Oggi facciamo sempre più fatica a chiamare il diavolo per nome perchè non riusciamo ad individuarlo. Spesso si maschera da capi carismatici che idolatriamo e stimiamo. Senza comprendere cosa si nasconde dietro di loro
Il satanismo dei primi decenni del Duemila è l’icona di una certa modernità, proteiforme e variegata.
Nonostante la diversità degli approcci, sembra permanere, in tutte le varie forme in cui si manifesta il demoniaco, un elemento sufficientemente significativo e comune alle diverse forme di satanismo: una “ribellione radicale” sia che si traduca in un’adorazione o venerazione esplicita a Satana per servirlo, sia che ci si limiti a servirsene per tutti quegli scopi terreni che il Satana biblico propone agli uomini come fine ultimo della loro esistenza, sia che lo si usi come un simbolo in una sorta di “psicodramma” mirante a consumare una ribellione totale contro il Dio della Bibbia al fine di coltivare l’illusione di poter meglio gustare i beni terreni.
“Senza nome” e “senza faccia”
Il satanismo contemporaneo diviene un fenomeno “senza nome”, “senza faccia”, alla portata di tutti e di facile presa. Il male diviene autonomo e impersonale; basti pensare al fatto che diverse sette, definite sataniche, non credono affatto al personaggio biblico chiamato Satana. Ed è proprio questo il suo agire attuale, la sua azione ordinaria nella cultura delle emozioni forti: attraverso la sua opera seduttrice, provoca l’obnubilamento delle menti e delle coscienze delle persone, spingendole a compiere azioni contrarie alla volontà di Dio e dannose per sé e per gli altri.
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Si fa fatica a dargli un nome
L’esperienza del male è caratterizzata anzitutto dalla confusione e quindi dalla fatica a capire, a spiegare o comunque a dare un significato a ciò che si sta sperimentando. Fa parte di questa modalità dell’esperienza del male la fatica a dare un nome al diavolo – demonio -. Principe di questo mondo, insomma al Nemico o Avversario di Dio e dell’uomo. Questa fatica a comprendere e a dare un nome si manifesta nella pluralità di linguaggi e rappresentazioni che accompagnano l’unica grande esperienza del male.
“Principio del male”
La tentazione è quella di semplificare il più possibile i termini del problema, le figure e i nomi, riconducendo tutto a un neutro “principio del male” che possa contenere tutto. Ma questa soluzione non fa altro che riproporre il problema, creando un indeterminato negativo o malum, senza nome e senza volto, con cui l’uomo non può confrontarsi.
I capi carismatici
Satana prende la forma della cultura attuale, caratterizzata da un profondo, e marcato soggettivismo, favorendo la diffusione di credenze vaghe e sincretiste, per cui ognuno sceglie dai vari ambiti religiosi o filosofici quegli elementi che ritiene a lui congeniali sparendo nell’impersonale e addirittura nel far credere alla sua inesistenza. Nello stesso tempo però favorisce la sequela di capi carismatici che promettono sollievo dal male fisico, psichico o morale e si presentano come rassicuranti punti di riferimento.
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La visione confusa dell’uomo
Non chiamando più il diavolo con il suo nome e non riconoscendo nelle esperienze di male la sua traccia, la trasgressione e la ricerca delle emozioni forti divengono gli unici punti di riferimento per tutti coloro che hanno smarrito la fede e i “limiti” umani entro cui l’uomo è chiamato a vivere. Certamente ogni esperienza del male rimanda ad un’alterità misteriosa che l’uomo non controlla totalmente; la complessità dei linguaggi di questa società ha reso complesso anche il modo attraverso il quale il male si dà al mondo e all’uomo.
La visione confusa che l’uomo ha di questo mondo delle tenebre e del suo “principe”, giova sia a Satana stesso che può agire in modo tale da lasciare ferite “senza farsi riconoscere” sia all’’aspettativa di coloro che si organizzano per realizzare le opere dell’occulto, senza rendersi conto che sono solo pedine e vittime di un sistema molto più grande di loro.
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