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Omoerotismo e cristianesimo: dalla Pontificia Commissione Biblica uno strumento

Elisabeth Ohlson Wallin

Elisabeth Ohlson Wallin, “Paradise”, Chiesa luterana di San Paolo, Malmö, Svezia.

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 19/12/19
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Pubblicato il 16 dicembre e ricevuto con prime reazioni positive (per quanto sovente parziali e ideologizzate), “Che cosa è l’uomo?” è “un itinerario di antropologia biblica” utilissimo per chiunque si occupi di antropologia teologica, in particolare per le implicazioni tipiche del nostro tempo. Poiché si è parlato perlopiù (tanto abbondantemente quanto sommariamente) delle pagine dedicate al giudizio etico sull’omosessualità, di quelle stesse pagine esponiamo qui ordinatamente il vero contenuto.

Ieri mattina la libreria LEV di Piazza San Pietro si è rivelata impreparata a gestire l’afflusso di persone desiderose di acquistare e leggere “Che cosa è l’uomo?”, l’“itinerario di antropologia biblica” compilato dalla Pontificia Commissione Biblica su richiesta del Santo Padre e presentato il 16 dicembre in Sala Stampa.

Dalla Bibbia al Concilio al quotidiano: una domanda pressante

Non è che all’improvviso tutto il mondo si sia acceso d’amore per l’antropologia teologica e che non chieda se non un compendio di fondamenti biblici (magari!): è piuttosto che i giornali cui è stato permesso di anticipare la notizia hanno enfatizzato il tema dell’omoerotismo come se lo scopo del libro fosse dichiarare che «la relazione erotica omo non va condannata» (virgolettato riportato sull’anonimo redazionale di Rep e ovviamente privo di corrispondenza testuale nel libro).

Peccato banalizzare un libro di ben più ampio respiro, come si evince già solo sfogliandolo: trattasi infatti di «una novità, sia per il contenuto sia per la modalità espositiva» – spiega il card. Luis Ladária (presidente della Pontificia Commissione Biblica nonché prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede) nella Presentazione del libro. E aggiunge:

Non era infatti ancora stata approntata una trattazione che in modo organico esponesse tutti i principali elementi che concorrono a definire cosa sia l’uomo, nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Tematiche per lo più sviluppate isolatamente vengono qui armonizzate in un insieme coerente.

Pontificia Commissione Biblica, Che cosa è l’uomo?, Roma 2019, 4

A dispetto di quanto la titolazione di Rep lasciava intendere, dunque, le “300 pagine” non sono dedicate a stabilire se si possa o non si possa procedere all’agognata “apertura” che l’agenda radicale da decenni ossessivamente chiede alla Chiesa Cattolica, e le 9 pagine dedicate al tema dell’omoerotismo (rubricate in indice al paragrafo “modalità trasgressive” della sessualità umana, insieme con incesto, adulterio e prostituzione) risultano essere meno del 3% del libro.


POPE AUDIENCE
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Per amor di verità si deve pure riconoscere che lo stesso sottoparagrafo “omosessualità”, con le suddette 9 pagine, supera di misura tutti gli altri sottoparagrafi del libro, mediamente confinati tra due o tre pagine, e talvolta compendiati anche in meno di una pagina. Se dunque è disonesto affermare che l’omoerotismo sia il tema del libro, parimenti lo sarebbe minimizzarne il peso specifico: senza dubbio si tratta di un tema tra i maggiori, nonché di uno dei moventi dell’intera operazione documentaria/editoriale. Lo si capisce già dalla prima pagina della già citata Presentazione del Presidente:

Da un lato, infatti, sono insorti squilibri e distonie tra l’agire e il pensare normativo, tra efficienza pratica e coscienza morale, tra crescente specializzazione e visione universale della realtà; e oltre a inaspettati conflitti tra generazioni, si è pure delineato un diverso rapporto tra uomo e donna, con una visione della sessualità contrastante con tradizioni ritenute doverose e consolidate.

