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«Possa splendere più intensamente quando sarai immerso nella notte»

SAM
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Universitari per la Vita - pubblicato il 17/06/20
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Ancora di più ora è necessario un messaggio di speranza a favore della vita. E come spesso è già accaduto J.R.R. Tolkien ci viene in soccorso con i suoi personaggi, con i pesi e i doni che essi portano. Se non avete letto Il Signore degli Anelli, forse avrete visto il film. Figuratevi allora il momento in cui Galadriel dona al Portatore dell’anello la Fiala e soprattutto quando Sam trova la forza di battersi contro un orrendo mostro.Di Francesco Chilla

 

Più oscura è la notte, più luminose sono le stelle (F. Dostoevsky).

In un tempo come questo così pieno di paure fuori dall’ordinario, di abitudini per noi inconsuete, di privazione della libertà qual è stata la pandemia di coronavirus e l’attuale “fase 3”, ancora di più è importante un messaggio a favore della vita: vita come speranza anche nelle difficoltà quotidiane.

Tolkien, anche in questo, ha tanto, tantissimo da dirci, con la sua vita e con i suoi meravigliosi racconti, perché egli è stato una delle luci che più ha brillato nel Novecento.

Voglio partire dai doni che Galadriel fa a Frodo e raccontarvi la storia dietro a questo oggetto straordinario.

«A te, infine, Portatore dell’Anello», disse Galadriel rivolgendosi a Frodo, «giungo per ultimo […]. Ecco quel che ho preparato per te». Mostrò una piccola fiala di cristallo, che scintillava mentre ella la muoveva, e sprigionava raggi di luce bianca. «In questa fiala», disse, «è prigioniera la luce della stella di Eärendil, impregnata delle acque della mia fontana. Splenderà ancor più luminosa, quando sarai immerso nella notte. Possano i suoi raggi guidarti nei luoghi oscuri, ove tutte le altre luci si spegnessero […]». 1

Un dono, quello di dama Galadriel, curioso anche se apparentemente inutile: curioso perché doveva essere la Fiala un dono particolare, inutile perché, una spada, un esercito non sarebbero stati più utili al Portatore?

Eppure sono le parole che accompagno il dono a darci un indizio: “possa splendere più intensamente quando sarai immerso nella notte”. È forse una torcia? Anche. È un gioiello? Certamente! Chi conosce il mondo di Tolkien, la custodirebbe più gelosamente dell’oro a 18 carati.

Ma a cosa allude Galadriel quando parla di oscurità? A Mordor. La Missione di Frodo, infatti, non è combattere, ma è di andare verso il Monte Fato, strada dove “ogni luce si spegne”, perché essa è una landa desolata dove crescono piante spinose, abitata da genti infide, dominata dal creatore dell’Anello ed è sempre coperta da nubi ed esalazioni: tutte cose che fiaccano il corpo, ma, ancor di più, lo spirito.


JOHN RONALD REUEL TOLKIEN
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La Fiala di Galadriel, la Stella di Eärendil, a questo serve: a ridonare la forza agli stanchi e speranza ai disperati che devono compiere una missione impossibile. È infatti proprio nel momento più buio del viaggio che incontriamo di nuovo:

         In terra, scintillante, giaceva la spada elfica, inutilizzata. Sam non perse tempo a domandarsi che cosa dovesse compiere, se un atto di coraggio, di lealtà o di collera. Balzò avanti con un urlo e afferrando con la mano sinistra la spada di Frodo, partì all’assalto. […]
«Galadriel!», disse fiocamente; allora udì voci lontane ma limpide, il canto di Elfi vaganti sotto le stelle fra le  beneamate ombre della Contea, la musica di Elfi che cullava il suo sonno nella Sala del Fuoco, nella dimora di Elrond.

Gilthoniel o Elbereth!

E poi, come per incanto, la sua lingua si sciolse, ed in un idioma ignoto la sua voce invocò:

A! Elbereth Gilthoniel
o menel palan-diriel,
le nallon si di’nguruthos!
A tiro nin, Fanuilos!

E gridando queste parole si alzò barcollante e fu di nuovo Samvise l’Hobbit, figlio di Ham.
«Vieni, lurida bestia!», urlò. «Hai ferito il mio padrone, bruto, e la pagherai. Noi andremo avanti, ma prima regoleremo i conti con te. Vieni, e assaggia di nuovo questa spada!».
Come se lo spirito indomato ne avesse rinforzato la potenza, la Fiala avvampò improvvisamente come una fiamma bianca nella sua mano. Irradiava il bagliore di una stella fuggita dal firmamento che fende l’oscurità con indomabile fulgore.
Mai un simile terrore piombato dal cielo aveva bruciato con tanta forza la faccia di Shelob. I raggi le trafiggevano la testa ferita lacerandola con intollerabile dolore, mentre la spaventosa infezione di luce dilagava da un occhio all’altro. Cadde all’indietro brancolando freneticamente con i tentacoli anteriori, abbacinata da lampi interni, agonizzante. Poi, distogliendo la testa storpiata, rotolò da una parte, e incominciò a strisciare, un artiglio dopo l’altro, verso l’apertura nella roccia dalla quale era uscita.
Sam avanzò. Vacillava come un ubriaco, ma avanzava. E Shelob infine domata, sconfitta, fremeva e tremava cercando di sfuggirgli. Raggiunto il buco vi si infilò comprimendo la Massa informe, lasciando un rivo di melma giallognola, mentre Sam vibrava un ultimo colpo contro le brancolanti gambe, prima di stramazzare in terra. 2

Cosa spinge Sam ad affrontare un mostro di tal genere? L’amore per Frodo, suo padrone, ma di più, suo compagno (nel senso di “cum panis” che condivide il pane, la quotidianità) e suo amico.

