di Sandra Estrada
Che senso ha la vita? È una domanda che mi faccio sempre e che pongo a Dio. Se ci ama, perché soffrire tanto? Perché tanta discordia? Metto in discussione il mondo, la persona che ho accanto, i miei genitori. Perché non darmi più strumenti per vivere? Metto in discussione me stessa – perché non ho imparato quello che devo fare?
Guardare la nostra vita alla luce di Gesù
Cristo, pur potendo vivere come Dio in quell’Eden eterno, ha deciso di venire nel nostro mondo caotico e di essere Uomo. Perché se io, essendo umana, me ne vorrei scappare correndo? Fantastico su quell’eternità di gioia.
Quando mi rendo conto che Dio stesso ha voluto venire qui, in questo mondo, penso che debba aver trovato qualcosa di veramente grande. Dio non avrebbe sofferto senza senso.
Capisco che Gesù è venuto a insegnarmi ad avere pazienza, a mostrarmi una vita di gioia nonostante il dolore.
A ogni giorno basta la sua pena
Egli è venuto a insegnarmi che vivere lamentandosi non porta a ottenere più rapidamente né la pace né la morte. A ogni giorno basta la sua pena – lavorare, studiare, chiarire delle cose con le autorità, accompagnare chi soffre, stare con la famiglia, camminare soli nel deserto e contemplare, far sentire agli altri che Dio li ama in modo incondizionato. Gesù mi forma nel quotidiano.
Penso che Gesù abbia composto le parabole per esperienza interiore di quella che era la vita. La sua vita con noi. Mi chiedo se facesse ogni riflessione anche per trovare la consolazione di Dio, Suo Padre, in un cammino che spesso sembrava difficile, senza senso, arduo, quasi da orfano.
Gesù, però, non si è fermato alla confusione, al tradimento o alla solitudine. Piuttosto, è riuscito a dar loro un senso nel cuore di Dio che parla in tutte le cose della vita.
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La missione di salvezza di Gesù
Cristo ha impiegato 30 anni ad avviare la Sua missione, e quando l’ha mostrata sono comparsi mille ostacoli. Sapeva che non sarebbe stata facile. Alcuni amici lo avrebbero abbandonato quando tutto era più critico, a giudicarlo sarebbero stati i primi nella piramide sociale, ed Egli sarebbe stato un perseguitato. E nonostante questo ha detto: “Nessuno mi toglie la vita, sono io che la offro”.
Il Signore ha percorso il Suo cammino, ed è diventato Egli stesso il nostro. Non ha voluto porre fine a tutti i mali, soddisfare tutti, convincere gli oppositori sul Regno per diventare amico di tutti e vivere in una realtà perfetta. Ha rispetto la nostra libertà, e ha mostrato il senso del dolore.
Perché non ha lasciato il mondo perfetto? Cos’ha voluto dimostrare? Gesù sfida non solo quanti sono vissuti nella Sua epoca, ma tutti, in tutti i tempi. L’idea che ho io della vita piena è porre fine a tutti gli ostacoli, rendere tutti felici di quello che sono, far capire tutto a tutti? Forse questo non significherebbe rispettare il pensiero e la libertà di ciascuno. Forse non significherebbe amore.
Forse la risposta è vivere un giorno alla volta. “Basta a ciascun giorno il suo affanno” (Mt 6, 34),
trovando quello che Dio mi chiede oggi, quello che mi riempie e che riempie altri di quell’amore. Quello che darà frutto e potrà portare un po’ di luce, amore e profitto al mondo che oggi mi spetta, anche in un villaggio sconosciuto, oppresso da un regno, alla periferia del mondo, senza grande successo con i grandi dell’ambiente circostante, facendo quello che oggi fa sentire di più che Dio è qui.
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