Quello che ci fa arrabbiare del nostro partner è spesso quello che ci ha fatti innamorare: un lato che ci manca e che, paradossalmente, a volte ci infastidisce. Eppure stimare l’altro anche per i suoi difetti e lasciarci arricchire da qualcosa che non abbiamo è la via per l’amore vero.di Marco Scarmagnani
Vi fate puntualmente notare quello che non va?
Non ce la fate proprio a tenervi?
Credete di farlo “per il suo bene”?
Vedete soprattutto i suoi difetti?
Avete fatto dei tentativi di stimarlo/a ma vi siete sentiti falsi come Giuda?
E allora siete capitati nel posto giusto!
La stima: come non è sempre facile tenere alta la stima su di sé, non vedo perché dovrebbe esserlo stimare continuamente il proprio partner. Eppure di corsi sull’autostima se ne vedono, ma corsi sull’altrostima no.
Mentre la bassa autostima presenta ben noti effetti collaterali come l’umore depresso, l’ansia, l’invidia e la sensazione di non farcela, la bassa altrostima (ormai l’abbiamo battezzata così) presenta un paio di problemi piuttosto bizzarri:
- Ogni volta che disprezzate il vostro partner state implicitamente dicendo a voi stessi di avere fatto una scelta sbagliata, e quindi vi tornerà come un boomeranga una bassa autostima di ritorno, con gli interessi, che vi renderà ancora più rancorosi (verso il partner)
- La verità è che “oggettivamente” il partner è difettoso (altrimenti stareste con un semidio) e si pone il classico dilemma straziante: se glielo dico sono str… ehm scortese, se non glielo dico sono falso/a.
Che fare? Procediamo con ordine.
Se siete da sempre una coppia nella quale volavano critiche, allora il problema è strutturale, riguarda le vostre persone più che la coppia, e vi consiglio di farvi aiutare…si può sempre migliorare.
Se invece – come capita alla maggior parte – c’è stato un periodo in cui vedevate solo rosa (e ora cinicamente dite che il motivo era che avevate il prosciutto sugli occhi, che appunto è rosa) e adesso vi pare di vedere solo nero, c’è una spiegazione e anche una soluzione.
La spiegazione si chiama innamoramento e la soluzione si chiama amore.
No, no, non mi sto allenando per diventare scrittore sulle carte dei cioccolatini. Ve lo dimostro.
L’innamorarsi (che gli anglosassoni chiamano più precisamente fall-in-love evidenziandone gli aspetti accidentali) è un momento di forte attrazione (fisica e/o mentale e/o spirituale) verso un’altra persona, corrisposta (altrimenti si chiama infatuazione).
Perché questa attrazione irresistibile? Perché l’altro, l’altra, ha qualche caratteristica della quale mi sento fortemente mancante. Insomma noi saremmo attratti da un bisogno di compensazione. È quel meccanismo che poi ci ritorna attraverso i miti, attraverso alcune metafore come quella delle mezze mele che combaciano o quella ancora più zuccherosa che “siamo angeli con una sola ala che volano solo abbracciati”. Non è un processo consapevole, altrimenti sarebbe una scelta, e nessuno – credo – ha scelto di innamorarsi. Talmente inconsapevole che quasi sicuramente quello che ci manca – e ci attrae e ci lega all’altro – ci è oscuro, o molto sfocato.
Quando ci emerge alla consapevolezza? Quando qualcosa del nostro partner ci diventa proprio fastidioso. Un fastidio profondo, interno, insopportabile. Quando mi sfiora (o mi investe) l’idea che… tra tutti quelli che c’erano mi sono presa proprio il peggiore, tra tutte quelle che c’erano mi sono preso proprio la peggiore! E la domanda inconsolabile diventa: perché proprio a me?
Vi pare un ragionamento strano? Provate a prendere un difetto e a portarlo a quando eravate innamorati. Fate uno shift velocissimo, e siate sinceri:
- Mi irrita il suo essere logorroico con gli amici (e mi ha fatto innamorare quella volta che al ristorante teneva banco con tutti)
- Non sopporto che è disordinata (e ricordo me impacciato e inquadrato che cominciavo a respirare nella sua casa sottosopra e tra i suoi capelli spettinati)
- Detesto che è un testone (e ricordo quanto ho sentito fortemente maschile la sua risolutezza)
- Che rabbia, è passiva e non prende mai l’iniziativa (ma quanto mi ha fatto sentire forte e sicuro corteggiarla senza che opponesse resistenza)
- Rovina i figli con le sue cavolate (e mi ha conquistata con la sua leggerezza e simpatia)
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È la stessa caratteristica che contemporaneamente esercita su di me sentimenti contrastanti.
