La sua santità è indecifrabile senza la comprensione del suo zelo missionario, che lei ha potuto esercitare ed esercita nel cuore della Chiesa, scegliendo di essere l’amore! Per questo il Papa Pio XI la canonizzò e la volle perentoriamente come patrona delle Missioni.Di Fra Iacopo Iadarola
E’ oggi (il 17 maggio u.s. per chi legge, Ndr) il 95° anniversario della canonizzazione di S. Teresa di Gesù Bambino (17 maggio 1925). Celebriamo tale ricorrenza riportando per i lettori un articolo uscito su Rivista di Vita Spirituale (2017/1) scritto dal frate della nostra Provincia Iacopo Iadarola.
(Oggi) 17 maggio ricorre l’anniversario della canonizzazione di S. Teresa di Gesù Bambino, avvenuta nell’Anno Santo 1925 per volontà di Papa Pio XI il quale non lesinò per la piccola santa, la prima da lui canonizzata, le più magniloquenti lodi: “la stella del mio pontificato”, “capolavoro della natura e della grazia”, “una parola vivente di Dio”, “cosa venuta di cielo in terra a miracol mostrare”…con queste ultime parole Papa Ratti dedica alla sua Teresina addirittura i versi che l’innamoratissimo Dante aveva composto per la sua Beatrice nella Vita Nova.
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Per un sunto dei motivi teologici di tanta ammirazione nonché della canonizzazione invitiamo il lettore a leggere la vibrante omelia pronunciata il 17 maggio di quel 1925 (consultabile qui), con cui i fedeli della Chiesa universale vengono invitati a porsi sotto il suo patrocinio:
Perciò, Venerabili Fratelli e diletti Figli, vivamente desideriamo che tutti i cristiani si rendano degni di partecipare a questa larghissima effusione di grazie, patrocinata dalla piccola Teresa; ma molto più vivamente desideriamo che guardino a lei con diligenza per imitarla, comportandosi come fanciulli, perché, se non saranno tali, secondo quanto dice Cristo, verranno esclusi dal regno dei cieli. Se da tutti verrà percorsa questa via dell’infanzia spirituale, tutti vedranno quanto facilmente si potrà realizzare quella correzione della società umana che abbiamo proposto fin dagl’inizi del Nostro Pontificato e soprattutto indicendo il Giubileo Massimo.
Il Papa delle missioni e la Patrona delle missioni
Ci sarebbe ancora molto da raccontare circa la devozione di Pio XI per questa santa, fervida dall’inizio del suo pontificato fino al letto di morte; devozione che, fra i Papi, trova rivali forse soltanto nel Santo Padre Francesco, che cita frequentissimamente Teresina nel suo magistero e si è degnato di canonizzarne i genitori. Qui ora potremo soffermarci soltanto su uno dei motivi di tale fervore, ma che forse potrebbe essere considerato il principale: l’indole missionaria della piccola santa. Come infatti è noto, Teresa è la Patrona universale delle missioni, spartendo questo patrocinio a pari titolo col grande evangelizzatore dell’Oriente S. Francesco Saverio. Ebbene, fu proprio Pio XI a conferirle questo titolo il 14 dicembre 19271. Per quanto la stima del popolo di Dio, dei vescovi e dei teologi verso la giovane carmelitana fosse allora (ed è ancora oggi) alle stelle, non fu affatto scontato questo patronato sulle missioni, non essendo Teresina mai uscita dalla sua clausura di Lisieux! La stessa Sacra Congregazione dei Riti si era opposta. Ma si sarebbe dovuta presto piegare al volere di Pio XI di approvare il titolo con tutti i crismi liturgici e rubricali che questo comportava.