Ivi, 3

“Il paradiso di Malmö”, icona di confusione babelica (salve le buone intenzioni)

In effetti, è difficile negare che i mutamenti culturali siano tali da porre i consueti interrogativi sulla fede con forza inusitata (o addirittura da porne di nuovi), giungendo talvolta a punti di ricaduta paradossali: penso ad esempio a quanto accaduto nelle scorse settimane nella chiesa luterana svedese dedicata a San Paolo, a Malmö, dove era stato esposto un quadro intitolato “Paradise”, opera dell’artista locale Elisabeth Ohlson Wallin. La stessa ha dichiarato a cath.ch: «La mia vocazione è stata quelle di creare opere cristiane nelle quali le persone LGBTQ possano identificarsi». Intenzioni lodevoli, in linea di principio – nessuno deve sentirsi escluso da un’opera cristiana, anzi è quel sentimento di esclusione, se c’è, a risultare problematico in sé –, ma fraintese dalla stessa committenza, a quanto pare: la curia luterana locale ha infatti emanato un comunicato, lo scorso 11 dicembre, con cui si ordinava la rimozione del quadro, e non perché “troppo gayfriendly”, bensì perché troppo poco attento alle possibili letture. Il serpente era infatti stato rappresentato come un trans (“una donna-trans”, secondo la neolingua mediatica):

Questo rende possibile l’interpretazione secondo la cui una persona trans sia cattiva. La Chiesa svedese non può assolutamente accettarlo.

Decisione ingrata per l’autrice e per la pastora della chiesa, Sofia Tunebro, che ha commentato:

Sono dieci anni che qui sposiamo coppie omosessuali, e con questo quadro era un po’ come se avessimo messo una foto matrimoniale in chiesa: l’autrice ha fatto moltissimo per l’integrazione e la rappresentazione [delle persone con attrazioni sessuali atipiche, N.d.R.] nel mondo cristiano.

Riportando queste dichiarazioni Raphaël Zbinden annotava che la comunità ecclesiale luterana di Svezia “ordina” donne dal 1958: un’osservazione assolutamente non pertinente, sul piano ecclesiale e sacramentale, ma riportata come sintomo di “apertura” dell’ente ecclesiastico in senso lato, e dunque come “bollino di garanzia” delle buone intenzioni di tutti.

Sembrerebbe di poter chiosare tutta la vicenda con il noto proverbio su cosa piastrellino le buone intenzioni, ma rischieremmo di esporci a grossolani fraintendimenti, mentre l’episodio di Malmö è quanto mai utile per illustrare quanta confusione regni in questa incandescente materia – e anzi comprova benissimo l’utilità e l’urgenza di un testo come quello compilato dalla Pontificia Commissione Biblica, nonché lo spazio considerevole in esso riservato al tema dell’omoerotismo.



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Cosa il Documento dice (davvero) sull’omosessualità

Sembra dunque che il testo debba essere letto nel suo complesso – tratta di fragilità e peccato individuali, della dignità del lavoro e delle questioni alimentari (purità, dieta onnivora e specismo), dell’economia salvifica e della storia umana (imperialismi, schiavitù, portata universale del ruolo di Israele e del Messia) – da quell’autorevole e sostanzioso compendio che è. Benché dunque l’organo che l’ha prodotto ed emanato sia intestino alla Curia Romana, esso non fornisce (nella fattispecie come in genere – salvo eccezioni) documenti magisteriali, bensì strumenti di consulenza. Anche Che cosa è l’uomo?, dunque, si propone come una sintesi delle recenti acquisizioni delle scienze bibliche sui grandi e costanti temi di antropologia, con un’attenzione particolare per gli argomenti di recente emersione. Ciò premesso, possiamo arrischiarci a un’esposizione schematica dei contenuti delle suddette nove pagine.

Il par. 185 espone le critiche avanzate sull’insegnamento tradizionale riguardo all’orientamento omoerotico, che sarebbe «il semplice riflesso di una mentalità arcaica, storicamente condizionata»:

Sappiamo che diverse affermazioni bibliche, in ambito cosmologico, biologico e sociologico, sono state via via ritenute sorpassate con il progressivo affermarsi delle scienze naturali e umane; analogamente – si deduce da parte di alcuni – una nuova e più adeguata comprensione della persona umana impone una radicale riserva sull’esclusiva valorizzazione dell’unione eterosessuale, a favore di un’analoga accoglienza della omosessualità e delle unioni omosessuali quale legittima e degna espressione dell’essere umano. Di più – si argomenta talvolta – la Bibbia poco o nulla dice su questo tipo di relazione erotica, che non va perciò condannata, anche perché spesso indebitamente confusa con altri aberranti comportamenti sessuali.

