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Grandi teologi del XX secolo: Karol Wojtyła (5/6)

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Jean Duchesne - pubblicato il 05/06/20
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Poeta, drammaturgo e filosofo, il santo papa Giovanni Paolo II fu anche un grande teologo. Fu lui a far entrare la Chiesa nel terzo millennio. Le sue quattordici encicliche sono una risposta alle sfide del pensiero scettico e ateo. Il suo insegnamento innovativo sulla “teologia del corpo” è ancora da portare in piena luce.

Ogni battezzato che tiene un discorso razionale (logos) su Dio (Theos) è per definizione un teologo; a fortiori lo è un Papa, chiamato ex officio a confermare nella fede. Giovanni Paolo II, però, è stato ancora più intensamente teologo arricchendo il suo insegnamento delle sue ricerche personali.

Vita

La Polonia in cui nacque Karol Wojtyła si era appena riunificata e aveva ritrovato la sua indipendenza. Il suo patriottismo si afferma nel contatto – ma non per reazione! – con le culture germaniche (tedesca e austro-ungarica), ma anche rispetto a quella giudaica e russa. La sua già ardente devozione per la Vergine Maria e la passione per il teatro animano la sua resistenza sotto l’occupazione nazista. Seminarista clandestino che più volte scampa perigliosamente alle retate, nel 1945 venne inviato a Roma a terminare la sua formazione, e lì scoprì san Tommaso d’Aquino e san Giovanni della Croce; i suoi studî proseguirono quindi in diversi Paesi dell’Europa occidentale (dei quali apprese le lingue) per conoscere nuove realtà pastorali.



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Di ritorno in Polonia, quando la nazione era ormai sotto il giogo staliniano, fu cappellano degli studenti, i quali si fidanzavano e si sposavano, e questo lo portò a riflettere sull’amore umano. Scelse dunque di redarre la sua tesi su questo argomento: all’università, fu introdotto alla fenomenologia, la cui problematica superava già Marx, Nietzsche e Freud, e s’interessò soprattutto all’orientamento personalista di Max Scheler. Una volta addottorato, ricevette una cattedra di Etica. I comunisti non diffidavano di quel filosofo specializzato in morale personale, e permisero che ancora giovanissimo venisse nominato vescovo ausiliare di Cracovia, nel 1958. Cambiarono avviso quando lo stesso divenne arcivescovo nel 1964 e poi cardinale nel 1968, criticando senza sosta dalla cattedra episcopale il materialismo che abbrutisce l’uomo. Partecipò al Concilio del 1962-1965 e predicò il ritiro di Quaresima in Vaticano nel 1976.



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Dopo la morte di Paolo VI e il troppo corto regno di Giovanni Paolo I, fu eletto Papa nel 1978. Durante il suo pontificato – lungo più di ventisei anni – contribuì alla caduta dell’impero sovietico, sopravvisse a due attentati (Roma 1981, Fatima 1982), pubblicò quattordici encicliche, girò tutto il mondo più e più volte, lanciò le Giornate Mondiali della Gioventù e accompagnò la Chiesa nel terzo millennio dell’era cristiana. Morì nel 2005, fu beatificato nel 2011 e canonizzato nel 2014.

Opera

Uno dei paradossi di questo percorso è che il futuro Papa fu più poeta, drammaturgo e filosofo che teologo. I suoi scritti anteriori al 1978 sono una pièce (La bottega dell’orefice, 1960) e delle riflessioni sul teatro, poi dei lavori di morale (Amore e responsabilità, 1957; Persona e atto, 1969), fondati su una visione dell’uomo a sua volta elaborata con l’aiuto di tre strumenti:

  • la fenomenologia nel suo sviluppo personalista;
  • le formulazioni rigorose di san Tommaso d’Aquino;
  • i concetti soggiacenti alla mistica di san Giovanni della Croce.

Questa gamma di riferimenti è ben più vasta e feconda di quanto fosse nella cultura dell’Europa occidentale, congelata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale nell’alternativa tra progressismo e reazione. Negli anni 1970 troviamo Alle fonti del rinnovamento (1972), che spiega l’apertura intellettuale nonché spirituale richiesta per raccogliere i frutti dell’ultimo concilio, nonché il ritiro del 1976 predicato in Vaticano (Il Segno di contraddizione), che fa sì appello alle Scritture, ma sempre facendole risuonare in risposta alle sfide del pensiero ateo o scettico.


HANS URS VON BALTHASAR
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Non che vengano meno le acquisizioni culturali del giovane vescovo, ma il tornante teologico è netto a partire dall’elezione pontificia. Delle prime quattro encicliche, tre sono consacrate a ciascuna delle persone della Trinità: il Figlio (Redemptor Hominis, 1979), il Padre (Dives in misericordia, 1980) e lo Spirito Santo (Dominum et vivificantem, 1986). Quella successiva (Redemptoris Mater, 1987) presenta la maternità della Vergine come indispensabile per e nella fede. Nel frattempo Slavorum apostoli (1985) è un richiamo più personale del ruolo delle nazioni slave nella storia cristiana. Poi vengono la missione di tutti i battezzati (Redemptoris missio, 1990), la necessità dell’ecumenismo (Ut unum sint, 1995) e il richiamo argomentato e autorevole di un’intuizione del padre De Lubac, cioè che la messa è al contempo la ragion d’essere della Chiesa e la fonte della sua vita (Ecclesia de Eucharistia, 2003).


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In questa serie di esposizione dei fondamentali, anche la morale ha il suo posto: che sia quella sociale (Laborem exercens, 1981; Sollicitudo rei socialis, 1987; Centesimus annus, 1991) o privata (Veritatis splendor, 1993; Evangelium Vitæ, 1995). In ultimo, l’alleanza tra filosofia e teologia che fa l’unità dell’insieme è ampiamente illustrata in Fides et ratio (1998). È però anche con le sue 129 catechesi del mercoledì su sessualità e matrimonio che Giovanni Paolo II offre il proprio personale contributo di teologo, mettendo a frutto la propria esperienza pastorale e gli studî universitarî. Tali catechesi sono raccolte in diverse edizioni, spesso sotto il titolo di “Teologia del corpo”.

Da leggere

Le encicliche di Giovanni Paolo II sono libretti abbastanza leggibili e ancora facili da trovare (in cartaceo: su internet i testi sono perennemente e gratuitamente disponibili in tutte le lingue). Ci sono poi delle lettere apostoliche – celebri quella alle donne (Mulieris dignitatem, 1988), quella Agli artisti (1999) o quella che aggiunse i cinque “misteri luminosi” al Rosarium Virginis Mariæ (2002). Il migliore mezzo di conoscere e comprendere il Papa Polacco, però, resta forse Dono e mistero, scritto autobiografico del 1996 pubblicato in occasione del proprio giubileo sacerdotale. Vi si mettono in risalto il dono che Dio fa di Sé stesso e che chiede in ritorno da ciascuno e il mistero che aiuta a compiere questo compito di per sé inattingibile alle capacità umane.



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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]