Ora, quali furono i motivi che spinsero Pio XI ad insistere tanto? Non certo una mera devozione personale, ma una motivazione dottrinale ben precisa e ben presente nel cuore e nella mente di colui che è menzionato nella Storia della Chiesa come il “Papa delle missioni”. È risaputo infatti quanto Papa Ratti si prodigò in ogni modo per dare slancio missionario al suo pontificato, di cui sono testimonianza l’allestimento dell’Esposizione Missionaria Vaticana, la creazione del Museo Missionario-Etnologico e, soprattutto, l’enciclica “Rerum Ecclesiae”. Ciò che forse è meno conosciuto è che tale enciclica è impregnata dell’insegnamento di S. Teresina, tutto mirante alla fusione dell’ideale contemplativo con quello apostolico. Insegnamento che fu anche la novità del documento pontificio, con la sua insistenza sulla necessità di fondare istituti religiosi nei territori di missione e di confidare nella priorità della preghiera nell’impegno di evangelizzazione, sull’esempio della nostra monaca carmelitana presentata come
colei che, mentre viveva quaggiù la vita claustrale, prendeva sotto la sua cura e, per dir così, adottava questo o quel missionario per aiutarlo, come soleva, con le preghiere, con le volontarie o prescritte penitenze corporali e soprattutto offrendo al Divino Sposo i veementi spasimi della malattia, di cui soffriva […] Di quanta stima Noi nutriamo per la vita contemplativa fa abbondantemente fede la Costituzione Apostolica con la quale ben volentieri, due anni fa, confermammo con la Nostra autorità apostolica la riforma onde si adattò al Codice di Diritto Canonico la regola dei Certosini, regola già fin dagli inizi dell’Ordine approvata dall’autorità pontificia. Orbene, come Noi stessi esortiamo vivamente i superiori maggiori di simili Ordini contemplativi, così voi pure induceteli con ripetute istanze a che, mediante fondazioni di Cenobî, importino nel territorio delle Missioni e diffondano tale forma austera di vita contemplativa; giacché questi uomini impetreranno dal Cielo una mirabile pioggia di grazie su voi e sulle vostre opere.
Teresina incarnava alla perfezione questo ideale contemplativo-missionario, che è centrale del suo carisma e che H. U. Von Balthasar ha definito in questo modo:
Teresa si pone in un atteggiamento, che non si identifica né con la contemplazione, né con l’azione; ma al di là di ambedue viene a trovarsi nella legge unica e unificante dell’amore, dalla quale provengono sia la passività ricettiva che la fecondità, sia Maria che Marta. Questo trascendente punto di unità è la più grande intuizione concessa a Teresa2.
La mistica missionarietà di Teresina
Se non si fosse convinti della centralità di questa intuizione, ripercorreremo ora brevemente alcuni momenti salienti della vita e dell’opera della santa monaca di Lisieux per dimostrarlo.
Anzitutto l’inizio ufficiale della vita religiosa di S. Teresina, avvenuto con la professione dei voti nel Carmelo l’8 settembre 1890, coincide con l’efficace intercessione a favore di una vocazione missionaria, quella di don Adolphe Roulland. Teresina gli scriverà candidamente che a Gesù aveva chiesto quel giorno
un’anima apostolica: non potendo essere sacerdote, voleva che, al suo posto, un sacerdote ricevesse la grazia del Signore, avesse le stesse aspirazioni e gli stessi desideri di lei3.
Il giovane missionario avrebbe in seguito testimoniato di aver finalmente superato, in modo subitaneo, la propria crisi vocazionale proprio l’8 settembre 1890, mentre era in preghiera (e in quegli anni anche un altro padre missionario, Maurice Bellière, avrebbe potuto sperimentare il materno e premuroso supporto della giovane Teresa).
