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Un angelo conduce la nostra anima nell’aldilà: è San Michele

SAINT MICHEAL

San Michele, l'angelo guerriero: è lo spirito celeste che ha combattuto contro il diavolo, in una battaglia durissima raccontata nell'Apocalisse.

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 01/08/20
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L’arcangelo è detto psicagogo perchè ha questo compito. E’ vicino alla Vergine Maria e protagonista del Giudizio individualeA Michele ormai è attribuito il ruolo di psicagogo, cioè colui che conduce le anime nell’aldilà. Il mondo ebraico non ignora che Michele possa condurre le anime nel soggiorno della Pace, ed è una delle ragioni per le quali il Principe delle Misericordie viene invocato nel Kaddish. Essendo Michele l’Angelo esorcista per eccellenza, il vincitore di Lucifero e dei ribelli, nessuno è più adatto di lui a sgomberare la strada del Cielo davanti alle anime dei defunti.

La Vergine e San Michele

Gli Angeli portano le anime verso il Trono di Dio, ma la scorta non è la stessa per tutte le anime. San Gregorio di Tours mostra la Vergine Maria che sale al Cielo col suo corpo nel giorno dell’Assunzione, e viene accolta da San Michele che La conduce nel posto reale che è il Suo. Un testo del monachesimo egiziano è molto più curioso:

“Quando un uomo buono muore, quattro Angeli si recano presso di lui e questi Spiriti celesti sono sempre di un rango analogo alla condizione di quello che muore. Se il suo rango era elevato, gli Angeli occupano ugualmente dei posti distinti nella Gerarchia celeste. Se il suo rango non era che secondario, questi Angeli sono similmente di una classe inferiore”.

Il giudizio individuale

Nel cristianesimo si è imposta questa idea di giudizio individuale che rassomiglia molto ad un processo, con i suoi attori abituali: l’anima è l’accusata, Cristo il giudice, l’Angelo custode l’avvocato della difesa e il Diavolo è il procuratore. Questa disputa cruciale intorno all’anima viene spesso rappresentata come la pesatura dell’anima: Sant’Agostino conosce questa credenza e la conferma, ed essa è molto presente nella scultura romana.

Al centro, San Michele, al quale è affidato il ruolo di “psicostase”, tiene in mano una bilancia: su ogni piatto, le buone e le cattive azioni del morto, mostrato nudo, piccolo, miserevole e spoglio di tutto. A destra e a sinistra, l’Angelo custode e il Demonio, il quale, talvolta, tenta di imbrogliare e di inclinare la bilancia a suo vantaggio.

SAN MICHELE

Mentnafunangann I CC BY-SA 4.0

San Michele, Principe degli Angeli, uccide il diavolo.

Gli psicopompi

Ci chiediamo, ora come, si immaginano il trapasso le religioni precedenti al cristianesimo. L’ebraismo non ignora gli Spiriti psicopompi ma li identifica coi Demoni. In Estremo Oriente, è Budda che è lo pscicopompo per eccellenza e che decide del prossimo Karma delle anime, in funzione della loro vita passata.

Nel mondo greco e latino, Ermete e Mercurio sono allo stesso tempo psicagogi (accompagnatori) e psicostasi (pesatori di anime). Ma è presso gli Egizi che si manifesta soprattutto la credenza nella pesata delle anime: dopo aver superato molte prove pericolose, il defunto, secondo “Il Libro dei Morti”, arriva nel regno di Osiride e compare davanti al tribunale presidiato da questo dio, accolto da Anubis, il dio dalla testa di sciacallo. (Va notato che in Oriente San Cristoforo, il Santo passatore di fiumi, cioè psicagogo anche lui, è talvolta rappresentato con una testa di cane, proprio come Anubis). Anubis accompagna il defunto tenendolo per mano nella sala dei Due Pesi dove c’è una bilancia.

Anubis e Thoth

Su uno dei piatti viene deposto il cuore del morto, il suo ka. Sull’altro, una piuma. Anubis vigila alla buona regolazione della bilancia, mentre Thoth, dio-scimmia, divinità della Luna e mago si appresta a prendere nota delle parole del morto e del giudizio. Comincia allora una lunga giustificazione davanti a Osiride, Iside e i loro quarantadue assessori. Dopo avere dimostrato la sua grande pietà invocandoli tutti sotto i loro nomi segreti, il morto rifiuta tutti i peccati, proclamando che li detesta e non li ha affatto commessi su questa terra.

Se dice il vero, il ka, sul piatto, non freme e resta in perfetto equilibrio con la piuma della giustizia e il defunto è ammesso in Cielo. Se mente, la bilancia pende e subito un mostro orribile, allo stesso tempo leone, coccodrillo e ippopotamo, chiamato il Divorante, esce e inghiotte il ka, privando il peccatore della vita eterna.

Non hanno l’obbligo del risultato

Il Cristianesimo eredita dunque questa “procedura” di giudizio. Resta però inspiegabile che il nostro Angelo non riesca ad evitare i nostri errori.

Di fatto gli Angeli custodi sono come i medici: non sono tenuti a riuscire. Essi non hanno obbligo di risultato. Nella misura in cui è sicuro che un Angelo custode fa sempre del suo meglio, non risparmia nessuno sforzo per salvare l’anima che gli è affidata, non è responsabile del suo eventuale smacco.

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Ne’ tristezza, nè rimpianto

Ma che cosa prova l’Angelo vedendo perduta un’anima per la quale egli si è per così lungo tempo prodigato?

Né tristezza, né rimpianto. Gli Spiriti beati, come indica il loro nome, sono radicati nella felicità più assoluta. Non ci può essere rimpianto perché tutto è disposto secondo i piani di Dio. E, come nulla accade che Dio non abbia permesso, facendo dunque entrare anche il male nell’assolvimento finale del Suo piano, nulla può alterare la felicità degli Angeli. La dannazione di un’anima criminale non fa che riparare gli oltraggi inflitti a Dio lungo una vita terrena. Che succede all’Angelo di un dannato?

Si ritrova privato per l’eternità della compagnia di quest’uomo o di questa donna col quale avrebbe dovuto condividere la felicità celeste, come con l’amico più caro. Secondo quello che riportano le rivelazioni di taluni mistici, questi Angeli dei dannati vanno a formare la Corte della Vergine e si consolano contemplandola. Se invece l’anima è arrivata davanti al Suo Giudice purificata da tutte le sue colpe, riscattata dalle sue sofferenze e i suoi sacrifici, è ammessa direttamente in Paradiso e l’Angelo può lasciar esplodere la sua gioia perché nulla potrà più separarli né turbare la loro gioia eterna.

Purificazione insufficiente

Infine, nel caso più frequente di un’anima purificata dai suoi peccati mortali e preservata dai fuochi dell’Inferno, ma la cui purificazione è rimasta insufficiente per colpe veniali o penitenze mal compiute, prima di poter penetrare sente spontaneamente il bisogno di completare questa pulizia, di ritrovare la perfezione del suo battesimo. Da se stessa, ella si precipita in Purgatorio.



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