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“Io non ho bisogno di niente, mi sono venduta a Gesù fin da piccola”

SILVIA TASSONE
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Paola Belletti - pubblicato il 16/12/19
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Sono le parole di Silvia, una bellissima bambina morta a 11 anni per sarcoma osseo. E' l'8 dicembre del 2007 e la mamma la consegna nelle mani del Signore, dolente ma certa che sua figlia stia per approdare nella gioia eterna.

Sono le parole di Silvia, una bellissima bambina morta a 11 anni per sarcoma osseo. E’ l’8 dicembre del 2007 e la mamma la consegna nelle mani del Signore, dolente ma certa che sua figlia stia per approdare nella gioia eterna.

Questa storia l’ho letta raccontata da un sacerdote su Infooggi, Don Francesco Cristofaro, un giovane parroco che è a sua volta un testimone vivo dell’azione sorprendente di Dio. Di come il Padre agisca  in modo mirabile proprio nelle vite che il mondo mal sopporta, che lascerebbe volentieri indietro. Quelle a cui non si nega mai un antipatico e greve “poverino!”

Mi trattengo, di questo sacerdote parleremo ancora. Merita di sicuro un articolo dedicato; vi lascio solo il video dell’intervista rilasciata a TV2000.

 

 

Silvia: la bimba che ha avuto fretta di nascere. Due volte!

Elena Apicella e Vito Tassone vivono in provincia di Catanzaro, a Soverato, e sono già genitori di Edoardo quando Silvia decide di nascere in largo e rischioso anticipo sul termine presunto della sua gravidanza.

Sono circa le ore 21, del 14 novembre 1996, quando Silvia viene al mondo alla 31° settimana di gestazione. Ha già fretta di farsi conoscere, non piange subito, forse per non turbare l’atmosfera del momento, ma poi il suo gemito fa scendere una lacrima di gioia a mamma e papà che non l’aspettavano tanto presto. (Infooggi)

Per un bimbo nove settimane in meno nell’utero materno non sono poca cosa; non si tratta semplicemente di pazientare nella sala d’attesa della vita che i termini scadano. La gravidanza è pensata a puntino dall’Autore supremo (che ne mantiene riservati i diritti! Vietato apportare modifiche, vietato scartarla, vietato usarla a fini commerciali) e ogni giorno di gestazione permette una piccola conquista, fino al momento in cui il bimbo stesso manda segnali alla mamma: ok ci siamo, siamo pronti a nascere.

Con Silvietta come in tanti altri casi parecchio più critici qualcosa deve essere precipitato e così è nata prima.

Passa il tempo necessario ad acquisire peso e a far maturare meglio i suoi polmoncini in ospedale poi arriva a casa e comincia a cambiare le vite di chi la ama. Un po’ come fanno tutti i bimbi, certo. Ma Silvia, racconteranno i suoi nel libro che riporta la sua storia (E’ nata una luce di nome Silvia), è una bimba normale ma con un’amicizia intima, strettissima con Gesù stesso. Niente meno. Peccato che siamo qua a stupirci; siamo invece fatti tutti per questa confidenza, noi e tutti i bambini con l’anima fresca ancora forse memore di Dio, che ci ha pensati prima della creazione del mondo. Un altro esempio del genere è quello di Carlo Acutis, innamorato di Gesù fin da piccolissimo e fedele all’unica donna della sua vita, Maria SS, fin dalla più tenera età. E non aveva nemmeno nei propri genitori degli esempi da imitare: accadrà invece il contrario. Va bene basta, continuo ad aprire finestre su altre storie. Non è colpa mia se la Chiesa è corpo tanto articolato e tanto vivo!



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Comunque Silvia si comporta come tutti i bambini, va a scuola gioca, litiga un po’ col fratellino, vuol bene a mamma papà nonni compagni…

Sto ballando per Gesù, Lui mi guarda!

E come tante bambine, ama ballare. Lo fa più spesso che può anche senza apparente motivo. Anche da sola nel corridoio di casa; ed è un ottimo modo per esprimere una gioia strana, infantile ma non sciocca.

Silvia ama danzare. Porta dentro di sé qualcosa di celestiale.

Silvia gode dell’amore di tutti, e tante volte, volteggiando per la casa, grida intonando “Sono felice, sono felice..”. Spesso capita che balli da sola, in giro per la casa, e a volte impedisce alla sua mamma di fare bene le pulizie, infatti le dice: “Silvietta, mi impedisci di pulire bene! Fermati un attimo, non ti guarda nessuno!” lei pronta risponde: “Ma cosa dici? Sto ballando per Gesù, c’è Lui che mi guarda!”. (Ibidem)

E proprio danzando accuserà i primi apparentemente minimi disturbi che invece si riveleranno portatori di una terribile ambasciata.

