solo una: questo progetto nasce sul Vangelo, per un anno hanno seminato, in se stessi prima di tutto, adesso il primo passo è tra meno di un mese con il “biglietto da visita” che stanno preparando, ma si proseguirà ancora nel 2021, anche se la sfida è che non si esaurisca dopo quella data, speriamo per loro e con loro che possa diventare qualcosa di permanente, affinché, come ci dice Serena prima di salutarci, il motto scout di Robert Baden-Powell “Prova a lasciare questo mondo un po’ meglio di come l’hai trovato”, diventi realtà.