“Qualsiasi cosa farai, io sarò con te, sempre”: sono queste parole che un uomo ha bisogno di sentirsi dire da sua moglie per aprirsi ad un atto molto più grande di se stesso come accettare il martirio.
A Hidden life – La vita nascosta finalmente è arrivato anche in Italia! Atteso già in Aprile, il film ha dovuto superare la dura prova del CoVid-19. Ce l’ha fatta! Così come la storia che racconta, venuta alla luce dopo tanto tempo grazie all’opera incredibile di un maestro del cinema quale Terrence Malick è.
L’avevamo già visto in anteprima alla Filmoteca Vaticana in occasione del 60° anniversario dalla fondazione ad opera di Papa Giovanni XXIII. Siamo andati a rivederlo al cinema e ancora una volta siamo rimasti estasiati dalla bellezza che passa dai sensi per arrivare dritto al cuore dell’uomo. Un capolavoro di arte cinematografica, una testimonianza di vita fiera e intensa come quella di uomini e padri dalla schiena dritta e dai valori saldi, una disegno di luce per chi crede in un Dio che è Padre e che illumina sempre la vita dei suoi figli, anche nella peggiore delle sorti.
E’ la vicenda di Franz Jägerstätter (interpretato da August Diehl) e di sua moglie Franziska (Valerie Pachner), lui martire del nazismo per non essersi piegato al potere di Hitler a motivo della sua fede in Cristo, lei donna forte ed instancabile, moglie fedele fino in fondo, fino alla rinuncia del bene per sé e per le sue figlie.
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Franz, l’alba di un uomo nuovo
Mentre nella sala buia si sente il respiro fresco della Natura, lo schermo è nero: sembra il segno della nube che incombe dall’alto sull’Europa della fine degli anni ‘30. E proprio dall’alto sono riprese le prime immagini di repertorio che si vedono apparire in bianco e nero. Una città sorvolata da un aereo il cui rombo finisce per coprire ogni altro suono. Subito irrompe la voce inconfondibile del Fuhrer, che appare nelle sue ormai note pose da dittatore nazista.
La sequenza si esaurisce e la prima immagine che l’occhio di Malick regala allo spettatore è proprio quella del protagonista Franz immerso nella natura verde del suo piccolo paesino di Sankt Radegund, ai piedi di alte montagne rocciose austriache, con le mani impegnate a falciare l’erba. La sua voce in sovrimpressione sorge come alba di un uomo nuovo. Queste prime sequenze racchiudono già tutto il film… o quasi!
“Fani”, la moglie, la porta per scalare la vetta
Manca lei! Sì, Franziska, “Fani”. E, infatti, lei appare subito dopo, a lavoro accanto a lui. Entrambi, incorniciati in una visione bucolica di mondo al riparo dai riflettori, fatto di semplicità, di luce per illuminare volti, di mani per lavorare la terra, di occhi per incontrare l’altro, di bambini per giocarci insieme, di montagne per svettare alti, di una chiesetta per ricordarsi di essere una comunità di fratelli e sorelle, di una campana per scandire il tempo della vita che non ci appartiene, ma che è affidata ad ogni uomo e alla sua libertà.
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Si è martiri solo insieme ad un altro
Per bocca dello stesso Malick, “lei [Fani] è martire quanto lui”. E anche per noi, se una chiave c’è per vedere bene la vicenda così dirompente di questo martire, è certamente questa: perché un uomo possa arrivare a preferire la morte piuttosto che il rinnegamento della propria coscienza, deve avere accanto a sé una porta attraverso cui sentirsi libero di entrare per imboccare la via che corre dritta verso una così alta cima come il martirio per fede, ovvero la santità. “Qualsiasi cosa farai, io sarò con te, sempre” – queste le parole di “Fani” al suo amato marito già condannato a morte, ma ancora “libero” di poter ritrattare la sua posizione. Sono queste parole che un uomo ha bisogno di sentirsi dire da sua moglie per compiere un atto molto più grande di lui. Chissà quale sarebbe stata la vicenda interiore di quest’uomo se sua moglie non lo avesse amato fino alla fine, non lasciandogli la piena libertà di decidere secondo la sua propria coscienza. La sua vera libertà, infatti, sta proprio nello scegliere di non subire imposizioni e di morire, pur se da prigioniero, senza rinnegare ciò che era e che gli era stato consegnato, proprio come Cristo. E, infatti, anche Franz, da figlio di Dio, trova nel suo dialogo con il Padre del Cielo la via per affrontare tutto fino alla morte che è la stessa ragione del suo riconoscimento come martire, con buona pace di tutti coloro che intorno provavano a convincerlo – preti inclusi – che la sua vicenda non sarebbe uscita da quelle quattro mura e che la sua morte sarebbe stata vana.
