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Padre Nguyen, l’angelo dei sopravvissuti di Fukushima

Padre Nguyen, l’angelo dei sopravvissuti di Fukushima

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Aleteia - pubblicato il 14/01/14

Fuggito dagli orrori della guerra in Vietnam, dopo il disastro nucleare del 2011 è rimasto accanto agli anziani

Dopo 28 anni, un sacerdote vietnamita ha trovato un modo estremamente coraggioso per ringraziare il Giappone di averlo ospitato quando, all'epoca bimbo di otto anni, giunse come rifugiato in fuga dagli orrori della guerra. Padre Nguyen Quang Thuan, 36 anni, ha infatti deciso di lavorare con i sopravvissuti al disastro nucleare scatenato dal grande terremoto che ha colpito le coste giapponesi l'11 marzo 2011.

Secondo quanto raccontato dalla rivista “A Sua Immagine” (11 gennaio) il giovane sacerdote ha chiesto espressamente al vescovo di essere spostato nella prefettura di Fukushima, piena di radiazioni, per aiutare soprattutto gli anziani costretti a vivere fuori dalle proprie case, demolite dalle scosse.

A chi gli chiede perché abbia fatto una scelta del genere, risponde: “Siamo tutti figli di Dio, è normale dare una mano a chi ha più difficoltà. Ma io ho un motivo in più: voglio ripagare il Giappone per la bontà che mi ha mostrato, accogliendomi e dandomi una nuova vita”.

Il sacerdote vietnamita, nato nella periferia di Ho Chi Minh City, ha vissuto con due fratelli, una sorella e i genitori (entrambi operai nelle piantagioni di caffé). Finita la guerra e impauriti dalla persecuzione del nuovo governo comunista, i suoi decidono di scappare: quando il giovane Nguyen ha cinque anni, viene svegliato nel cuore della notte dal padre che lo manda in spiaggia con la sorellina. Dalla caduta di Saigon del 1975, circa 1,44 milioni di vietnamiti sono fuggiti dal Paese verso gli Stati Uniti, il Giappone e altre nazioni. Venivano chiamati boat people, perché molti Paesi non davano loro il permesso di sbarcare.

Nguyen raggiunge l'isola di Galang, in terra indonesiana, dopo una settimana di mare aperto: “Dopo due anni con mia sorella in un campo profughi – racconta – siamo riusciti a raggiungere mio padre e mio fratello in Giappone. Siamo stati ospitati dalla Chiesa della prefettura di Miyazaki, che ci ha dato anche la possibilità di studiare. Solo dopo altri sei anni sono arrivate mia madre e mia sorella minore. Ho sentito la vocazione e sono entrato in seminario: grazie a Dio, sono diventato sacerdote nel marzo 2012”.

A due anni dal terremoto e dallo tsunami del 2011, continua senza sosta anche il lavoro del Centro di aiuto della diocesi di Sendai (Sendai Diocese Support Center, SDSC). Nato cinque giorni dopo la tragedia costata la vita a oltre 19 mila persone, il Centro è attivo al momento in 10 città, in cui la Chiesa è presente con oltre 100 volontari impegnati nella ricostruzione delle abitazioni e nel sostegno psicologico e spirituale ai superstiti. La missione di padre Nguyen si svolge nell'ambito delle attività decise proprio dalla Caritas.

Purtroppo il programma di ricostruzione è troppo lento e ciò ha già costretto migliaia di persone ad abbandonare le città di origine. Nel dicembre 2012 circa 150 mila abitanti delle province di Myagi e Iwate sono migrate altrove. Intanto, i livelli di radiazioni anche in città come Koryama e Fukishima, distanti circa 60 chilometri dalla centrale, sono altissimi. I rapporti parlano di 20 millisievert all'anno, quantità che mette in pericolo la vita dell'uomo, dato che il livello di tolleranza, per lo stesso periodo di tempo, è di circa un millisievert.

Entro i primi mesi del 2014 la popolazione spera che il governo inizi a costruire dei centri ricreativi per spingere le famiglie, ma soprattutto le persone rimaste sole a uscire dal loro isolamento forzato nelle piccole baracche costruite sulle macerie delle case distrutte. Nella prefettura di Fukushima, dopo l'incidente al reattore numero uno, più di 89 mila persone residenti nell'anello di sicurezza (un raggio di 30 chilometri intorno alla centrale) sono state costrette ad abbandonare le abitazioni e nessun sa se potranno mai fare ritorno a casa.

Padre Nguyen Quang Thuan dice di voler bene ai suoi anziani e di essere ricambiato con affetto: “Sono dei rifugiati, proprio come me. Loro scappano dalle radiazioni, io dalla guerra. Molte persone mi hanno aiutato nel mio cammino, ed ora è naturale per me aiutare gli altri. D'altra parte, un vecchio adagio vietnamita recita che 'nella tragedia esce spesso il meglio degli uomini'”.

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