Torna da scuola stanca dopo le prove per il balletto di Carnevale e le fa male la gamba. Siamo nel 2006, a febbraio.

Purtroppo Silvia ha torto, non è una cosa da nulla. Il giorno dopo il dolore la costringe a letto; i genitori, immagino con quale cuore, si affrettano ad approfondire. Cosa succede in questi casi? Vuoi sapere e nel contempo chiedi di non scoprire nulla. Cerchi la verità ma vuoi che si risolva tutto in un affettuoso rimbrotto di qualche medico vecchio stampo: ah, le mamme di oggi come sono ansiose! Non è nulla, sono i dolori della crescita. Ma non sarà così. Ricordiamoci che siamo cristiani: siamo il popolo dell’Alleluja della Resurrezione, non ci attardiamo con primi piani sul dolore per il semplice gusto di farlo. La croce è “solo” la strada.

La diagnosi: inizio di una salita ardua per tutta la famiglia

Prima un’ecografia rileva una zona con rarefazione ossea, che già prelude al peggio. La risonanza magnetica conferma che la natura della lesione non è benigna, bisogna approfondire al più presto.

Non ci è difficile immaginare, quasi sentendolo anche nel nostro petto, il peso che deve essere calato sul cuore di quei due poveri genitori; grosso come un blocco di marmo staccatosi dalle Alpi Apuane. Bisogna fare armi e bagagli e partire per Milano. Ma quali armi se non una disperazione rintuzzata continuamente dal desiderio selvaggio che non sia nulla, che questa figlia stia bene, che il suo corpo continuerà a procedere spedito nella corsia preferenziale della crescita sana?

La partenza per Milano è immediata come pure il ricovero  presso  l’Istituto Ortopedico specializzato, dove in breve tempo e con non poche sofferenze arriva la diagnosi: Silvia è affetta da “Sarcoma di Ewing” un tumore osseo maligno altamente aggressivo ed invasivo che colpisce i ragazzi mediamente fra i 5 e i 16 anni. (Ibidem)

Ora le toccano processioni di esami, indagini e approfondimenti. Silvia li affronta con serenità con la quale si premura sempre di contagiare anche gli altri: mamma e papà per primi ma anche medici, infermieri, personale ospedaliero. Deve essere saltata agli occhi subito, una bimbetta così: bella, ricciolina, buona, forte. Ma non è merito suo, dipende sempre dalle sue strane “frequentazioni”:

Sono stata in compagnia di Gesù; sono contenta perché mi parla come parla il mio papà, e mi dice di non preoccuparmi perché tutto andrà bene”. In reparto si prega tutti i giorni e nonostante ci sia tanta sofferenza si ha una sensazione, vivendo accanto a Silvia, di grande serenità. Gli infermieri e i medici, ma soprattutto i malati, tutti eccezionali per la loro condizione, fanno a gara per chiacchierare ed apprezzare lo spirito di gioia, di serenità e di quanto altro possa esserci di positivo in Silvia. (Ib)

Come facciamo a dirglielo?

Tra le tante privazioni e prove a Silvia toccherà anche rinunciare ai suoi capelli. Ma come, non erano tutti contati dal Padre stesso? Ecco come reagisce la piccola che scopre da sola la faccenda:

”I capelli? E chi se ne importa, tanto ricrescono, e poi quando si tratta della mia salute non mi posso preoccupare di queste cose”.

Di sicuro la sofferenza fa il suo dovere: provocando abbattimento, dolore e momenti di grande sconforto. Ma Silvia è una che va in fondo alle cose. Se i bambini soffrono e Gesù ci ama ci deve essere un nesso, misterioso ma pieno di senso, tra queste due cose, per lei ugualmente innegabili.

“Mamma! Ho capito perché Gesù permette tutto questo! Con la mia sofferenza guariranno tanti bambini, e poi dobbiamo pregare anche per tutti quei genitori che non riescono a farlo!”

La vita non è mai troppo breve se è compiuta e piena d’amore

Ecco. Non so che dire, se non che davanti a questi giganti ci si sente piccoli, meschini. Ma non è tanto male; sentirsi così ci può aiutare a farci piccoli davvero, poveri, a totale disposizione dell’amore di Dio, come ha fatto Silvia. Perché al destino cui lei si è affrettata come per nascere in fretta anche in Cielo, siamo chiamati tutti. A Dio interessa la mia vita tanto quanto la sua; Cristo ha speso il Suo sangue per me come per questa meraviglia di anima innocente. Non dobbiamo farci fregare, lo scoraggiamento, la perdita di speranza in ordine al nostro successo vero – finire ad occupare il nostro posto in Paradiso- è un abbaglio. Dice di noi cose non vere. Possiamo anzi chiedere a Silvia che preghi per noi. Ma vediamo come si avvicina a grandi passi alla fine.


