Passiamo una vita intera a districarci tra dipendenza e autonomia: questa ricerca di equilibrio continua anche nella vita di coppia e indovinate? E’ una “danza” necessaria e sana! E’ espressione della vera libertà!di Marco Scarmagnani
«Ciao sono Antonella, cerco una relazione appassionante e duratura, ma con una persona non asfissiante. Detesto chi mi controlla o non sa stare senza di me. Voglio un uomo sicuro e completo, detesto – ne ho già avuti – quelli dipendenti che ti chiedono dove sei e cosa fai»
«Sono Giovanni, cerco una donna che sappia amarmi per quello che sono e con cui fare una famiglia. Negli ultimi due anni ho avuto 6 storie. Tutte finivano quando io – giustamente – chiedevo i miei spazi per giocare a calcetto con gli amici o uscire la sera»
«Sono single e cerco l’anima gemella»
«Sono sposato e ho bisogno della mia libertà»
Come il bambino che muove due passi lontano dalla mamma e poi si gira angosciato per vedere se c’è, così è l’attuale bipolarismo affettivo tra il bisogno di vicinanza e quello di solitudine.
Tanti bei dilemmi ai quali verrebbe da chiedere banalmente «Ma perché ti sposi se hai bisogno di stare libero?» o «Ma perché rifiuti di legarti se ti secca stare single?»
Domande banali, è vero, che non colgono la complessità del problema.
Cerchiamo di sbrogliare la matassa della libertà-nella-relazione in tre semplici passaggi.
Il balletto tra autonomia e dipendenza
Tutta la nostra vita è un continuo alternarsi di bisogni contrapposti e noi – come quando pedaliamo su una bici – ci sbilanciamo continuamente da una parte e dall’altra trovando un equilibrio dinamico e andando avanti. Se stiamo fermi, cadiamo. Un pedale si chiama autonomia, l’altro dipendenza. Andiamo avanti.
Prendiamo forma nella pancia della mamma, in un mondo di assoluta dipendenza.
Poi veniamo al mondo, respiriamo autonomamente e immediatamente cerchiamo il suo corpo e il suo calore.
Poi siamo bambini di 2-3 anni che dicono «no» per affermare la propria persona: «Non dipendo in tutto da voi, cari genitori, e per dimostrarmelo e dimostrarvelo mi posso opporre»
Diventiamo adolescenti, e la parola d’ordine è “indipendenza”. L’indipendenza – la totale autosufficienza, sia fisica che psichica e affettiva – non è possibile per gli esseri umani. L’adolescente “rompe” con la sua famiglia per cercare una sua identità. Nella migliore delle ipotesi svilupperà una dipendenza dagli amici o dalle relazioni affettive: è una dipendenza tendenzialmente sana che gli permette di sperimentarsi fuori dal contesto familiare e pervenire all’autonomia.
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L’autonomia – a differenza della dipendenza – non è “fare a meno di voi”, ma riuscire a fare delle scelte, ragionando con la propria testa, tenendo conto del contesto ma anche delle inclinazioni personali.
Mi sono molto dilungato in questa descrizione perché il balletto tra autonomia e dipendenza comincia molto presto, e quello che si vive nella coppia è il risultato dell’incontro di due persone che hanno vissuto (con più o meno difficoltà) le relazioni precedenti.
Mi accorgo ora che con “relazioni precedenti” potremmo intendere sia le relazioni primarie familiari che le relazioni con gli “ex”. Questo è un capitolo talmente ampio che mi riservo di scriverne in un’altra occasione. Per ora sappiate che le relazioni affettive passate hanno un peso enorme nella relazione attuale.
Tornando alla coppia, è normale che da un lato si cerchi dipendenza (l’innamoramento in particolare è dipendenza allo stato puro), dall’altro si cerchi autonomia (che porta ad una maturazione della coppia, grazie alla quale ognuno potrà dare un contributo personale più arricchente alla relazione), e dall’altro ancora ci siano delle fughe adolescenziali verso l’indipendenza (voglio – in certi momenti – fare come se tu non ci fossi) che – non essendo compatibile con l’essere umano – non è compatibile nemmeno con una relazione affettiva.
