Bisogna scrutare la luce che è dentro la propria anima. Per potere accantonare le tenebre riavvicinarsi al Signore
Accendere la luce che riposa, magari spenta, dentro la tua anima. E il primo passo per dire “sì” al Signore.
Don Fabio Rosini ne parla in “L’arte di ricominciare” (San Paolo): ad ogni giorno della Creazione associa una parte del discernimento, dell’incontro tra noi e Dio.
«In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo».
Luce e tenebre, giorno e notte
Luce e tenebre, spiega Rosini, possono essere intese in molte chiavi. In quella biblica la luce è il buono, il valido. Essere figli della luce vuol dire viaggiare verso frutti belli, arrivare a cose belle. E le tenebre vanno apertamente denunciate come tali.
Di pari passo, il giorno e la notte sono quel che va fatto e quel che non va fatto. Il giorno è lo spazio dell’attività, la notte è la zona delle cose da cui astenersi.
Quel che è giorno è ciò che dovremo abbracciare, e, per quanto ci sia possibile, allontanarci da quel che è notte. Gesù, per spiegare perché fa una cosa che i discepoli non condividono – quando decide di tornare in Giudea malgrado i rischi di essere ucciso (e lo sarà) – dice:
«Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
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Le notti inutili
La prima cosa da dire a tante persone, evidenzia don Fabio, è: il giorno è il giorno e la notte è la notte. Quanti uomini e donne passano nottate a pascolare davanti alla televisione, o giornate spese in stupidaggini. Quante perdite di tempo!
Il giorno è il giorno, e di giorno si lavora, di notte principalmente si dorme. Sembra normale eppure tanta gente non lo fa.
Le notti trasversali
Poi ci sono le notti “trasversali”, nel senso che te le metti di traverso in pieno giorno: adesso prego ma prima guardo un momento una cosa (e poi non preghi), o cominciare un discorso importante da una curiosità che non c’entra niente, e finire per parlare solo di quello; e uscire per prendere giusto una cosa di corsa, e tornare con due sacchi di mercanzie.
Ma questi sono solo esempi “morbidi”. E pensare il tempo perso appresso ai peccati capitali: non va dimenticata la vita sprecata nella rabbia – rodendosi e magari non riuscendo a prender sonno; o nell’invidia e via dicendo.
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L’alternativa dell’amore
Il problema del peccato, sottolinea il sacerdote, autore de “L’arte di ricominciare”, non è il peccato ma ciò di cui è alternativa: l’amore. Quindi tutto il tempo passato a non amare è notte, è tenebra. Può essere insulso, come negli esempi precedenti, o grave, ma l’effetto è lo stesso: non entrare nella luce.
Nella vita, sia interiore che esteriore, per lasciare che Dio ci ricostruisca, è senza senso partire dai particolari: bisogna partire dalle cose più macroscopiche, quelle che si vedono appena si accende la luce.
La prima cosa da focalizzare per lasciarsi rimettere in piedi dalla generosità del Padre, se siamo caduti, o per tornare a “girare” bene e risintonizzarci con Lui, deve essere qualcosa a nostra portata, immediatamente disponibile.
Il dono di Dio
Ci sono cose che non hanno bisogno di discernimento. Perché la cosa strana è che la luce, tante volte, c’è già. La luce, incalza Rosini, non è una nostra opera. È un dono di Dio. La luce di quello che sei. Il fatto stesso che ci sei.
La luce. C’è. Dentro. Non basta, ma c’è. Ci vuole il Signore e l’aiuto di chi Lo conosce perché splenda e ti salvi, ma c’è. E serve per ricominciare. Perché ho bisogno di un motivo per riprendere a camminare. Ho bisogno di un vettore interiore, debbo avere voglia di cercare qualcosa che so che c’è. E il motivo è scritto per grazia dentro la mia anima.
“Dire di si” è motivo per riprendere a camminare. Ho bisogno di un vettore interiore, debbo avere voglia di cercare qualcosa che so che c’è. E il motivo è scritto per grazia dentro la mia anima. E da lì che riparte l’incontro con Dio.
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