Una chiamata intrecciata ai misteri della preghiera mariana per eccellenza che sua madre ripercorreva con la stessa corona ogni sera tra le mani, in piedi, davanti al comò e sotto gli occhi della Madonna di Pompei. Una devozione potente che attraversando le generazioni moltiplica la sua efficacia.
«Ave Maria gratia plena, Dominus tecum…». Nei pochi ricordi che mi accompagnano da sempre, la mamma mi appare così, in piedi, mentre prega con le mani giunte, in camera da letto, davanti al comò più alto sul quale troneggiava l’immagine della Madonna del Rosario di Pompei. Una cantilena dolce, struggente, una nenia appena sussurrata. La rivedo poi mentre viene a rimboccarci le coperte e ad accertarsi se i figlioli hanno detto le preghiere: «E voi, ragazzi? Avete recitato la preghiera alla Madonna?». (Avvenire)
Nell’introduzione al libro “20 misteri per dire ti amo” di Giovanni Maria Gandolfo edito da Ancora e appena pubblicato, il sacerdote della Terra dei fuochi racconta con delicatezza e gratitudine il valore di questa devozione nella sua vita e nella sua stessa vocazione ministeriale.
L’immagine della mamma, dopo le interminabili faccende da svolgere, le liti da sedare, i pasti da preparare per condurre la sua piccola tribù di figli maschi, che si fermava stanca ma ristorata subito dal dialogo con la Mamma celeste, è un ricordo lieto e venato di nostalgia. Quella nostalgia che è certa del ritorno!
La madre di Don Maurizio muore all’improvviso e li lascia quasi tutti ancora bambini o poco più. Li lascia, sì. Ma a chi?
Forse proprio tra le braccia della Mamma che lei stessa aveva sempre voluta vicina e alla quale invitava ad affidarsi?
E come si fanno a dire le cose importanti ad una mamma, benché celeste, per essere sicuri che le tenga a mente e nel cuore? Ripetendogliele e ascoltandone da lei altrettante sempre uguali e sempre da scoprire. Non sono le Ave Maria inizi di sentieri senza fine per quanto ci invitano contemplare sempre più a fondo i “soliti” insondabili misteri della nostra Redenzione? Probabilmente da vecchi, se avremo coltivata la fede, allora sapremo piangere già alla prima decina.
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Il Rosario è una solida catena, pure, che mantiene fissi a Cristo e alla Chiesa. Dai ricordi di Don Patriciello emerge anche questo potere, padroneggiato sempre dalle mani giunte della sua mamma, che nella familiarità con cui si rivolgeva a Maria, dimostrava senza argomentazioni teologiche che stare alla presenza della Madre è incontrare il Figlio, Maria arriva sempre con Gesù in braccio, che sia neonato o uomo sfinito dalla Passione deposto prima in lei e poi nel sepolcro.
Nella sua sincera ricerca di senso, il giovane futuro sacerdote cattolico si lega ad un gruppo di cristiani evangelici e proprio con loro si arrivava spesso al dilemma Cristo-Maria. Se guardi Lei ti distogli da Lui, non è così?
Ogni volta che se ne discuteva a me ritornava in mente la mia mamma con la corona in mano e il volto luminoso. La rivedevo, stanca, dopo una giornata di dedizione al marito e ai cinque figli maschi, riposare, finalmente, ai suoi piedi. Risentivo la sua voce salmeggiare le parole tanto antiche e tanto semplici. Senza timori, senza imbarazzi, senza il minimo dubbio che la sua preghiera fosse gradita a Dio ed esaudita. (…) Ho sempre avuto un grande rispetto per i fratelli cristiani non cattolici, ho sempre compreso la “gelosia” che nutrono per la divinità del Figlio di Dio, la responsabilità che avvertono nel rimanere fedeli alla Parola. Ma dentro di me sentivo, così, per intuito, che aveva ragione la mia mamma. (Ibidem)
Il Rosario è un indizio e un segno di appartenenza; è il motivo per cui Don Mauro si fermerà a dare un passaggio ad un frate trasandato e felice. Cosa gli pende dal saio cencioso?
Era la corona del Rosario. Quindi, quel giovane barbuto doveva essere un cristiano cattolico. Un frate? Un uomo che aveva donato a Gesù la sua vita? Mi fermai. Saltò in auto. Entrammo subito in confidenza. «Chi sei?», gli chiesi, sorridendo. «Mi chiamo fra Riccardo, sono un frate francescano».
Quella corona diventa una corda tesa che lo fa inciampare e una cima di salvataggio perchè non si perdesse tra i flutti di una vita non ancora consegnata. Sarà la vera voce di irresistibile richiamo verso la Chiesa cattolica e la ragione per ascoltare un altro invito, che all’inizio gli sembra follia. Come, io un sacerdote?
La Madonna, là alla grotta di Massabielle dove si era fermato a lungo a contemplarla e ripeterle “Ave, Maria” sembra che sorrida, sì sembra d’accordo. Altra scena, altro incontro: ma quella non è l’immagine della Madonna del Rosario di Pompei? A don Patriciello pare identica a quella della sua mamma.
A Lourdes compresi che la strada era proprio quella. (…) Un giorno da un rigattiere ambulante intravidi un quadro antico, sbiadito, malandato. Un’immagine della Madonna del Rosario di Pompei, identica a quella, andata perduta, della mia infanzia.
Mi precipitai a riscattarla. La portai a casa. Ritrovai il vecchio comò. Ricomposi l’altarino davanti al quale la mamma, con semplicità, infinita confidenza e mai dubitando della bontà, della comprensione, dell’amore della Madonna del Rosario, ogni sera le apriva il cuore e le chiedeva di accompagnare e benedire i suoi figli. E lei, Maria, da vera signora, ha mantenuto la parola data. (Ibidem)
Niente da dire, in ogni ordine di cose, carnale o spirituale, la mamma è sempre la Mamma.
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