Ma quali erano le aspirazioni e i desideri di cui scrive Teresina nella lettera appena citata? Anzitutto dobbiamo ricordare quelli dei suoi genitori, che avevano desiderato un figlio missionario. Poi anche quelli della sua madre Priora:
Io dico che partirei con gioia per il Tonchino, se il buon Dio si degnasse di chiamarmi là. Questo forse la sorprenderà, non è infatti un sogno che una carmelitana pensi di partire per il Tonchino? Ebbene, no! non è un sogno e io posso anche assicurarla che se Gesù non viene presto a cercarmi per il Carmelo del Cielo, partirò un giorno per quello di Hanoi, poiché ora vi è un Carmelo in quella città: è quello di Saigon che lo ha fondato di recente. Lei ha visitato quest’ultimo e sa che in Cocincina un Ordine come il nostro non può reggersi senza elementi francesi, ma, ahimé, le vocazioni sono molto rare e spesso le Superiore non vogliono lasciar partire suore che credono adatte a rendere servizio alla loro propria comunità. Così in gioventù la Nostra Madre fu ostacolata dalla volontà del suo superiore di andare a sostenere il Carmelo di Saigon. Non tocca certo a me dispiacermene: ringrazio il buon Dio di avere ispirato così bene il suo rappresentante, ma mi viene in mente che i desideri delle madri talvolta si realizzano nei figli e non sarei sorpresa di andare su sponde infedeli a pregare e soffrire come avrebbe voluto fare la Nostra Madre! 4.
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E per comprendere più a fondo quanto S. Teresina avesse a cuore l’estremo Oriente verso cui sognava di salpare si leggano le strofe di questa poesia dedicata a don Adolphe Roulland:
Per il Conquistatore d’anime
immolarmi voglio al Carmelo,
diffondendo con lui quel fuoco
che ci portò Gesù dal Cielo.
Con Lui – mirabile mistero! –
amar farò il virgineo nome
della mia Madre tenerissima
fino al Su‑tchuen orientale!
Nella mia grande solitudine
voglio i cuori conquistar, Maria!
I peccatori, col tuo Apostolo,
convertirò in capo al mondo.
E per lui l’acqua del Battesimo
farà del neonato d’un sol giorno
il tempio dove Dio medesimo
per amore abiterà.
D’angioletti popolerò
il radioso soggiorno eterno.
Per suo mezzo a schiere i bambini
in volo andranno sù nel cielo5.
O ancora si leggano i versi scritti per Théophane Vénard, santo missionario martire in Vietnam di cui Teresina era tanto devota da tenere accanto al capezzale il suo ritratto negli ultimi giorni della sua vita:
Pur io l’amo quell’infedele spiaggia
che fu l’oggetto del tuo ardente amore.
Io verso quella volerei con gioia
il giorno che il buon Dio mi ci chiamasse.
Ma ai suoi occhi non ci son distanze,
l’universo è per Lui soltanto un punto.
Il mio fiacco amore e il dolor mio piccolo,
cari a Dio, Lo fanno da lontano amare6.
Non dobbiamo pensare che questi desideri missionari di Teresina fossero frutto di vagheggiamenti esotici, riflesso ecclesiastico del lirico desiderio di evasione di una Francia fin de siècle. Questi desideri avevano radici spirituali molto profonde, che affondavano nel mistero della sua vocazione, quale la si può evincere dal celebre brano di Storia di un’anima in cui Teresina narra la scoperta del suo mistico posto nella Chiesa: “nel cuore della Chiesa sarò l’Amore!”. Poche righe prima di giungere a questa vertiginosa conclusione, infatti, i toni più accesi Teresina li serba proprio per descrivere il suo estatico slancio missionario:
“Ah! nonostante la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i Profeti, i Dottori; ho la vocazione di essere Apostolo… vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa, ma, o mio Amato, una sola missione non mi basterebbe, vorrei al tempo annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo e fino nelle isole più lontane… Vorrei essere missionaria non solo per qualche anno, ma vorrei esserlo stata dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli…”7.
