Proprio nei tempi più tribolati della storia ci sono stati uomini che hanno testimoniato la speranza fondandola interamente nella relazione con Dio. Di Maria Chiara Martina
Era il 2016 quando riportai questa frase di Thomas Merton, monaco trappista:
L’uomo ha una responsabilità nei confronti del suo tempo, non può apparire esterno a esso (…) da una posizione di compassionevole distanza. L’uomo ha una responsabilità nei confronti della propria epoca e del proprio luogo, verso la storia cui appartiene e a cui deve inevitabilmente contribuire.
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Oggi, alle parole quanto mai attuali di Thomas, vorrei aggiungere quelle di Viktor Frankl, neurologo e psichiatra, internato ad Auschwitz:
In linea di principio, dunque, ogni uomo, anche se condizionato da gravissime circostanze esterne, può in qualche modo decidere che cosa sarà di lui – spiritualmente – nel lager: un internato tipico o un uomo che resta uomo anche qui e conserva intatta la dignità d’uomo. (…) Poiché non ha senso solo la vita attiva in cui l’uomo ha la possibilità di realizzare dei valori in modo creativo; e non ha senso sola la vita ricettiva cioè una vita che permette all’uomo di realizzarsi sperimentando la bellezza nel contatto con arte e natura; la vita conserva il suo senso anche quando si svolge in un campo di concentramento, quando non offre quasi più nessuna prospettiva di realizzare dei valori, creandoli o godendoli, ma lascia solamente un’ultima possibilità di comportamento moralmente valido, proprio nel modo in cui l’uomo si atteggia di fronte alla limitazione del suo essere, limitazione imposta con violenza dall’esterno.
Sono parole che vanno lette e rilette, di questi tempi, perché in esse troviamo una forza grande che viene dal sapere che non è tanto il cosa succede che fa la differenza ma è il come lo affrontiamo che può determinare il nostro salto verso il basso o verso l’alto della nostra natura umana. La storia, nelle sue fasi tribolate, ci ha lasciato la testimonianza di uomini e donne che hanno saputo affrontare spiritualmente la loro situazione imposta trasformandola in conquista interiore, innalzando la loro vita al livello di una vita santa. Ma quel come che ci può far fare il salto verso l’alto del nostro essere, non ce lo diamo da soli. Quel come è il risultato di una relazione profonda con Dio, fonte della nostra vita e sorgente di Speranza. Senza questa relazione, cercata, scelta e praticata, rischiamo di soccombere al cosa.
La Speranza che ci viene dalla relazione con Lui ci consente, ad esempio, di non cadere nell’apatia o nell’irritabilità, entrambe reazioni tipiche da condizioni di limitazione della libertà, ma, al contrario, di mantenere viva un’idea di futuro, sapere che, nonostante tutto, con l’aiuto di Dio, sapremo dare una risposta degna di noi al nostro qui e ora della nostra vita, riusciremo ad avere comunque uno scopo in cui realizzare il nostro meglio di noi stessi. Questo è un salto copernicano: ci fa vivere il presente senza paura, con coraggio, difendendo ciò in cui crediamo senza compromessi, perché sappiamo che nel vivere ciò che vivremo, saremo strumento nelle mani di Dio e, quindi, nelle migliori mani in cui potremmo trovarci.
Ringraziamo la Madonna per averci condotto fin qui con Impresa Orante, per averci chiamati a portare la preghiera di contemplazione nel mondo del lavoro, dell’economia e della finanza per trasformarli a immagine e somiglianza di Dio, attraverso quelle ispirazioni sante che si faranno azioni nuove proprio perché fecondate dalla Sapienza di Dio e plasmate dal Suo amore.
E ringraziamoLa perché, senza di Lei, non avremmo avuto certamente la forza di vivere il cosa di questi tempi con il cuore pieno della gioia che ci viene dal sapere che non siamo soli.
Che la Vergine Maria custodisca i nostri cuori e le nostre menti nel tempo che verrà. Amen
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