L’abbazia francese dedicata a San Michele arcangelo è uno scrigno di tesori poco noti e un luogo di grande misticismo. Qui l’arcangelo si sarebbe manifesto con una luce molto intensa
L’abbazia francese di San Michele è pure chiamata l’abba- zia delle trecento reliquie. immaginate la navata e le cappelle della chiesa abbaziale animate da sacro fervore, centinaia di fedeli che avanzano in ginocchio fino al transetto e al coro. l’emozione è estrema poiché i pellegrini sfiorano nel loro procedere degli oggetti dal potere sacro misterioso: le reliquie.
Solo Roma, Bisanzio e Gerusalemme possono rivaleggiare con Mont-Saint-Michel, esporre tanti ricordi di Cristo, della vergine e dei santi. trecento ricordi sacri, oggetti di venerazione che si ritenevano in grado di cancellare i peccati, guarire le malattie, operare dei miracoli.
Le due armi dell’arcangelo
I reliquiari più preziosi, che attiravano a migliaia i pellegrini dell’intera europa, erano consacrati a Sant’Oberto e soprattutto all’arcangelo Michele. Fin dal 709, quando gli emissari del vescovo Oberto erano ritornati dal Monte Gargano con una piccola lastra del marmo sul quale Michele aveva poggiato il piede, e un pezzo della cappa rossa lasciata dall’arcangelo stesso. Nel Medioevo, la lastra di marmo era racchiusa in una cassetta d’argento dorato, il velo del paradiso tenuto da un angioletto pure d’argento dorato.
Si veneravano anche le due armi dell’arcangelo, la spada e lo scudo di cui si era servito per uccidere un dragone mostruoso che affliggeva l’Irlanda.
Il monte dei miracoli
Il Monte San Michele è un luogo privilegiato di miracoli. Fin dal 708, sotto la guida dell’arcangelo, il vescovo Oberto fa sgorgare dalla punta della sua croce una sorgente d’acqua viva, indispensabile per la sopravvivenza dei canonici sull’isolotto. la sorgente ha il potere di guarire le febbri.
Nel passaggio degli emissari ritornati dall’Italia con le reliquie della cappa e del marmo, una cieca di Astériac recupera la vista. ella grida: «Quanto è bello vedere!» e il villaggio d’Astériac prenderà da allora il nome di beauvoir.
La “chiarezza di San Michele”
Molto presto, i pellegrini si portano in ricordo le pietre della roccia come reliquie. Per dissuaderli, i monaci narrano ai visitatori la storia dell’italiano che rientra a casa sua con una pietra del Monte. egli diventa infermo. Due anni più tardi, fa voto di restituire la pietra se recupera la salute. Si ritrova subito in piedi e può realizzare il suo voto.
Pare che, malgrado i divieti, l’incubazione sia stata per molto tempo praticata sul Monte. I malati passavano una o più notti chiusi nella chiesa, distesi per terra. Occorreva del coraggio o tanta disperazione, poiché spesso verso mezzanotte il santuario s’illuminava di un chiarore intenso, la «chiarezza di San Michele», e vibrava di canti angelici. Era l’arcangelo che visitava il suo santuario.
Il canto degli angeli
Nel 1050 e nel 1263, i religiosi sentono i serafini intonare il Kyrie Eleison mentre figure di fuoco girano intorno all’altare. il venerdì 3 novembre 1452, verso le 9 di sera – il tempo era sereno – scoppia un fulmine, si abbatte una forte grandinata e una fiamma ardente si srotola in scintille intorno alla campana. l’insieme del monastero si ritrova illuminato. Il fenomeno si completa una mezz’ora più tardi con un colpo di fulmine più forte di tutti gli altri.
Il giovane che diventa cieco
Una sera, un giovane un po’ curioso entra in chiesa e si nasconde in un angolo per scorgere la famosa chiarezza. A mezzanotte, egli ha alcune visioni d’un tale fulgore da tramortirlo. Si trascina con grande pena fino alla porta. inebetito, rimane tre giorni a piangere, poi muore.
Nessuno inoltre doveva vedere il marmo e il drappo rosso dell’arcangelo. Ma giunto un nuovo canonico, eccitato dalla leggerezza del suo giovane spirito, digiunò tre giorni consecutivi e, al quarto, avendo lavato il suo corpo, egli prese tra le mani la cassetta e cercò di forzarne il coperchio con un coltello ma fu subito privato della vista, dell’udito e della parola. egli pianse la sua folle curiosità, ma troppo tardi, perché rese lo spirito.
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