La santità di sua moglie si comprende sempre di più e sempre meglio nel cammino che lui stesso sta compiendo, nel modo che ha di parlare di lei, con equilibrio, amore profondo e totale consegna al Padre. Perchè è Lui che fa la storia, noi non dobbiamo fare (quasi) niente, come Chiara…Quella di Chiara Corbella ed Enrico Petrillo – e dei loro figli!- è una storia che in tanti abbiamo imparato a conoscere. Mi sorprende constatare però che, pur essendo Chiara morta da sette anni, questa storia continua ad offrire novità e dettagli sempre nuovi. Mi sorprende perché sono una zuccona e anche perché la vita che il Signore innesta in noi è veramente una cosa fatta per superarci, per continuare a riempirci di stupore.
Con Lui, con la Grazia che ci dona, inizia una vita proprio diversa, non è “semplicemente” il potenziamento, l’aggiustamento, la riuscita di quella normale che ci troviamo addosso. Addosso abbiamo “solo” il seme ma da quello esce un albero maestoso che nel recinto di questo tempo proprio non ci sta. E allora per questo, Chiara Corbella Petrillo, vive una vita che ora più di prima continua a buttare fuori gemme e da quelle rami e su di essi frutti.
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In questa che almeno per me è una inedita testimonianza del marito è come se Enrico ci permettesse di vedere ancora più profondamente la ricchezza della vita di questa giovane mamma e moglie, di questa donna che è stata soprattutto figlia.
Mi ha colpito fino a commuovermi il primo apparentemente banale scambio di battute tra i futuri marito e moglie. In essi si vede in modo così esaltante, quasi comico come solo Dio sa essere, l’intreccio del desiderio umano con quello del Re della storia. Sentite cosa dice Enrico e come gli risponde Chiara.
Il loro primo incontro avviene il 2 agosto del 2002, era il Perdono d’Assisi ed erano pellegrini a Medjugorie, anche se in due gruppi diversi.
Scusami, ma tu sei piccola?
Questa è la prima cosa che ho chiesto a Chiara perché il mio problema era sapere se aveva diciott’anni perché poteva averne 14! Lei mi rispose sapientemente:
In confronto a te sì.
Lui, travolto dalla bellezza di questa giovanissima apparizione, si preoccupa subito dell’età. Spera non sia troppo fanciulla perché già gli piace, è sicuro. Lei, facendo probabilmente un rapido confronto, nota e fa notare la differenza di anni che li separa e gli risponde così. “In confronto a te sì”.
Poi la storia rivelerà che davvero in qualche modo lui è più grande di lei (profondo, robusto, capace di sostenerla nella sequenze di prove dolorose che trafiggono entrambi, portatore di un amore tutt’altro che solo sentimentale) e che lei è piccola, come piace a Dio. E proprio per questo, alla fine, almeno a questa fine parziale, lei è quella grande.
Con i piccoli, il nostro strano Dio, fa cose epocali, con le briciole sfama popoli. Con una donna che “non fa niente” dirà suo marito-ma si capisce che è un tipo di fare che invece è il massimo dell’operosità: l’abbandono fiducioso alla grazia!- arriva a cuori nascosti in tutti gli angoli della terra.
Il racconto della loro storia, voluta dal Cielo e nascosta nelle pieghe delle cose normali, di un posto rimasto libero ad un tavolo in hotel, sembra proprio una rivelazione e suscita, nel sentirlo, un senso di soggezione perché si vede all’opera Dio in persona e accende anche il desiderio di imitarli perché i passi compiuti sono stati fatti con scarpe come le nostre, in giorni simili ai nostri, su strade che assomigliano sfacciatamente a quelle che calchiamo noi.
Un uomo innamorato della figlia del Re
Capirete dalle parole di Enrico e per mezzo dei suoi occhi il progresso che questo affetto umano ha compiuto in loro. L’apparenza di Chiara è già profonda: lo sguardo amoroso di Enrico è già capace di seguire l’indizio della bellezza e della regalità di questa donna fino al Suo mandante.
Colpiva di Chiara, al di là della sua bellezza, la sua eleganza; poi nella storia conoscendola meglio si capisce quanto era vero. Era veramente figlia di Dio, per questo figlia di Re.