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Come si vede, non è solo di contenuti che si parla, ma anche (e forse perlopiù) di metodo: è accettabile che le c.d. “scienze umane” (cf. la recente confessione di Christopher Dummit) traccino la strada per la teologia? Quali precauzioni adottare, tuttavia, per non perdere quanto di buono esse possano offrire? Neanche venti giorni fa sono stati pubblicati i risultati di una consultazione di “esperti” da parte di una grande conferenza episcopale cattolica europea, e come si può vedere alcune espressioni sembrano ricorrere alla lettera (un amico mi chiedeva se non ritenessi possibile che questo libro sia una risposta: in linea di principio no, questo libro non è stato scritto in due settimane, e la Presentazione è firmata 31 ottobre, ma tecnicamente un ritocco alle ultime bozze può essere stato apportato fino alla settimana scorsa): come si vede, non si tratta di un problema legato al dialogo ecumenico con i luterani svedesi, ma di questioni incalzanti che pulsano con frequenza crescente nel cuore della catholica.

Ciò premesso, segue la disamina dei passi biblici che trattano il tema (che non sono affatto inesistenti, né pochi, né marginali), con la giusta precisazione che «la Bibbia non parla dell’inclinazione erotica verso una persona dello stesso sesso, ma solo degli atti omosessuali» (p. 161). I passi analizzati sono dunque I racconti di Sodoma (Gen 19) e di Gabaa (Gdc 19), le norme di Lv 18.20 e Deut 22 e i riferimenti paolini (Rom 1, 1Cor 6 e 1Tim 1).

Sulle legislazioni positive del Pentateuco, come pure per i duri richiami del corpus paulinum, la PCB propone una sintesi che lascia poco spazio alle interpretazioni:

Il legislatore non fornisce le motivazioni, né per il divieto, né per la severa pena comminata. Possiamo comunque ritenere che la normativa del Levitico intendesse tutelare e promuovere un esercizio della sessualità aperto alla procreazione, in conformità con il comando del Creatore agli esseri umani (Gen 1,28), avendo cura naturalmente che tale atto sia iscritto nel quadro di un matrimonio legittimo.

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Da queste liste possiamo concludere che per i cristiani la pratica omosessuale è ritenuta una colpa grave. Paolo qui non dà giustificazioni in merito, come se fosse una cosa del tutto nota e condivisa, anche se potevano esserci prese di posizioni dottrinali (al di fuori della comunità cristiana) che sostenevano opinioni differenti. Pare di notare un riferimento alle leggi del Levitico e in generale alla tradizione dell’Antico Testamento, se non altro per il ricorso a modalità espressive (decologiche) che ricalcano quelle conosciute per tradizione nelle comunità cristiane.

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I commenti più succosi (e gravidi di implicazioni) mi sembrano essere invece quelli sui racconti di Gen e Gdc (il secondo dei quali è un po’ “il doppio” del primo), nonché quello sulla lettera ai Romani.

Il racconto [di Sodoma e Gomorra] tuttavia non intende presentare l’immagine di un’intera città dominata da brame incontenibili di natura omosessuale; viene piuttosto denunciata la condotta di una entità sociale e politica che non vuole accogliere con rispetto lo straniero, e pretende perciò di umiliarlo, costringendolo con la forza a subire un infamante trattamento di sottomissione. Questa pratica degradante viene minacciata anche per Lot (v. 9), che si è reso responsabile dello straniero «entrato all’ombra del suo tetto» (v. 8); e ciò rivela il male morale della città di Sodoma, che non solo rifiuta l’ospitalità, ma non sopporta che, al suo interno, vi sia chi, invece, apre la sua casa al forestiero.