Come ogni relazione precedente andava “risolta” in una sorta di dialettica hegeliana dipendenza/indipendenza-autonomia/interdipendenza così non vi spaventate se nella coppia si ripropongono ciclicamente questi temi.
Le giuste distanze
Grazie al fatto che siamo differenti, tema già ampiamente discusso sopra, dovremmo essere facilitati a trovare una giusta distanza tra l’attaccamento ossessivo simil-infantile e il distacco simil-adolescenziale.
In genere uno dei due è geloso, l’altro no; uno vuole passare tutto il tempo libero insieme, l’altro vuole una sera per uscire con gli amici; uno vuole stare appiccicato sul divano, l’altro su un divano differente.
Sono dinamiche fastidiose ma assolutamente negoziabili. Se diventano fonte di grande sofferenza, significa che uno o entrambe non hanno ben risolto qualcuno dei passaggi che abbiamo visto sopra, e il consiglio è quello di farsi aiutare da un professionista in un lavoro sui temi della dipendenza (se vi riconoscete, ci scommetterei che nelle relazioni che vi hanno preceduto ci sono persone che sono state dipendenti da alcool o da sostanze, perché è un altro modo per rispondere – male – alla difficoltà in questo campo).
Comunque, dicevamo, se questo tema non è drammatico, lo affronterei con un classico protocollo di cerchiobottismo (un colpo al cerchio e uno alla botte):
- se lui volesse uscire sempre con gli amici e lei desiderasse sempre stare con lui, vorrà dire che usciranno insieme ma lui qualche volta uscirà con gli amici (in luoghi compatibili con il matrimonio e la relazione ovviamente!)
- se lei si sente soffocare quando lui vuole stare a guardare il film abbracciati sul divano, vorrà dire che lei starà con lui e poi ad un certo punto con molta semplicità si siederà sull’altro divano
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Non è difficile, le coppie in genere risolvono questi atteggiamenti con molta semplicità. L’importante è essere chiari e sereni. Nessuno vuole essere soffocato o soffocare. Si passeggia mano nella mano, consapevolmente, sentendo una presa viva; poi se uno si vuole staccare da una stretta un po’ più energica e si stacca, poi quando vuole si riattacca. Nessuno vuole una mano flaccida, ma una mano presente che c’è e poi si differenzia.
Rispettate sia il vostro bisogno di contatto che quello di distanza. È sano avere bisogno – in una relazione – di tempo per sè, per stare con se stessi, per rientrare e ricentrarsi.
Liberi da…?
Chi non vuole essere libero?
L’ultimo spunto è un po’ filosofico e cerco di ragionare intorno all‘atteggiamento interiore con cui guardiamo al senso della nostra libertà. Attingo liberamente dal pensiero di Viktor Frankl.
Se vivete in coppia, non si tratta di essere liberi da (te) o di essere liberi di (fare quello che vogliamo). È paradossale!
La libertà si esprime nella libertà di aderire con entusiasmo a quello che avete scelto. È la più grande libertà dell’essere umano per tuffarsi direttamente nella dimensione del senso, del significato.
Siete liberi di dare significato pieno alla vostra vita. E se quello che avete scelto è la sfida della coniugalità, della vita di coppia, siete liberi di amare oltre misura, rispondendo così ad una grande vocazione, liberi per dare senso pieno alla vostra vita. E il bello è che nessuno ve lo potrà impedire!
Non è un moralismo, avete sotto gli occhi la tristezza di chi è solo e pubblica post patetici sui social, di chi è sposato ma non vorrebbe esserlo, o invidia chi è libero, il quale a sua volta invidia chi ha qualcuno a cui voler bene.
Uscite da questa triste lagnanza, lanciatevi con gioia nella libertà di amare la persona che avete accanto. Con tutte le vostre forze. Stando insieme e stando da soli, in quel balletto dell’allontanarsi e del riavvicinarsi che ricorda molto il perdersi e ritrovarsi del Cantico dei cantici.
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