Il regista del documentario “Francesco”, al centro delle polemiche per le false aperture del Papa alle unioni civili, racconta a “Credere” il suo rapporto di lungo corso con il pontefice
«In “Francesco” non racconto il Pontefice ma l’essere umano, come me e te: al centro c’è Bergoglio, l’uomo che è in grado con le sue azioni di ispirare tutti noi. Cercavo dunque qualcosa che ci mostrasse come fermare i disastri imparando dai nostri errori, o qualcuno che potesse unire le persone, ponendosi come esempio di vera leadership. È così che sono arrivato al Santo Padre». Con queste parole, nell’intervista pubblicata sul settimanale “Credere”, in edicola da giovedì 29 novembre, il regista Evgeny Afineevsky spiega perché da ebreo ha scelto di dedicare un documentario alla figura di Papa Francesco, il capo della Chiesa cattolica. Quel documentario che, dopo la presentazione alla Festa del cinema di Roma, ha scatenato polemiche in tutto il mondo per le false dichiarazioni del Papa, riportate in un passaggio del film, che aprono al riconoscimento legale delle unioni tra persone dello stesso sesso.
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“Unisciti a me, cambiano le cose insieme”
Sotto lo sguardo di Afineevsky, il pontificato del Papa argentino diventa una metafora se non addirittura una chiamata all’azione: mostra cosa è diventato il mondo, le crisi in cui sta sprofondando e come si può (e si deve) reagire se vogliamo ancora avere un futuro. «Per tutto il documentario», dice il regista, «il Papa parla con me attraverso le interviste, inedite o di archivio. Alla fine però mi, anzi ci, guarda e dice: “Unisciti a me, cambiamo le cose insieme”. Dobbiamo fermarci, riparare ai disastri compiuti finora e recuperare i valori importanti della vita».
Il maggiore rimpianto di Papa Francesco
«Se c’è un aspetto che mi affascina di Bergoglio», prosegue ancora Afineevsky, «è che ha sempre tempo per qualsiasi essere umano. Una volta gli chiesi quale fosse il suo maggior rimpianto. Mi rispose: “Non avere a disposizione giornate più lunghe per incontrare tutte le persone che vorrei”. Nonostante sia il Papa, Bergoglio ti mette subito a tuo agio: non ti guarda dall’alto in basso ma ti parla da amico, fratello, padre. Per me lui è tutte queste cose insieme, oltre che un grande maestro di vita».
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“Io e Bergoglio siamo amici da tempo”
Il regista ricorda la sua lunga conoscenza di Papa Francesco. «Lo avevo già incontrato in precedenza: siamo amici. Ecco, se c’è un aspetto che mi affascina di Bergoglio è che ha sempre tempo per qualsiasi essere umano. Una volta gli chiesi quale fosse il suo maggior rimpianto. Mi rispose: “Non avere a disposizione giornate più lunghe per incontrare tutte le persone che vorrei”. Inoltre, nonostante sia il Papa, Bergoglio ti mette subito a tuo agio: non ti guarda dall’alto in basso ma ti parla da amico, fratello, padre. Per me lui è tutte queste cose insieme, oltre che un grande maestro di vita».
Le due lezioni che gli ha insegnato il Papa
Ci sono almeno due insegnamenti del Papa che stanno particolarmente a cuore a Evgeny Afineevsky. «Il primo lo trovate nel film ed è la frase: “Ogni santo ha un passato, ogni peccatore ha un futuro”. I peccatori siamo noi perché siamo stati noi uomini a ridurre così la Terra e a commettere i più grandi disastri mondiali, dal genocidio al dramma degli immigrati, passando per la violenza e gli abusi. Eppure, se lo vogliamo, abbiamo un futuro: basta riconoscere di avere sbagliato e rimediare. L’altro insegnamento – conclude il regista – Francesco me lo ha dato proprio in occasione nel film. Io volevo girare il documentario in un solo anno ma lui mi ha detto: “Non correre! Ogni cosa arriva a tempo debito. Sii paziente e fidati della realtà”. E così ho fatto: mi sono fidato, dell’universo di Dio».
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