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Le sedute di radioterapia si infittiscono, ma poi devono essere interrotte per elevata tossicità del sangue. Intanto le telefonate dei familiari sono numerose e i genitori di Silvia non chiedono altro che la preghiera incessante; nel frattempo anche Edoardo comincia a risentire della lunga permanenza fuori casa della sua famiglia e chiede di poter andare a Milano per passare qualche giorno insieme ai suoi per un tempo anche breve. La richiesta viene subito appoggiata con grande gioia, particolarmente da Silvia che non vede l’ora di riabbracciare  suo fratello. (Ibidem)

Non chiedo niente perché ho già tutto

Si torna a casa, per vivere gli ultimi tempi insieme. Addirittura mamma Silvia pensa di anticipare la decorazione dell’albero di Natale per farlo godere anche alla piccola. Ma soprattutto, a casa, si prega: rosario, letture, invocazioni. E ce n’è una che, con l’innocente insolenza di una vera santa, Silvia “contesta”.

si legge una preghiera nella quale sono ripetute le parole “chiedete e vi sarà dato”, Silvia dice a mamma e papà una frase che lascia tutti perplessi : ”Io non ho bisogno di chiedere niente perché mi sono venduta a Gesù fin da piccola”.

 

Mi sono venduta a Gesù! Tutta, senza condizioni, clausole di recesso, casi particolari che possano consentirle di rivedere il contratto. E’ assolutamente certa che sia stato un ottimo affare, il migliore della sua vita. Lei è di Gesù e basta, e gli si è offerta totalmente e molto precocemente. Per questo insiste: niente regali mamma.

”Non voglio niente, ho tutto!”

Prima del Natale c’è la Festa della prima Bambina nata davvero pura, senza peccati, già salvata in anticipo dall’unica redenzione che servirà mai al mondo, quella di Cristo: siamo nel 2007, il giorno dell’Immacolata Concezione:

La mattina dell’otto dicembre Silvia riposa, mentre una flebo con fortissimi antidolorifici lenisce le sue silenziose, ma profonde e forti sofferenze fisiche. Nel pomeriggio le condizioni peggiorano e Silvia alle ore 17,15 nasce in cielo attorniata dai suoi cari, incoraggiata da tante preghiere, aiutata dalla musica degli angeli da lei sognata, lasciando, nel cuore dei presenti, un esempio luminoso di candore, di semplicità, di fortezza nella sofferenza, di amore a Gesù. (Ibidem)

E così è nata per la seconda e definitiva volta, Silvia.

A quelli che restano ha lasciato qualche pozione portentosa fatta di fortezza, coraggio, gratitudine. Il cuore di mamma e papà sentirà nelle proprie fibre tutto lo strazio di averla persa ma sa, è certo, che sia un semplice allontanamento dai sensi corporei perché Silvia continua ad essere presente e viva anche se non visibile. Lo diceva lei “uniti si vince”, racconta il papà in un’intervista sulla tv locale. E questa famiglia, che dopo la morte di Silvia ha accolto l’arrivo di un altro figlio, Tommaso (sembra suo gemello! dirà il papà) mostra proprio i volti della vittoria. Quella paradossale ma l’unica che valga davvero che si guadagna solo con la croce di Cristo.

Deve essere così se la mamma, nel suo personale Stabat Mater, consegna al Signore la sua bambina morente e lo fa ringraziandolo.

Scrive la sua mamma: “La mia vita e quella della mia famiglia continua senza la presenza fisica della nostra bambina. Certo, non posso più godere della luce dei suoi occhi, di quello sguardo che accarezzava il cuore, del suo bel volto, delle sue delicate espressioni, del profumo intenso che lasciava al suo passaggio: non posso più ascoltare la sua voce così armoniosa  e sentire quel suono dolcissimo uscire dalle sue labbra quando pronunciava la parola: “mamma”. Ma sentiamo tutti la sua presenza spirituale che ci consente di rimanere saldi nella fede anche in questa situazione dolorosa. Non è solo una questione di fede, è la speranza che Gesù stesso, vivo e vero nell’Eucarestia quotidiana, trasforma in certezza la Vita Vera che ci attende dall’eternità” (Ibidem).


MICHELE DAL BIANCO
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