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Loretta Napoleoni: lavorare a maglia è la vera emancipazione femminile

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Giovanna Binci - pubblicato il 10/02/20
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Economista ed esperta di terrorismo, donna di successo spiega come il lavoro a maglia, da emblema di oppressione femminile sia in realtà una pratica che può farci riscoprire la nostra vera libertà ed essenza di donne.E’ paradossale quanto uno strumento semplice come i ferri per fare la maglia, un oggetto che fa parte della mia memoria di bambina e, grazie a mia nonna, della mia quotidianità di adulta, in realtà, a guardarlo mi faccia correre sempre un fremito freddo su per le braccia. Fino al cuore. Mentre sferruzzo, di solito sul divano, non posso fare a meno di pensare a quanto questi due semplici ferri con cui intrecciamo cose meravigliose insieme a tanto amore, siano anche la prima arma che proprio noi donne ci siamo puntate contro, tante, troppe volte, spesso in balia della solitudine, della paura. A quanto male ci siamo fatte, a quanto ne abbiamo fatto pensando che quella scelta potesse renderci più libere e felici. A quanto ci siamo illuse che quei due ferri potessero darci la nostra emancipazione, il riscatto in un mondo che ci voleva solo a sferruzzare in silenzio davanti al focolare. Quei ferri hanno significato molto per la nostra storia, sono uno strumento potente, che possiamo trasformare in un amore senza limiti, che non guarda alle ore di sonno perse, alla fatica di guastare, di rifare, che intrecciano guidati solo dal sorriso di chi indosserà quella cuffia o quella maglia oppure in uno strumento di morte, per noi e per chi non ha colpa. Che anche se oggi non moriamo più per quei ferri nel vero senso della parola, la superficialità e la facilità con cui ci approcciamo a sbarazzarci di un “errore” o di un “non voluto” continua a essere letale, per noi donne. Sul ruolo controverso e sul significato di quei ferri ha voluto dire la sua anche l’economista, esperta di terrorismo internazionale, Loretta Napoleoni, nel suo ultimo libro, “Sul filo di lana. Come riconnetterci gli uni con gli altri”, in cui racconta come proprio il lavoro a maglia l’abbia più volte “salvata” e abbia aiutato lei, donna in carriera, affermata e di successo, a uscire dalle crisi della vita e dall’abisso in cui capita a tutti di precipitare.


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Non ultimo, forse, proprio perché lavorare a maglia, nella sua lentezza e ripetitività, ti costringe a fermarti, a riprenderti un tempo meno frenetico, un tempo che dedichi agli altri oltre che a te stessa, una quiete che oggi sembra non appartenerci più o è un lusso. Per la donna poi, oltre a una pratica di mindfulness molto in voga e riconosciuta come benefica anche da molti studi scientifici, la riscoperta del lavoro manuale e della maglia nello specifico, ha un significato ancora più profondo proprio per la valenza ideale e ideologica da sempre associata ai famosi ferri.

La rinascita dei lavori manuali a livello mondiale, e in particolare del lavoro a maglia, conferma che ci stiamo rendendo conto che la maschilizzazione della donna non è assolutamente un’emancipazione. Al contrario, è un’altra forma di schiavitù,

afferma la Napoleoni in una intervista a TPI. Se invece che una pratica arcaica e sessista i ferri fossero lo strumento che ci ricorda la nostra vera libertà? Quella fatta di dono, amore incondizionato, di quella gioia che ci dà il prenderci cura e di quanto farlo ci scaldi il cuore più di un filato 100% Merino. La libertà di creare per il gusto di farlo, di smetterla di correre e rincorrere chissà quali risultati, di ripensare il nostro ruolo.

La capacità di realizzare un maglione per il proprio partner o un poncho per sé è un segno di abilità personale, un’espressione di creatività, insomma un atto di libero arbitrio,

scrive Loretta Napoleoni nel libro.

Lungi dall’essere espressione dell’oppressione, della donna relegata in casa, non riconosciuta per il suo lavoro, l’economista mette in luce quanto il valore delle donne sia spesso stato legato proprio al lavoro a maglia e quanto quell’arte coltivata silenziosamente e pazientemente, sia stata decisiva anche nella storia: che fosse un maglione per scaldare un figlio o un marito in guerra o il linguaggio “segreto” fatto di filato che utilizzavano le spie-magliaie della Seconda guerra mondiale. Una pratica così umile ha giocato spesso un grande ruolo mostrando la potenza della donna in un linguaggio e un modo che le era davvero familiare, senza scimmiottare per forza quello dei maschi. Perché possiamo essere grandi e di successo, ma a modo nostro. Altrimenti rischiamo solo di snaturarci (e essere infelici). E se sferruzzare ha sempre detto al mondo qualcosa di più su di noi, oggi più che mai possiamo usare il dritto e rovescio per riprenderci un po’ quel posto di cui molte hanno nostalgia e che ci ricorda di un tempo e un ruolo che abbiamo boicottato perché forse incompreso da noi per prime, ma che è nostro, naturale perché affine al nostro “essere femmine” e contro ogni previsione, ci fa stare bene.