separateurCreated with Sketch.

Nel buio che resta è sbocciata la gioia, “E’ Natale, Anna, fai Natale!”

NATIVITY PLAY
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Piovono Miracoli 2.0 - pubblicato il 19/12/19
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Grazie ad una semplice recita di Natale alla scuola elementare finalmente il cuore si è aperto, di nuovo. Le condizioni sono le stesse, il buio rimane ma si offre spazio alla speranza. Perché Gesù nasce comunque!di Anna Mazzitelli

Montagne di libri letti con attenzione o solo sfogliati, addirittura sottolineati, in parte trascritti, ore di ascolto di catechesi con le cuffiette nelle orecchie, richieste di sostegno a destra e sinistra, anche un po’ a caso, a dire il vero, dialoghi infiniti con mio cognato, invocazioni e preghiere non hanno potuto quello che ha potuto l’assistere alla recita di mio figlio Giovanni, l’altro pomeriggio.

Era almeno un mese e mezzo che le mie giornate erano costellate dal pianto.

Novità?
No, perché io sono una che piange facilmente, ma anche sì, perché raramente piango di disperazione e di dolore, le mie lacrime sono sempre agrodolci, sono sempre un misto di sofferenza e gioia, di amarezza e gratitudine.

Nel periodo appena trascorso, invece, sono state solo lacrime amare.

Non riuscivo a uscire da un buio pazzesco che si era formato attorno a me, e poco contano le cause di questo buio, perché non sempre quando esco dal buio vuol dire che ne ho risolte le cause, la maggior parte delle volte la realtà resta tale e quale, ma il Signore mi prende per mano, così che il buio faccia meno male, e io riesca a percepire che in fondo a quel buio c’è una luce, la Sua luce.

Stavolta non riuscivo nemmeno ad andare a tastoni, l’unica cosa che ero in grado di fare era piangere.

Fino a martedì scorso.

Giovanni, seconda elementare, recita di Natale con la classe.

Grazie a Dio esistono ancora scuole che permettono di mettere in scena la nascita di Gesù, maestre che credono nel presepe e genitori che si fanno in quattro pur di aiutare perché tutto sia perfetto.
Giovanni è capitato nella classe giusta, che martedì scorso mi ha salvato dal mio buio.
Le maestre hanno allestito nel cortile del palazzo vescovile di Frascati una piccola Betlemme, con pastorelli accanto al fuoco (Giovanni era uno di loro), venditori di frutta e di pane, bottega della pasta fresca con una bimba che impastava e stendeva a suon di mattarello un’immaginaria sfoglia, un’altra bimba che mescolava una invisibile zuppa dentro un paiolo più grande di lei.



Leggi anche:
Sapete perché San Francesco decise di realizzare il primo presepe della storia?

In questa cornice due bambini, Giuseppe e Maria, in silenzio e con un sottofondo di musica dolce, andavano di postazione in postazione a chiedere ospitalità, e i gesti eloquenti dei compagni facevano loro capire che non potevano essere accolti.

Il peregrinare di Giuseppe e Maria è durato pochi minuti, tra i flash delle mamme presenti e i suggerimenti della maestra.

E le mie lacrime.

All’improvviso mi sono ritrovata a piangere lacrime enormi, e ho sentito che non erano più lacrime di disperazione, ma di gioia, di gratitudine, di croce e letizia insieme.

Guardavo questi due bambini che andavano avanti e indietro e pensavo a Giuseppe e Maria che venivano scacciati da tutti, senza cattiveria, forse solo con indifferenza, con superficialità, perché nessuno aveva chiaro che stava per cambiare la storia, che stava per nascere il figlio di Dio. Pensavo che dopo aver trovato solo porte chiuse, Maria si è rifugiata in una stalla, e che Gesù è nato comunque.

Pensavo, come mi ha detto una persona ieri, che Gesù nasce sempre.

Malgrado le difficoltà, le cose che ci impediscono di accoglierlo, malgrado i nostri bui, le nostre fatiche, le nostre lacrime. Gesù nasce sempre.

Ed è stato in quel momento che sono diventate vere le parole del mio Don lontano: “E’ Natale, Anna, fai Natale!”

Ma che vuol dire? Non lo so bene, in realtà, eppure quanto è vero, e quanto funziona!

Quanto funziona mettersi nella condizione di essere raggiunti dall’amore di Dio. Perché, voglio tenerlo a mente, voglio tenerlo con me, Dio non ci molla, non ci abbandona, ci tiene stretti.

Il resto lo hanno fatto la cappellina per l’adorazione, in cui mi rifugio ogni volta che posso, e i messaggi amici che ho ricevuto ieri, che però erano tali e quali alla cappellina e ai messaggi ricevuti nell’ultimo mese e mezzo.

I miei occhi, erano diversi. Il mio cuore non era più impermeabile.

Perché le persone che ho accanto -lo scrivo perché voglio tenere a mente anche questo- sono segno visibile, in carne e ossa, della presenza di Gesù, Dio fatto uomo, e attraverso di loro l’amore di Dio mi ha finalmente raggiunto, mi ha preso per mano, e mi ha indicato dove sta la flebile luce dentro al mio buio, che c’è ancora, non posso negarlo, ma non mi fa più così paura come fino a qualche giorno fa.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO SUL BLOG PIOVONO MIRACOLI