“La mia missione sta per cominciare…”
Teresina, per via dell’aggravarsi della sua tubercolosi, non sarebbe più potuta partire per il tanto vagheggiato Carmelo di Hanoi, ma cionondimeno avrebbe trovato la sua missione più vera:
Sento che sto per entrare nel riposo. Però sento soprattutto che la mia missione sta per cominciare, la mia missione di far amare Dio come io lo amo. Il mio cielo trascorrerà sulla terra fino alla fine del mondo. Sì, voglio passare il mio cielo a far del bene sulla terra. Non posso essere felice di godere, non posso riposare fino a che non siano salve tutte le anime8.
Dopo questa breve rassegna, speriamo che risulti evidente come per Teresina lo zelo missionario fu coessenziale al suo essere monaca, contemplativa, carmelitana. Rivendicava in ciò di essere un’autentica figlia di S. Teresa d’Avila 9, la quale le aveva insegnato che “Una carmelitana che non fosse apostola si discosterebbe dalla finalità della sua vocazione e cesserebbe di essere figlia della serafica S. Teresa, che desiderava offrire mille vite per salvare una sola anima”10; che “non potendo essere missionaria nell’azione, ho voluto esserlo per mezzo dell’amore e della penitenza, come S. Teresa”11; che infine, semplicemente, “lo zelo di una carmelitana deve incendiare il mondo”12.
Il significato della santità di S. Teresina, che oggi commemoriamo, non può essere quindi integralmente compreso senza la contemplazione di tale slancio missionario, che fu esplicitamente evidenziato dal Papa che la volle santa e che è quanto mai attuale e necessario nell’odierno contesto di “globalizzazione dell’indifferenza”. Che la santa delle rose risvegli anche in noi questo fuoco apostolico e ci attiri allo Sposo come la fanciulla innamorata del Cantico dei Cantici, per attirare altri ancora:
“Ecco la mia preghiera, chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, in modo che Egli viva ed agisca in me. Sento che quanto più il fuoco dell’amore infiammerà il mio cuore, quanto più dirò: Attirami, tanto più le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allontanassi dal braciere divino), correranno rapidamente all’effluvio dei profumi del loro Amato, perché un’anima infiammata di amore non può restare inattiva…”13
Note:
1 Segnaliamo ai lettori il ricco saggio di P. Damaso Zuazua ocd, “80 anni Patrona della missioni”, scritto in occasione dell’ottantesimo anniversario del conferimento del titolo, da cui abbiamo potuto attingere molte preziose informazioni per la stesura del nostro piccolo contributo.
2 Sorelle nello Spirito. Teresa di Lisieux e Elisabetta di Digione, Jaca Book 1974, p. 143. Traduzione da noi rielaborata in base all’originale tedesco.
8 Ultimi colloqui, 17 luglio 1897.
9 …e si trovava sotto questo aspetto in perfetta consonanza con la sua coeva “sorella in Spirito” S. Elisabetta della Trinità: “Chiedi alla nostra serafica Madre S. Teresa; amò tanto e morì di amore. Chiedile la sua passione per Dio e per le anime. La carmelitana deve essere apostola: tutta la sua preghiera e i suoi sacrifici tendono a questo” (Lettera 136 a Germana di Gemeaux). “La nostra Santa Madre vuole che le sue figlie siano completamente apostoliche” (Lettera 179 a Germana de Gemeaux). Come vera figlia di S. Teresa, desidero essere “apostola” per dare maggiore gioia a Colui che amo. Come la nostra S. Madre, penso che mi abbia lasciata sulla terra per zelare il suo onore, come vera sua sposa” (Lettera 276 alla Sig.ra Hallo). “Apostola e Carmelitana: sono la stessa cosa” (Lettera 124 all’abate Beaubis).
12 Manoscritto C, 33v°. Emblematico caso di riscrittura creativa di Teresa che scrive precisamente incendiare (embraser), poi corretto da Madre Agnese in abbracciare (embrasser) secondo la citazione di S. Teresa d’Avila come riportata in Fragment du livre sur le Cantique des cantiques, vol. III, p.318.