In questo senso
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Ti odio e ti amo – cantava Catullo a Lesbia – cioé provo per te repulsione e attrazione. Mi chiedi come sia possibile: non lo so… ma succede e questa cosa mi strazia.
Quindi il dolore è reale e il motivo per cui il mio partner me lo fa sentire così forte è che la sua caratteristica attrattiva è andata ad agganciarsi ad una parte di me mancante, debole, ed è diventata “troppo” per me, proprio per me.
La stessa caratteristica ad un altro non darebbe così fastidio ma, seguendo gli esempi sopra…
- Proprio io che sono così riservata mi ritrovo con un chiacchierone egocentrico!
- Proprio io così preciso mi trovo con una disordinata!
- Proprio io così flessibile mi trovo con un intransigente!
- Proprio io così focoso mi trovo con un pezzo di ghiaccio!
- Proprio io così seria mi trovo con un pagliaccio!
Fin qui il problema. E la soluzione?
Continuando a giocare per opposti (l’abbiamo detto che serve molta energia per stare insieme) posso cominciare a pensare che proprio quella persona che ho a fianco ha delle qualità – quelle che ora vedo come un problema – estreme ma che mi sono carenti.
Che io posso crescere, attraverso di lui, attraverso di lei, perché posso prendere un pezzettino di quel carisma così estraneo e integrarlo nella mia personalità. “Non sarò mai come te” ma…
- Mi fa comodo apprendere un po’ di estroversione
- Mi rilassa sganciarmi dai miei schemi rigidi
- Mi dà ordine prefiggermi degli obiettivi
- Mi fa bene apprendere una modalità più moderata e casta
- Tutta salute sdrammatizzare, ogni tanto
Questo è possibile con un atto intelligente di volontà, tecnicamente non possibile nell’innamoramento, ma auspicabile nell’amore, perché necessita del riconoscimento di essere di fronte ad un TU irriducibile.
E allora posso, con una nuova consapevolezza, lodare le tue caratteristiche, e invitarti a moderarne gli eccessi, come tu farai con i miei.
Siamo adulti, e siamo arrivati fin qui adattandoci alla vita come meglio abbiamo potuto. Occorre avvicinarsi con molto rispetto a chi ha fatto un cammino, un percorso di crescita.
Non sono tua madre, non sono tuo padre.
Siamo compagni (cum-panis) a fianco nelle battaglie della vita, chiamati a fare squadra.
Siamo coniugi (cum-iugus) sotto lo stesso giogo a tirare avanti la nostra famiglia, (coniux) da congiunti.
Siamo sposi (spondeo), la risposta reciproca al nostro bisogno, di crescita.
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Allora la lode a chi mi sta accanto non è uno sforzo ipocrita che mi passa tra i denti, ma il riconoscimento di un onore che devo alla persona che ho a fianco.
Non sono chiamato a dire cose false ma a cambiare il mio sguardo, per vedere la tua essenza, quella parte di te che resiste e persiste agli accadimenti della vita, e da lì dirti parole di consolazione e incoraggiamento.
Queste parole di bene, dette con amore, diventano la forza che mi farà modificare i tratti più esagerati del mio essere, affinché “gareggiando nello stimarci a vicenda” diventiamo individualemente persone migliori.
p.s. parlate bene di voi!
Imperativo categorico: non parlate male del vostro partner con gli altri in sua presenza o meno. Che bello quando possiamo dire di una coppia “sono differenti, ma non li ho mai sentiti dire male l’uno dell’altro”
“Gli sposi che si amano e si appartengono, parlano bene l’uno dell’altro, cercano di mostrare il lato buono del coniuge al di là delle sue debolezze e dei suoi errori. In ogni caso, mantengono il silenzio per non danneggiarne l’immagine. Però non è soltanto un gesto esterno, ma deriva da un atteggiamento interiore” (Amoris Laetitia, 113)
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