Dibattito aperto e opinioni diverse tra i vertici della Chiesa. Tra chi sostiene che non bisogna abbandonarlo al suo destino e chi invece ritiene che alcuni sacramenti non debba riceverli
Una persone che sceglie l’eutanasia può essere accompagnata spiritualmente da un sacerdote?
«Siamo contro il suicidio assistito perché non vogliamo mai fare il lavoro sporco della morte», ha specificato qualche giorno fa monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita,
«Per un credente la vita continua oltre la morte: ma non solo per un credente, per tutti – ha precisato Paglia – accompagnare e tenere per mano chi muore è un grande compito che ogni credente deve promuovere, così come il contrasto al suicidio assistito», ha aggiunto.
Paglia: il Signore non abbandona mai nessuno
«Io faccio sempre i funerali a chi si suicida», ha rivelato Paglia: «Il suicidio è una grande sconfitta nostra, perché è sempre una domanda d’amore inevasa. Il Signore non abbandona mai nessuno. Per la Chiesa cattolica, se uno afferma che Giuda sta all’inferno, è un eretico». «Quella di chi si toglie la vita è una sconfitta nostra, una sconfitta di tutta la società, ma non di Dio», ha rimarcato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita: «Se è vero che ognuno di noi è figlio di Dio, può una madre abbandonare suo figlio?» (Agensir, 12 dicembre).
Eijk: il sacerdote non deve essere presente
Alla Catholic News Agency il cardinale Wilhelm Eijk, arcivescovo di Utrecht, in prima linea in Olanda contro eutanasia e suicidio assistito dà una lettura più radicale dell’approccio con una persona che sceglie eutanasia e suicidio assistito.
Eijk afferma che «il sacerdote non deve essere presente quando queste pratiche vengono eseguite. Infatti, la presenza del prete potrebbe dare a intendere che il sacerdote appoggia la decisione del paziente o suggerire che eutanasia e suicidio assistito non sono moralmente illeciti in alcune circostanze».
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I sacramenti che “non possono essere amministrati”
Il cardinale non nega la possibilità di accompagnare spiritualmente il paziente che decide di suicidarsi, ma elenca tre motivi per cui «il sacerdote non può amministrare i sacramenti della confessione e dell’estrema unzione ai pazienti che li richiedono».
«Innanzitutto una persona può ricevere i sacramenti solo quando si trova in buona disposizione e questo non è il caso di chi vuole opporsi all’ordine della creazione, violando il valore intrinseco della vita. Il secondo motivo è che una persona che riceve i sacramenti mette la propria vita nelle mani misericordiose di Dio. Ma chi vuole porre fine alla propria vita vuole invece prendere la vita nelle proprie mani. Infine, il sacerdote che amministra i sacramenti o prepara il funerale della persona in queste circostanze si rende responsabile di uno scandalo, dal momento che le sue azioni possono suggerire che il suicidio o l’eutanasia sono permessi in certe circostanze».
Il legame con “malattie psichiatriche”
Questo non significa, continua l’arcivescovo di Utrecht, che non sia possibile celebrare il funerale di una persona che ha deciso di farsi uccidere con l’eutanasia, ma il sacerdote deve «giudicare in modo prudente se l’eutanasia o il suicidio assistito siano il frutto della depressione o di malattie psichiatriche. In questi casi la libertà della persona è diminuita e anche il porre fine alla propria vita non può essere considerato un peccato mortale» (Tempi.it, 20 dicembre).
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