E come si fa a non avere un certo portamento se si è nati e vissuti “a corte”? Enrico continua a raccontare di come Chiara vivesse, presente a sè stessa, agli altri e all’Altro per eccellenza. Una docilità quasi innata all’azione della Grazia.
Questa è una caratteristica proprio bella di Chiara; aveva una grande facilità nel fare spazio alla Grazia e a Lui. Una caratteristica della grazia è che è solo nel presente. Noi nell’Ave Maria ora e nell’ora della nostra morte sono gli unici momenti della storia nostra dove incontriamo Dio.
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Il nostro Dio è il Dio del presente. Satana ci tenta sempre nel futuro e nel passato
E che tipo di Dio si incontra in un presente che ha portato due figli gravemente disabili, due nascite che si sono tuffate subito nella morte e poi una malattia da fumatore incallito in una ragazza di poco più di 20 anni? Sempre il solito: Dio che è Padre, il Dio della vita. Sentite come ne parla Enrico: con un’intelligenza che solo nella fede può diventare stabile. Le vite “tolte” sono vite date per sempre e già entrate nell’eternità. La malattia è la croce che senza perdere i chiodi diventa giogo dolce e carico leggero.
O restavamo nel presente oppure impazzivamo. Satana ci tenta nel futuro e nel passato. Ci dice le menzogne: “non ce la farai mai a vivere da vedovo” – ti dice; poi in realtà sei vedovo e tutto sommato ce la fai. Ho il dolore di tutti i vedovi della terra. Dio non dona una croce più grande del peso che puoi portare perché sennò ci distruggerebbe. Se Dio ci chiede una cosa è perché ce la puoi fare con Lui.
Prima muore un figlio poi un altro “e insieme a quel dolore abbiamo vissuto una gioia, la chiamavamo misteriosa letizia”. Nella competizione della qualità della vita non avrebbero vinto nessun premio, forse giusto quello della critica. Ma i giudici terreni sono grossolani, non lo sanno monetizzare questo tipo di gioia. Invece la stessa vita, le stesse circostanze, vissute con il Signore diventano tutta un’altra faccenda. Quelli di Chiara ed Enrico sono cuori spezzati perché possano aprirsi in anticipo all’eternità, le privazioni si rivelano per quel che sono: spazio libero per doni ancora più grandi.
Il tuo maestro è il Signore. Lui vuole il bene da te e invece di vedere un papà cattivo dici “Tu sei un Dio che dona e basta. Hai donato la vita ai miei figli non mi hai tolto niente. Hai donato la vita a Chiara me l’hai donata per dieci anni”.
Poi ci illudiamo a volte pensando che qualcosa è nostro, il contrario dell’amore è il possesso e vorremo che le cose fossero eterne come le intendiamo noi, ma Le cose sono già eterne in un altro modo, come vuole il Padre.
E’ per questo che lei muore felice, perché è rimasta in questa relazione, con il Padre, sempre.
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“Cosa dobbiamo fare per cambiare il mondo?” Niente, come ha fatto Chiara
Enrico continua in questa breve, intensa intervista riflessiva a consegnarci tesori. Dice cose paradossali, da vero cristiano. Quando ad esempio parla di suo figlio, il piccolo Francesco, della mancanza umana insanabile che la morte di mamma Chiara lascerà in lui e della bellezza di questo vuoto perché sarà il luogo dell’appuntamento con Dio. Ci dice che, per cambiare il mondo, non ci deve di fatto interessare per nulla cambiarlo. Possiamo solo dire sì. E conclude
Chiara non ha fatto niente. Eppure tutto il mondo oggi la conosce. Le opere di Dio si fanno da sé. Tu non ti preoccupare di cambia’ il mondo. Pensa ad accogliere questa paternità e poi intorno a te vedrai gente che viene perché se sei un ristorante dove “se magna” bene la gente viene lì da te. Pensa a diventare pane. Questo.
Il niente di Chiara è lasciare fare a Dio. Quindi lei, come tanti testimoni luminosi che si affollano proprio in questi nostri tempi così ostinati a fare a meno di Dio, ha compiuto l’opera più necessaria ed eroica che sia chiesta alla creatura umana: rispondere con tutta sè stessa all’appello d’amore del Padre.
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