Ma allora cos’è la Stella di Eärendil?

«[…]. Ma signore, non vi avevo mai pensato prima! Noi…voi avete parte della luce del  Silmaril nella fiala che vi donò la Dama! Pensandoci bene, apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli! Non hanno dunque una fine i grandi racconti?».

«No, non terminano mai i racconti», disse Frodo. 3

Chi è Eärendil?

Eärendil era figlio di Tuor, uomo vissuto nella Prima Era e di Idril, una principessa elfica, figlia di Turgon re di Gondolin.

Eärendil – giunto a Valinor con sua moglie Elwing ed inoltratosi da solo nell’elfica città di Tirion con la sua nave (Vingilot n.d.r.) – chiamò forte in varie lingue, sia elfiche che umane […], ma nessuno gli rispose. Sicché alla fine si volse per tornare al mare; ma, proprio mentre imboccava la strada che vi conduceva, ecco uno stare sul colle e apostrofarlo a gran voce, gridando: «Salute, Eärendil, il più famoso di tutti i marinai, l’atteso che giunge inaspettatamente, il desidera-to che arriva al di là di ogni speranza! Eärendil, portatore di luce più antica del Sole e della Luna! Splendore dei Figli della Terra, stella nelle tenebre, gemma nel tramonto, radianza nel mattino!»

Eärendil venne poi portato al cospetto dei Valar (cioè le divinità del mondo tolkieniano) presso le quali compie la missione di chiedere mercé per Uomini ed Elfi della Terra di Mezzo. Dopo aver accettato la sua richiesta, i Valar, poiché ad essi era vietato ritornare presso le Terre mortali, così stabilirono per Eärendil ed Elwing:

[…] per ordine dei Valar, Eönwë si recò alle rive di Aman, [ove presero] Vingilot, che consacrarono e portarono, attraverso Valinor, al limite estremo del mondo, dove il vascello passò di là dalla Porta della Notte e fu portato su, negli oceani del cielo.

E nel cielo Vingilot naviga negli oceani del cielo e che brilla come stella, La luce è quella del Silmaril che Elwing, figlia di Dior, figlio di Beren e Luthien, diede ad Eärendil che la pose come luce della sua nave. 4

È questa la luce che Galadriel catturò per empire la Fiala e renderla al contempo fonte di luce e di speranza. Frodo e Sam avevano, infatti, bisogno di una luce certamente esteriore per affrontare un mostro come Shelob, ma, di più, avevano bisogno di una luce interiore. Essa è la speranza: la virtù che permette di mettere un piede dopo l’altro quando l’umana ragione non ne ha la forza e, come vediamo nel racconto, rende possibile ciò che appariva impossibile. “Speranza”, Estel, è il nome che viene dato ad Eärendil prima e il nome con cui la madre chiamava Aragorn: egli infatti, per altre vie, avrebbe salvato ciò che di buono c’e-ra nel suo mondo.

Essi portavano la luce per cui Beren poté avere la mano di Luthien, la quale lo aiutò nell’impresa di ottenere il Silmaril poiché lo amava con tutto il cuore; portavano la luce con cui Eärendil ed Elwing attraversarono il mare e, contro le leggi, toccarono le terre immortali per chiedere l’aiuto delle Potenze contro Melkor, di cui Sauron era solo un servo.

Quanti di noi oggi sono soli o si sentono soli? Quanti dei malati, costretti alla solitudine dalle circostanze, si sentono fiacchi e disperati? Ecco, vorrei rivolgermi a voi, nel mio piccolo. Se guardate a voi stessi come persone, alla vostra storia, non siete solo solitudine, fatiche, prove, fallimenti. Siete soprattutto l’amore che avete ricevuto dalle persone che vi circondano; se l’amore manca nel tempo presente, basta alzare gli occhi e chiedere sono certo che, come è stato per me, un aiuto si troverà. Forse come per Frodo nella persona apparentemente meno adeguata, come Sam, che era però quella di cui c’era bisogno, perché era quello che più lo amava. E, a proposito di Sam: vi voglio lasciare con lui, perché egli, come Beren e come Eärendil è il simbolo della speranza:

“E lì Sam, sbirciando fra i lembi di nuvole che sovrastavano un’alta vetta, vide una stella bianca scintillare all’improvviso. Lo splendore gli penetrò nell’anima, e la speranza nacque di nuovo in lui. Come un limpido e freddo baleno passò nella sua mente il pensiero che l’Ombra non era in fin dei conti che una piccola cosa passeggera: al di là di essa vi erano eterna luce e splendida bellezza. Il suo canto nella Torre era stato una sfida più che una vera e propria speranza, perché pensava a se stesso. Ora, per un attimo, il suo destino e persino quello del suo padrone smisero di tormentarlo”. 5

 

 

NOTE:

  1. J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello – Libro II, Cap.VIII – Addio a Lorien, pp.1226-1227. Bompiani 2004
  2. Le Due Torri – Libro II, Cap.X, Messere Samwise e le sue decisioni, pp.2284-2290
  3. VIII, Le scale di Cirith Ungol, pp.2238
  4. J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion – Cap. XXIV, Il Viaggio di Eärendil e la Guerra d’Ira, Rusconi 1979
  5. Il Signore degli Anelli, Il Ritorno del Re – Libro II, Cap.II, La Terra d’Ombra, pp.2862

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