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Un esperto super partes: l’esegesi del Belli

Attenzione, dunque il peccato di sodomia non sarebbe di omoerotismo bensì di xenofobia? Ma su un fianco così esposto le frotte di malpancisti che costellano la blogosfera cattolica scaglieranno facilmente nugoli di frecce, ricordando come già 2Pt 2 e Gd 7 abbiano codificato l’esegesi di Sodoma come città dell’omoerotismo. Sì, certo, questi passi sono noti ai membri della Pontificia Commissione Biblica, e il loro testo non manca di menzionarli, eppure il riferimento al crimine contro il forestiero è ancora più pertinente. Mi è tornato in mente, leggendo questa pagina, l’irriverente sonetto romanesco che il giovane Giuseppe Gioacchino Belli scrisse nel 1832 (si chiama “Lotte a casa”: lo troverete facilmente e anche per questo mi risparmio di riportarne qui le grevi scurrilità): i due ospiti di Lot vengono qualificati una volta sola di “angeli” (v. 9) e due di “pellegrini” (vv. 2. 13), e se le due terzine finali sono dedicate a descrivere l’attrazione dei “Ghimorrini” per la loro avvenenza le due quartine iniziali sono evidentemente consacrate alla loro condizione di forestieri.



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Due spunti da sviluppare ulteriormente

Nessun “revisionismo mondialista”, quindi, ma anzi degli spunti per i debiti approfondimenti della dottrina (ciò che è poi il fine dichiarato del libro). Non possiamo dilungarci oltre, nella presente sede, ma a mo’ di elenco annoto un paio di idee:

  1. Il passo rende ragione non solo della tradizionale condanna dei cristiani per la pratica omoerotica, ma della stessa prassi detta (per via di eponimia) “sodomizzazione” (anche tra persone di sesso diverso), e non (solo) in quanto non ordinata alla procreazione, bensì perché degradante e infamante trattamento di sottomissione.
  2. La concrezione di questi elementi invita a riconsiderare le appropriazioni ideologiche correnti tra “quelli che stanno con i migranti e con i gay” e “quelli che sono contro i migranti e i gay”: proprio il dettato biblico suggerisce che la vera cura dell’uomo (sia la persona migrante sia la persona con ass) debba consistere in una terza via, che sappia coniugare ineffabilmente verità e carità.

L’iscrizione dell’attrazione omoerotica in un contesto di travisamento dell’ordine metafisico del mondo è invece il contributo più genuinamente paolino che emerge dalle pagine del sussidio:

Il fatto che abbiano “scambiato” Dio con una immagine (Rm 1,23), avendo cioè «scambiato la verità di Dio con la menzogna» (Rm 1,25), viene presentato come ciò che produce il «cambiamento» nei rapporti sessuali, per cui il rapporto viene detto «contro natura» (Rm 1,26). Questa espressione va interpretata come qualcosa che contrasta la realtà concreta, quella dei corpi sessuati, che hanno in loro stessi una differenza e una finalità che non sono riconosciute e non sono obbedite nel rapporto fra persone dello stesso sesso.

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Come si vede, l’esegesi proposta dalla Commissione è ben lungi dal minimizzare il portato paolino – anzi, contro ogni aspettativa il testo di Rom viene lasciato per ultimo –, e formalizza invece il contributo specifico dei singoli agiografi, riguardo a «elementi che vanno considerati per una valutazione dell’omosessualità, nei suoi risvolti etici» (ibid.).

Teologia e “scienze umane”, un problema di metodo

Forse consapevoli del fatto che in molti leggeranno solo queste pagine, i membri della Pontificia Commissione Biblica concludono il sottoparagrafo invocando il concorso di un dibattito franco e onesto tra teologi (anche nel confronto con le discipline ausiliarie), essendo la problematica «solo abbozzata in questo Documento» (p. 170). Per questo accennavo che il problema sollevato mi sembra metodologico ancora più che esegetico: non mi pare insomma che si tratti di capire se si possano “aggiornare” Genesi, Levitico o Romani, bensì di ricordare che la comprensione cristiana del mondo deve continuare a rendere ragione della realtà e non può rassegnarsi ad adottarne «come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie» (J. Ratzinger, omelia della Missa pro eligendo pontifice, 18 aprile 2005).

Continuò perciò a sentire in modo bruciante, concludendo questo articolo, che se la discussione vertesse su codesto solo argomento si tradirebbe non solo il fine del libro (il che sarebbe in confronto poca cosa), bensì anche la vocazione della Chiesa, la quale non è chiamata a declinare in mille splendide biblioteche la propria Weltanschauung, bensì ad erigere tutti gli uomini in altrettanti templi del Dio vivente (cf. 1Cor 3,9).