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“Caro Papa Francesco, così siamo fuggiti dall’incubo delle radiazioni”

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 26/11/19
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Le drammatiche testimonianze di due sopravvissuti al disastro nucleare di Fukushima restano uno dei momenti più toccanti del viaggio del Papa in Giappone

Cosa significa sopravvivere ad un disastro nucleare possono saperlo solo quelle persone che lo hanno vissuto. Papa Francesco, nel suo viaggio apostolico, ha voluto incontrare alcune di queste persone che ne stanno ancora pagando le conseguenze.

Fukushima Dai-ichi è un incidente nucleare che ha avuto luogo nella centrale nucleare di Fukushima, causato principalmente dallo tsunami dopo il terremoto di Tōhoku l’11 marzo 2011. Furono quasi 200mila le persone evacuate e migliaia gli ettari contaminati. A tutt’oggi non si è in grado di stabilire quali saranno nel tempo, per gli uomini, le conseguenze dell’esposizione in quell’ambiente radioattivo.

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Pope Francis – Hiroshima ©CTV

“Mio padre ci affidò alla nostra mamma…”

Da brivido le testimonianze ascoltate dal Papa. Matsuki Kamoshita ha raccontato al Papa: «Sono nato nella città di Iñaki, nella prefettura di Kukushima. Quando avevo 8 anni, avvenne l’incidente nucleare e fummo evacuati a Tokyo per sfuggire alle radiazioni. Mio padre ci affidò a nostra mamma e lui tornò a Fukushima. Lui era un insegnante ed oltre a noi c’erano degli studenti da proteggere».

«Mia madre ha preso e me e il mio fratellino di tre anni – ha proseguito Matsuki – e ha continuato a spostarsi da un posto all’altro. Mio fratello si nascondeva nel suo futon (letto, materasso) e piangeva. Io sono stato vittima di bullismo nei luoghi dove eravamo sfollati e ogni giorno era così doloroso che volevo morire».

“Siamo stati fortunati a fuggire”

Alla fine, ha aggiunto il sopravvissuto, «mio padre si ammalò mentalmente e fisicamente e smise di lavorare. Malgrado tutto, penso ancora che noi siamo stati fortunati perché siamo stati in grado di fuggire. Il paese ha rinunciato a preoccuparsi degli sfollati. Io sono disperatamente rimasto lontano, ma molte altre persone sono state costrette a ritornare nelle aree contaminate. I materiali radioattivi che sono caduti in tutto il Giappone orientale, dopo otto anni, stanno ancora emettendo radiazioni. Ci vorrà molto più tempo della mia vita per ripristinare la terra e le foreste contaminate».

Le conseguenze della contaminazione

Quindi, conclude Matsuki, «per noi che viviamo li, gli adulti hanno la responsabilità di spiegare, senza nascondere nulla, circa le conseguenze della contaminazione radioattiva, (gli effetti) dell’esposizione e i futuri possibili danni. Non voglio che muoiano prima di noi, avendo mentito o non ammettendo la verità».



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Il sacerdote buddista

Tokuun Tanaka, sacerdote buddista, viveva a Dokeiji, un tempio centrale nella regione per più di 800 anni. Si trova a circa 17 chilometri a nord-ovest della centrale nucleare di Fukushima Daiichi.

«Era un posto tranquillo, ricco di risorse naturali e con una agricoltura e pesca floride. Molte persone ci vivevano da tre o quattro generazioni apprezzandone la storia e la cultura trasmesse dai loro antenati. Nella città si celebrava una cerimonia shintoista, Soma Nomadi, che, si dice, fosse stata tramandata per mille anni».

“Sparpagliati vicini e lontano”

L’ordine di evacuazione è stato revocato nel 2016 e «il 35% delle persone vi hanno fatto ritorno. I membri del tempio sono stati sparpagliati vicino e lontano, in un’area molto ampia. Vado spesso a trovarli. All’inizio eravamo di fronte a una terribile realtà. Nonostante tutto, poco a poco – ha concluso il sacerdote – ci stiamo rialzando ed iniziando ad andare avanti».


POPE FRANCIS
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