L’influenza stagionale costringe un padre a letto e gli permette di contemplare le cose che valgono davvero. Le cose che valgono. Piccola influenza, tanto basta per stare a casa costretto a letto da un mal di testa perenne, profondo, da cervicale, tipo post sbronza. In queste condizioni per me è difficile, perché con la febbre riesco comunque a fare quello che amo, con il mal di testa no.
Ricordo ancora una mega batosta del 2003. Febbrone da cavallo, per una settima. Passato a leggere quello che per me è più difficile (Aristotele), a scrivere poesie alle morose d’allora, oltre che progettare cento nuove idee (poi nemmeno una realizzata, come sempre). Invece adesso no. E poi mia figlia mi chiede se ho preso il Coronavirus. Si preoccupa, poveretta. Così ci si nasce. Per quanto mi sforzi, lei mi conosce. Credo anche meglio di quanto non mi conosca io stesso. E sa come commuovermi fino alle lacrime. Con attenzioni che non merito, per esempio. E sbattendomi in faccia tutta la Grazia che mi circonda: cosa può chiedere di più, un papà? Una figlia così è una benedizione, nella benedizione.
E anche Luchino, ci mancherebbe. Lui è tosto, già duretto, e stamattina mi ha affrontato subito con un “… e allora papà ti è passata almeno un pochino?”. Che tradotto nella sua lingua significa: cerca di alzarti da letto alla sveltina, perché così non mi piaci. E anche mia moglie, tutta attenzioni e premure.
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La sintesi? Le cose che contano. Quello che non si vede e che rende chiara la funzione del male (relativo o assoluto): aprirci gli occhi. Su noi stessi, su chi amiamo, sulla vita, su Dio. Sulle cose che contano. Dov’è finita tutta la mia forza? Dove, la mia invincibile caparbietà? Basta un virus, e quasi tutto si ferma. Mi mette lì, immobile, a contemplare le cose che contano. Cosa vedo? La nullità. Il mio essere poco più di niente. Il dovere assoluto che accompagna la Grazia ricevuta. L’assoluta impossibilità di fare da solo, senza ricevere una Grazia ulteriore, che mi permetta di fare bene. Cosa conta adesso, tutto quello che nel bene o nel male sono stato? Niente. Sono solo ricordi illanguiditi. Impressioni di un tempo, che sbiadiscono. Che cosa m’insegna questo attimo presente? A guadare le cose che contano. Solo quelle. Le cose che valgono.
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