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Il cardinale Zuppi: gli omosessuali devono entrare in relazione con Dio

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 14/09/20
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L’arcivescovo di Bologna: “Dobbiamo fare attenzione a non definire le persone a partire da una loro caratteristica – per quanto profondamente legata alla loro identità – ma dobbiamo guardare la persona in quanto tale”

«No, non c’è bisogno di una pastorale specifica». Il cardinale Matteo Zuppi risponde così al giornalista Luciano Moia, autore del libro Chiesa e omosessualità (edizioni San Paolo).

«C’è bisogno di uno specifico sguardo sulle persone – prosegue il cardinale di Bologna – su ogni persona prima delle categorie. Dobbiamo fare attenzione a non definire le persone a partire da una loro caratteristica – per quanto profondamente legata alla loro identità – ma dobbiamo guardare la persona in quanto tale; e come cristiani la dobbiamo guardare come figlia di Dio, nel pieno diritto, cioè, di ricevere, sentire, e vivere l’amore di Dio come ciascun altro figlio di Dio».

Una pastorale unica e unitaria

La pastorale, secondo Zuppi, «deve fare questo e solo questo. Unica, unitaria deve essere la pastorale della comunità cristiana; essa deve aiutare le persone a vivere da figli di Dio in un’unica famiglia dove ciascuno è simile ma diverso; dove la diversità di ognuno è un dono per la ricchezza della comunità, dove si vive la vera vocazione della nostra vita che è essere suoi, santi».

Che rischi ci sono?

Il cardinale si domanda: «Quali sono i rischi di un’integrazione di tutti – persone omosessuali comprese – nella pastorale ordinaria? Sono forse maggiori dei rischi che una famiglia corre nel cercare di integrare creativamente le particolari diversità (a volte molto “particolari”) di ciascun figlio? La vita della comunità e della famiglia è dinamica, spesso conflittuale; ma come si può esercitare la carità, l’amore di Dio, se non viene messo alla prova anche dalla conflittualità?».

Orientamento sessuale e atti sessuali

L’autore di “Chiesa e omosessualità” chiede a Zuppi come conciliare un problema che sorge per le coppie omosessuali:

Accogliere, discernere, integrare. Dovrebbe valere an­che per le coppie omosessuali che cercano sinceramente Dio. Ma c’è chi ha fatto notare che accoglienza e integrazione non sono possibili senza prendere le di­ stanze da quello stile di vita. Cosa dire al riguardo?

Il cardinale replica così:

«Attenzione: la dottrina della Chiesa distingue tra orientamento e atti; ciò che non possiamo “accogliere” è il peccato espresso da un atto. L’orientamento sessuale – che nessuno “sceglie” – non è necessariamente un atto. Inoltre, esso non è separabile dall’identità della persona; accogliendo la persona non possiamo prescindere dal suo orientamento. Ma anche nel caso in cui una persona conduca uno stile di vita contrario alla legge di Dio, non dovremmo accoglierla? Cosa vuol dire accogliere? Vuol dire forse giustificare?»

Zaccheo e la Samaritana

Se Gesù avesse avuto questo criterio, chiosa Zuppi, «prima di entrare nella casa di Zaccheo avrebbe preteso la sua conversione. Prima di accompagnare la Samaritana all’adorazione di Dio in Spirito e Verità le avrebbe chiesto di regolarizzare la sua situazione matrimoniale». Ma Gesù, come è noto, si è comportato in modo diverso.

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