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Ero in carcere e siete venuti a visitarmi

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Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 27/04/20
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Padre Henryk Sawarski, polacco, lavora da più di 40 anni in Madagascar. Dal 2015 è cappellano della prigione di Port-Bergé, e testimonia come Dio tocchi l’anima dei prigionieri e li aiuti a iniziare una vita nuovaPrima che padre Henryk Sawarski diventasse cappellano di carcere non era mai stato in una prigione. “Quando passavo lì vicino in macchina vedevo i muri della prigione con il filo spinato sopra… o magari ne sentivo parlare”, ha detto il missionario polacco parlando con l’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).

Nell’Anno Santo Straordinario della Misericordia proclamato da Papa Francesco, padre Henryk è stato destinato alla diocesi di Port-Bergé. “Il Papa ha chiesto opere di misericordia sia corporali che spirituali. Ho saputo allora che la prigione non aveva un cappellano, e all’improvviso ho avuto l’intuizione che in quel luogo avrei potuto diffondere meglio la misericordia di Dio. Oggi so che è stato Gesù Misericordioso a ispirarmi”.

Padre Henryk è rimasto profondamente commosso dalla miseria che ha trovato in prigione. In primo luogo ha iniziato a rimediare alle necessità materiali concrete, offrendo ai prigionieri cibo, vestiti e medicinali, migliorando le condizioni igieniche e ponendo fine alla piaga degli insetti.

MADAGASCAR

Unknown | Aid to the Church in Need

“I carcerati si stupivano e si chiedevano: ‘Perché questo vazaha (uomo bianco) fa questo? Perché spende tanto denaro e ci dedica tanto tempo? Vuole comprarci per convertirci?’ Ma no, non ho detto neanche una parola sulla preghiera e sulla religione; sono rimasto in silenzio, e Gesù Misericordioso ha parlato loro. Sono rimasto molto sorpreso quando un giorno mi hanno chiesto: ‘Padre, quando preghiamo e quando c’è la Santa Messa?’”

MADAGASCAR

Unknown | Aid to the Church in Need

Solo una dozzina degli oltre 200 prigionieri è cattolica; i reclusi sono perlopiù animisti, e alcuni sono protestanti o musulmani. “Tratto tutti come se fossero figli miei”, dice padre Henryk. Alla prima Messa di Natale, celebrata all’aperto al caldo dal vescovo Georges Varkey, hanno assistito tutti i reclusi.

Nel cortile della prigione ascoltava le Confessioni. “Quando gli altri reclusi vedevano uno di loro inginocchiato si chiedevano ‘Che stanno facendo?’, ma il predicatore migliore è l’esempio: pensate che ora vengono anche i protestanti, e quelli che simpatizzano con i cattolici chiedono la benedizione. Parlano della loro colpa, ed è schiacciante vedere come la grazia di Dio scrive dritto sulle linee storte della vita confusa di una persona. Bisogna compiere un grande passo per arrivare alla conversione interiore, ma servono solo tempo e pazienza. È importante che il recluso si penta delle proprie azioni, voglia cambiare e prometta che quando uscirà dal carcere non ci tornerà di nuovo”.

È molto importante anche mantenere delle conversazioni: “Bisogna ascoltare pazientemente quando parlano di queste situazioni complicate. A volte dico che non ho un rimedio generale, ma il prigioniero dice: ‘Grazie, padre, per avermi ascoltato!’”

Le preghiere che padre Henryk recita con loro, la croce che traccia sulla loro fronte, la benedizione con l’acqua benedetta e la croce di cenere il Mercoledì delle Ceneri sono importanti per i reclusi.


JAIL
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La cappellania del carcere include catechesi, lettura delle Scritture e un coro maschile e uno femminile; importanti sono anche i corsi di alfabetizzazione, lo sport e i lavori manuali, come l’intreccio di ceste, che rappresentano un passo importante nel cammino verso una nuova vita.

Per padre Henryk, il carcere è “un ospedale speciale”. C’è chi è schiacciato a livello mentale, psicologico e morale, senza formazione, perché spesso non è andato neanche a scuola. “Servono sforzo e tempo per ottenere qualsiasi frutto, ma in cielo la gioia per un peccatore che si converte è superiore a quella per un giusto”, dice il missionario.

Il sacerdote ha parlato ad ACS di un recluso che è già stato rimesso in libertà e ha iniziato una nuova vita. “Jean è stato in prigione per aver venduto la carne di bestie rubate”.

“Mentre era in carcere provava una grande nostalgia della moglie e dei figli, che non andavano più a scuola perché non c’era il denaro per permetterlo. Ho parlato molte volte con lui, anche di temi spirituali, e mi ha detto: ‘Padre, quando uscirò da qui e tornerò a lavorare cercherò un’altra occupazione, per non vendere più carne di animali rubati; non ingannerò i clienti mentre la pesano, per non tornare in prigione. Alleverò i miei figli perché siano brave persone, e prometto di pregare con fervore’. Era protestante. E mi ha detto: ‘Quando verrò a Port-Bergé, porterò qualcosa per i reclusi e per lei’. E così è stato. A volte porta della carne, e io gli chiedevo: ‘Jean, la carne non sarà di besti rubate?’, e lui rispondeva ‘No, no!’ A volte porta un po’ di riso o frutta. Non è forse un buon esempio di una persona che si è convertita e ora sta compiendo opere di misericordia?”.


MARY ANN
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Grazie alla fondazione ACS, la cappellania della prigione dispone ora di una cappella e una piccola biblioteca. Padre Henryk è molto grato per tutto questo: “Cristo stesso lo insegna nel Vangelo: ‘Ero in carcere, e siete venuti a trovarmi’ (Mt 25, 36). La venerazione della Divina Misericordia è molto importante e fruttuosa nel processo di conversione, serve a questo proposito. Nulla si perde, e anche all’ultimo ci si può salvare, come Cristo ha promesso al ladrone sulla croce: ‘Oggi sarai con me in Paradiso’ (Lc 23, 43)”.

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