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Due gesti ribelli di San Francesco d’Assisi che non tutti conoscono

ST FRANCIS,STATUE

San Francesco d'Assisi

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padre Enzo Fortunato, OFM Conv. - pubblicato il 29/03/20
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L’elemosina e i briganti: due racconti ricavati dalle fonti francescane in cui esce fuori un Francesco sfrontato, ma dal cuore grande

Gesti rivoluzionari, «ribelli», controcorrente. Il ribelle è infatti colui che dice di «no» a sistemi iniqui, perversi, accomodanti. Che rinuncia ai «sì» sporcati dal tornaconto personale o da compromessi che non rispettano le persone.

Vi voglio raccontare due episodi della vita di Francesco d’Assisi che mostrano questo animo del santo, per certi versi impulsivo, ma mosso da un cuore grande.

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BRAD COY | CC

Il primo episodio

Il primo è quello che racconta Tommaso da Celano di quando «venne dal santo la madre di due frati a chiedere fiduciosamente l’elemosina. Provandone vivo dolore il santo si rivolse al suo vicario, frate Pietro di Cattanio: “Possiamo dare qualcosa in elemosina a nostra madre?”, perché chiamava madre sua e di tutti i frati la madre di qualsiasi religioso. Gli rispose padre Pietro: “In casa non c’è niente che possiamo darle. Abbiamo solo” aggiunse “un Nuovo Testamento, che ci serve per le letture del mattutino, essendo noi senza breviario”».

Il regalo

Gli rispose Francesco: «Da’ alla nostra madre il Nuovo Testamento: lo venda secondo la sua necessità, perché è proprio Lui che ci insegna ad aiutare i poveri. Ritengo per certo che sarà più gradito al Signore l’atto di carità che la lettura». Così fu regalato il libro alla donna e fu alienato per questa santa carità il primo Testamento che ebbe l’Ordine».


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Il secondo episodio

L’altro episodio è quello dei ladroni di Montecasale. Vicino a San Sepolcro infatti, come riporta la Compilazione di Assisi, erano nascosti dei ladri che depredavano i passanti, per questo i frati del luogo sostenevano che non era il caso di dargli l’elemosina.

Francesco, giungendo in quel luogo, disse loro: «Andate e procuratevi del buon pane e del buon vino, portateli a loro nei boschi dove sapete che si trovano e chiamateli gridando: “Fratelli briganti, venite da noi: siamo i frati e vi portiamo del buon pane e del buon vino!”. Essi verranno subito da voi. Allora voi stenderete per terra una tovaglia, vi disporrete sopra il pane e il vino, e li servirete con umiltà ed allegria finché abbiamo mangiato. Dopo il pasto annunciate loro le parole del Signore, e alla fine fate loro questa prima richiesta per amor di Dio: che vi promettano di non percuotere nessuno e di non fare del male ad alcuno nella persona. Poiché, se domandate tutte le cose in una sola volta, non vi daranno ascolto; invece, vinti dall’umiltà e carità che dimostrerete loro, ve lo prometteranno. Un altro giorno, grati della buona promessa che vi hanno fatto, procurate di aggiungere al pane e al vino anche uova e cacio, portate tutto a loro e serviteli, finché abbiano mangiato. Dopo il pasto direte loro: “Ma perché state in questi posti a morire di fame e a sopportare tanti disagi, facendo tanto male con il pensiero e le azioni, a causa delle quali perderete le vostre anime se non vi convertirete al Signore?”». […]

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La reazione dei briganti

I frati si mossero ed eseguirono ogni cosa secondo le indicazioni del beato Francesco. E i briganti, per la misericordia di Dio e la sua grazia, discesa su di loro, ascoltarono ed eseguirono alla lettera, punto per punto, tutte le richieste che i frati avevano fatto loro.

Il senso di questi due gesti

i gesti esistenziali di Francesco potrei dire che sono animati da una verità socratica che è anche verità evangelica: “Ogni parola, prima di essere pronunciata, dovrebbe passare tre porte. Sull’architrave della prima è scritto: “È vera?”. Sulla seconda campeggia la domanda: “È necessaria?”. Sulla terza è scolpita l’ultima richiesta: “È gentile?”».


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