È stato solo dopo l’editto di Tolleranza (anche noto come “editto di Milano”, 313 d.C.), col quale l’imperatore Costantino ha legalizzato il cristianesimo, che i cristiani hanno potuto elaborare, esporre e adorare il simbolo del sacrificio di Cristo – la croce.
La religione cristiana possiede molti simboli, ma nessuno è importante ed emblematico quanto la croce. Già utilizzata come strumento di morte infamante, essa è divenuta segno di tutti i cristiani: dalle croci fissate sui campanili delle nostre chiese fino al segno di croce che facciamo sul nostro corpo, è impossibile dissociare questo simbolo dalla fede cristiana. Ciò non vuol dire che sia sempre stato così: se i primi cristiani hanno creduto alla risurrezione di Gesù, era raro vedere questi ultimi adorare delle croci, prima della legalizzazione del cristianesimo nell’Impero Romano.
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Prima del regno di Costantino, nel IV secolo, i cristiani erano reticenti all’idea di venerare la croce, per paura di essere ridicolizzati o di mettersi in pericolo. Dopo la conversione dell’imperatore al cristianesimo, la pena capitale per crocifissione fu abolita e la croce, elevata al rango di simbolo di fede cristiana al pari del Chrismon – monogramma greco composto dalle lettere X [ch] e R [rh], le prime della parola “Christòs”. Tali simboli si sono rapidamente moltiplicati nell’arte e sui monumenti funerari cristiani intorno all’anno 350, mentre prima erano inesistenti, benché i credenti battezzassero comunque «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo».
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Le origini del pesce come simbolo
Se la croce non era molto presente, nei primi secoli, il pesce invece lo era. Come è nato questo simbolo, già utilizzato nell’arte ellenistica prima dell’era cristiana? Anzitutto la parola che ne dice il nome in greco – ἰχθύς [ichthys] – è un eccellente acronimo per la professione di fede “Gesù Cristo [è] il Figlio di Dio Salvatore”. La simbolica del pesce viene dall’archeologia e dagli scritti. Secondo l’Encyclopédie Catholique, il riferimento letterario più antico del pesce risale a Clemente di Alessandria, nato attorno alla metà del II secolo. Nella sua opera “Il Pedagogo” egli raccomanda ai suoi lettori di incidere una colomba o un pesce sui loro sigilli. Prima di ciò, all’inizio del II secolo, il pesce è rappresentato in monumenti romani come la c.d. “cappella greca” e le “cappelle dei sacramenti” nella Catacomba di San Callisto.
Il simbolo è stato forse ispirato anche dal miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, o dal pasto dei sette discepoli sulle rive di Galilea, dopo la Risurrezione.
Così ancora l’Encyclopédie. Il pesce si ritrova in molti affreschi, su sculture, bastoni, sigilli, manufatti vitrei e medaglioni. «È dopo il IV secolo che il simbolo comincia a sparire», conclude l’Enclyclopédie Catholique.
I pesci rappresentati su fonti e coppe battesimali, quali quelle che si possono vedere al Museo Nazionale Romano a Roma, hanno scopo puramente decorativo che fa allusione all’acqua battesimale.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]