“La mano di Dio” dietro Terrence Malick, l’uomo giusto per raccontare la storia!
Franz Jägerstätter è stato riconosciuto Beato dalla Chiesa Cattolica nel 2007 per volontà di Papa Benedetto XVI. Franziska è rimasta nell’ombra per tanto tempo, come la loro storia che, anche in Austria, “nessuno la conosceva, è venuta fuori solo negli anni Settanta, molti anni dopo la sua morte” – ha affermato lo stesso Malick. E lo stesso Malick ne è venuto a conoscenza “grazie a un mio amico storico che ha scritto la sua storia”. Il regista contatta una produttrice, Elisabeth Bentley, che personalmente aveva scoperto questa incredibile storia sin dal 2007: “Io credo che sia stata la mano di Dio, perché da sempre mi andavo chiedendo: chi è quello giusto per raccontare questa storia?”. Una vera storia d’Amore, che nessuna nube può oscurare, nessuna lama falciare. “È stato bellissimo leggere le lettere che si sono scritti mentre lui era in carcere – ha dichiarato l’autore. Alcune le abbiamo inserite nel film, non tutte ovviamente. Vi invito a leggerle. Lei lo ha sostenuto fino all’ultimo, nonostante il dolore”. Interessandoci a questa vicenda così luminosa per questi tempi, abbiamo scoperto che L’ultima di queste lettere è custodita proprio a Roma nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola. Per questo non si possono guardare separatamente le loro vite, come se fossero solchi da arare e seminare uno per volta. E’ solo guardando insieme questi due semplici, ultimi, che si riesce a coglierne la vera testimonianza di un Amore alto, puro, che oggi, a noi abitanti di questo pianeta, pellegrini di questo tempo, continua ad annunciarci come solo una vera vita sponsale in Cristo dia la possibilità di vivere fino in fondo quell’Amore che Lui ha mostrato al mondo. Solo su questa certezza, su questa roccia salda come le montagne di una qualunque Austria di ieri o di oggi, lontana dai centri del potere e dagli occhi di un mondo che cerca sempre nuove conquiste, può rivelarsi una vita nascosta ai potenti e ai dotti che sussurra all’orecchio il segreto di chi si è veramente.
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La vita da proteggere per rivelare Dio!
C’è una vita, nell’intimità tra un uomo ed una donna, che va protetta, contro tutto e tutti, che deve restare nascosta perché sia Dio a rivelarla, nei tempi e nei modi che Lui solo ha pensato. E anche la fotografia di Jörg Widmer sembra suggerire questo: la luce naturale del sole potente e al tempo stesso morbida irrompe da fuori per illuminare i volti di chi è in casa, penetrando sempre più anche negli interni bui e scuri dell’anima, fin dentro le gabbie remote delle prigioni da sopportare, in fondo ai pozzi della propria disperazione, nei terreni da scavare con le mani per la rabbia della propria impotenza. Nella notte più fonda dello spirito umano, dove nessuna luce sembra più arrivare, solo la richiesta di aiuto ad un Dio può offrire l’appiglio sulla nuda parete della roccia.
I movimenti della macchina da presa, in armonia col montaggio di Joe Gleason, danno respiro e ritmo ad uno sguardo terzo che accompagna e accarezza da vicino il manto della terra come la pelle di quest’uomo e questa donna che, in fondo, per tutto il film cercano solo di amarsi, toccandosi il cuore col corpo o con la penna.
E dalla penna della scrittrice inglese George Eliot sono uscite le parole da cui è tratto il titolo del film: “Poiché il bene crescente del mondo dipende in parte da atti non storici; e quelle cose non sono così negative per te e per me come avrebbero potuto essere, in parte a causa del numero di persone che ha vissuto fedelmente una vita nascosta, e riposa in tombe non visitabili”.
E facendo nostre le parole di George Eliot, per la nostra vita che non è così negativa e ci riserva del bene, anche noi sentiamo di dire il nostro grazie a uomini come questo beato che vivono o hanno vissuto fedelmente fino alla fine la propria vita, non piegandosi al male e così generando e facendo procedere il bene del mondo.
Questo film, oltre ad avere tutti i pregi di una vera opera d’arte, sembra proprio essere il soffio di Dio che vuol rivelare al mondo una eroicità nascosta, l’unica che conosce l’Amore. Perché se c’è una cosa che si può dire dei santi è che amarono fino alla fine come Cristo, primo tra tutti i Santi.